Straperetana. Ultimi giorni per il festival abruzzese dell’arte
Si avvicina alla conclusione la seconda edizione di Straperetana, il festival di arte contemporanea in Abruzzo, che l’11 agosto vedrà la sua ultima giornata di apertura. 17 partecipazioni artistiche con lavori cuciti su misura per il contesto, in un borgo medievale pieno di fascino, dove il tempo sembra girare su se stesso.
Gli interventi artistici per la seconda edizione di Straperetana sono stati concepiti per essere fruiti senza un percorso prestabilito: si può decidere di partire da Palazzo Maccafani e poi scendere sino all’installazione neon di Lorenzo Kamerlengo Horizon, linee segmentate che riprendono il profilo montuoso che circonda il paese, issato sul balconcino di uno dei palazzi che si aprono a sipario su uno scorcio peretano; al contrario, è possibile salire per i viali che si inerpicano sul colle in una visione ad angolo acuto.
Il Tempo Svogliato coglie l’arsura, il morbido attivismo da cruciverba, un libro che si sfoglia all’ombra di un albero da frutta o di un ulivo assaporando un buon vino.
ANIMALI FANTASTICI
Thomas Braida dipinge un drago di giada, esanime, il titolo richiama una filastrocca, un filo di seta tra storia, toponimia e mito. L’occhio è così docilmente appagato dalle scaglie di smeraldo – le squame del mostro fantastico – le tonalità brillanti e ambrate riscaldano la penombra della sala di Palazzo Maccafani richiamando il florido paesaggio dell’affaccio sull’orrido, un alto dirupo. A fiancheggiare l’opera Anulante di Nicola Samorì, un olio su rame ove le braccia del San Sebastiano e lo squarcio che si apre dal collo dividendo il petto formano un pendant con la tenda dell’affresco sulla parete.
La soavità delle forme delle donne tratteggiate da Corinna Gosmaro, onde di accidia e di sensuale attesa, si scontra con la violenza dei soggetti di Michela de Mattei. Negli attacchi animali l’uomo subisce le minacce di una natura bestiale, le immagini sono catturate da video diffusi sulla rete, sullo sfondo delle piante di architetture in crollo.
LA MOSTRA A PALAZZO IANNUCCI
Appena entrati in Palazzo Iannucci, la pittura densa di Matteo Fato accoglie il visitatore, i toni aranciati del tramonto si fondono con riflessi violetti, la Piana del Cavaliere bruciata dall’oscurità è resa en plein air, un omaggio post-impressionista al paesaggio abruzzese. Il dipinto è esposto usando come cavalletto la scatola per il trasporto della tela e il retro accoglie il segno continuo ed estraniante della pulitura del pennello. In una ex cella Elisabetta Benassi colloca un orologio con cinque fori di proiettile, l’arresto temporale rievoca concettualmente Walter Benjamin mentre i secondi, i minuti, le ore, gli anni svogliati del carcerato non passano mai, inesorabili nella loro immobile, piatta, tediosa ripetizione. I muri scrostati, come pagine annerite di una stessa storia, affogano l’anima in una landa desolata.
Mentre Lupo Borgonovo fa galleggiare sulle piastrelle in cotto i suoi catamarani, Flavio Favelli insedia vasi e suppellettili ibridati nella cucina. La sottile poetica ragiona sulle differenze e sulle contaminazioni, il riconoscere o il con-fondere, grazie al dettaglio estraniante che rivela il carattere fittizio, diventa un raffinato gioco di abilità. Corinna Gosmaro invade lo spazio con filtri in poliestere sfruttando la duplicazione di uno specchio e l’evanescenza delle nuvole di spray sulla superficie candida; Roberto Fassone si diverte in una ginnastica divinatoria. In Ball don’t lie cerca di centrare il canestro mentre pone dei quesiti a risposta chiusa “sì e no”. La sfera di vetro è sostituita dalla palla da basket, la fragilità e la trasparenza dalla gravità e dalla superficie impenetrabile.
Siamo guidati al secondo piano dalla luce evanescente del neon di Sissi, un genius loci uscito da una lampada magica, nella sua struttura sinuosa echeggia la non forma dell’acqua richiamando un passato remoto in cui il mare bagnava le montagne. Nella stanza attigua Valerio Nicolai distilla ironia e leggerezza, il ninnolo e la natura morta in una poesia della vacuità, così un fico diventa una abat-jour da comodino e un corno-becco è posto vicino all’effige di Papa Wojtyla.
PER LE STRADE DI PERETO
Per le strade si incontrano organismi e rappresentazioni. In una minuscola grotta delle lastre di vetro, azionate e mosse da un dispositivo di fili, si animano in un sussurro, sfiorandosi nello sfarfallio sonoro dell’opera di José Angelino; in Inoperosi Francesco Alberico raduna come soldatini dei comignoli eolici che, posti su alcuni gradini diventano elementi spiazzanti, mongolfiere a riposo, objects trouvé dall’estetica industriale.
Pereto accoglie sperimentazioni artistiche, pronte a trasformarne il volto e a stimolare creatività e riflessioni. Gli interventi mirano a integrarsi con la realtà urbana come il murale di Flavio Favelli che riporta una copertina del 1986 della rivista Oggi sulla facciata di una residenza privata o le aiuole e le grondaie restaurate nell’intervento goliardico della Fondazione Malutta durante la scorsa edizione, ancora le crepe di un muretto risanate con lembi di tessuto e vestiti da Calixto Ramirez e la stanza aurea di Maria Teresa Zingarello, uno scrigno prezioso nascosto dietro l’uscio di una porta e visibile solo da un minuscolo spioncino, omaggio all’ultima opera lasciataci in eredità da Marcel Duchamp.
– Giorgia Basili
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