Terza edizione per il Festival del Paesaggio di Anacapri. L’intervista al curatore Gianluca Riccio
Inaugura la terza edizione del Festival del Paesaggio che si svolge fino al 20 ottobre ad Anacapri. Abbiamo intervistato Gianluca Riccio che con Arianna Rosica cura la manifestazione che propone nuove riflessioni sul tema del paesaggio, raccontato dagli artisti.
Terza edizione per un festival che ormai si configura come un appuntamento fisso nell’Isola. Come è nato questo progetto e come si è evoluto nel tempo?
Il progetto nasce nel 2015 ed è il frutto dell’incontro di due diverse esperienze, la mia e quella di Arianna Rosica, legate all’isola di Capri. Io avevo curato nel 2013 e poi nel 2015 due mostre, la prima dedicata a Enrico Prampolini e la seconda realizzata con Vedovamazzei, mentre Arianna da diversi anni portava avanti in collaborazione con il Capri Palace Hotel il progetto di residenze artistiche Travelogue, che aveva già ospitato tra gli altri Gianfranco Baruchello, Sandro Chia, Ettore Spalletti e gli stessi Vedovamazzei. Da questa convergenza è sorta in modo quasi naturale l’idea di riunire in un unico progetto sia la parte dedicata alle residenze che quella più strettamente curatoriale. Il riferimento al paesaggio deriva dal Convegno sul Paesaggio che nel 1922 Edwin Cerio, allora sindaco dell’isola, organizzò invitando un folto numero di artisti, architetti e intellettuali dell’epoca – con i futuristi in testa – con l’obiettivo di ‘liberare’ l’immagine di Capri dalla visione stereotipata che già allora andava affermandosi a livello internazionale. Il tema di fondo che in questi primi tre anni abbiamo indagato è perciò quello del rapporto, ancora molto attuale a nostro avviso, tra la convenzione legata alla rappresentazione e alla percezione del paesaggio e la possibilità di riconoscere, nel passato come nel presente, degli spazi alternativi non solo di visione ma anche di esperienza del paesaggio.
Cosa vi aspettate per il futuro della manifestazione?
Da un lato persiste il desiderio di portare avanti il Festival ad Anacapri secondo la formula che è andata consolidandosi in questi anni con la combinazione di mostre storiche personali (Luigi Ghirri nel 2016, Alessandro Mendini nel 2017 e Renato Mambor quest’anno) e mostre collettive declinate di anno in anno su un tema specifico, lo scorso anno sul tema della piscina come paesaggio in bilico tra dimensione naturale e artificiale, e quest’anno riunendo più di 20 artisti intorno al tema della cartolina. D’altro canto, avvertiamo l’esigenza di allargare il raggio d’azione del Festival ed esportarne una parte dei suoi contenuti in altre realtà anche distanti dal paesaggio caprese.
C’è un focus su un protagonista importante della storia dell’arte italiana: quest’anno è dedicato a Renato Mambor. Come sarà raccontato?
Attraverso un nucleo di opere della prima metà degli anni ’60, in particolare dei cicli dei “Segnali stradali” degli “Uomini statistici” dei “Timbri” e dei “Ricalchi, in dialogo con una parte della produzione di Mambor degli anni ’80 e ’90 in cui, dopo la lunga parentesi teatrale, ritorna alla pittura insistendo sul rapporto tra realtà osservata e osservatore. Mambor è stato uno degli artisti di quella generazione, nata nei primi sessanta, che più ha indagato la dimensione convenzionale della rappresentazione del paesaggio e degli oggetti che ci circondano, riferendosi costantemente all’immagine di un’immagine come presupposto per filtrare il dato reale e costruire una distanza che obblighi lo spettatore a una riflessione. Ci è sembrato perciò l’artista ideale con cui confrontarci proprio a partire da quanto ti dicevamo prima, e cioè l’attenzione che attraverso il Festival dedichiamo alle diverse forme convenzionali di rappresentare il paesaggio e alla necessità di immaginare continuamente nuovi e inediti punti di vista intorno ad esso.
Mambor sarà inserito in un contesto più ampio, in una rassegna che lo mette a confronto con artisti midcareer e altri protagonisti come Fabio Mauri. Un incontro davvero originale, quali sono i rimandi?
Il tema del Festival di quest’anno è la ‘cartolina’. Siamo partiti da un interesse comune per questo oggetto desueto in un mondo dominato dalla comunicazione in tempo reale, chiamando a raccolta artisti di diverse generazioni. Strada facendo, come spesso ci è capitato in questi tre anni di lavoro comune, abbiamo verificato che molti di loro nel tempo avevano adottato la cartolina come parte della propria ricerca attraverso approcci originali. In mostra ci sono 4 cartoline realizzate da Mambor nel corso degli anni che funzionano in qualche modo come filo rosso che connette le due mostre legandole, oltre che sul piano della riflessione comune sulle convenzioni legate alla rappresentazione paesaggistica, anche su quello più strettamente formale. Di Fabio Mauri, che tu citavi, è esposta un’opera del 1975 “Gangster” che, nella doppia versione presente in mostra, non era stata finora mai presentata.
Grande novità di quest’anno è il progetto speciale di Alessandro Mendini…Alessandro è stato il protagonista della scorsa edizione del Festival che ha ospitato una sua mostra – omaggio al centenario caprese del grande artista futurista Fortunato Depero. Durante il suo soggiorno a Capri l’estate scorsa, Mendini è rimasto molto colpito dal pavimento in maiolica della chiesa di San Michele ad Anacapri e da lì è nata l’idea, portata avanti in questi mesi, di realizzare una grande opera ispirata a quella decorazione pavimentale che, in chiave contemporanea, riprendesse la grande tradizione della lavorazione della ceramica caprese. L’opera appositamente realizzata per il Festival, dal titolo “Pointillisme”, è stata poi realizzata grazie al sostegno della Ceramica di Vietri Francesco De Maio.
–Santa Nastro
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