La città provvisoria. Otto artisti in mostra a Bari
Spazio Murat, Bari – fino al 5 agosto 2018. La sede barese fa da sfondo a una collettiva che riflette sulla città contemporanea. Indagandone gli spazi instabili tra pubblico e privato.
La città provvisoria, titolo della collettiva presentata nello Spazio Murat prima della sua chiusura temporanea per restyling, offre un contributo intrigante alla questione dell’abitare e dello spazio domestico del presente. Curata da Melissa Destino, giovane critica barese di stanza a Vienna, la mostra (realizzata con il sostegno di Moving Center e Bundeskanzleramt Österreich), si avvale del contributo di otto artisti che riflettono, con approcci tutto sommato propositivi, sul tema e sulla conseguente instabilità cui rimanda. Per esempio Aglaia Konrad, che apre il percorso con un suo archivio di immagini prelevate da libri di architettura sintomatici di una storia del progetto declinato con una sensibilità postmoderna. Sono fotocopie allestite con ricercato disordine, ritagliate e montate con prospettive sghembe e scelte per supportare l’idea che l’architettura possa ancora condizionare la vita e le relazioni tra individui. Soprattutto nella sfera privata, area per la quale Ann Agee propone gli interni della sua casa, dipinti su raffinati teleri di carta di gelso e sezionati in sequenze non perfettamente coincidenti.
DETTAGLI E VOLUMI
Trascurabili incongruenze riprese anche da Birgit Jürgensesen in lavori fatti di dettagli e di decostruzioni. I suoi sono spazi domestici animati da vivide ombre, proiezioni del corpo dell’artista, strutturate come eterei volumi in grado di generare potenti chiaroscuri. Ancora intime atmosfere e presenze autobiografiche per Inga Meldere, che parte da fotografie per concepire accumuli di decori e di arredi in eleganti composizioni bidimensionali. Pittura stesa con realistici aloni per Stefano Faoro, che mette a fuoco abitacoli di autovetture, claustrofobici per l’indeterminatezza della pennellata e per il fosco registro cromatico. Sul versante installativo, Maruša Sagadin rievoca le sinuose architetture di Zaha Hadid concentrandone i volumi in improbabili scarpe di legno poste su plastici piedistalli o utilizzate per le sue performance in un gioco di riduzione delle forme in scale opposte, dall’oggetto alla città. Judith Fergerl si occupa di restituire rumori urbani imprigionandoli in strutture cubiche che possono assemblarsi o espandersi come minimali infrastrutture, mentre Roxane Huilmand, nel video Muurwerk, si perde nelle strade della vecchia Bruxelles. Le percorre con passo di danza imponendo alla frenesia cittadina un ritmo spiraliforme, un’energia vitale intrecciata allo spazio storicamente stratificato, sotto l’occhio attento di Wolfgang Kolb che filma il cortometraggio.
– Marilena Di Tursi
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