10 anni di Museo Nitsch a Napoli. Intervista a Giuseppe Morra
Il Museo Nitsch di Napoli compie 10 anni. Abbiamo incontrato il promotore, Giuseppe Morra, collezionista e mecenate, tra le anime più attive della trasformazione in chiave contemporanea di Napoli, con i progetti di Casa Morra e dell’Associazione Shozo Shimamoto.
10 anni di Museo Nitsch. Te la senti di tirare un bilancio di questa esperienza?Dieci anni di Museo Nitsch, 44 anni di lavoro insieme, tantissime esperienze e grandissimi traguardi. Ho sempre affermato che Nitsch è uno di quei pochi artisti che si fa fatica a comprendere subito ma quando si entra nella sua poetica non si lascia più. Nitsch ha sempre stimolato in modo determinante la mia inclinazione verso l’arte, la conoscenza, l’andare oltre, da quando, nel 1974, presso il mio studio a via Calabritto, realizzò un’indimenticabile azione: ne compresi subito la differenza, la sacralizzazione, il potente messaggio di una teatralità che si coniugava al dramma umano che lui sapeva tradurre in gioia di vivere e contemplazione.
Dalla galleria al museo…
È su questa traccia che ho concepito il Museo. Morfologicamente rivolto a 360 gradi sulla città e sul golfo, il Museo Nitsch continua ad essere un grandangolo d’emozioni aperte, che racconta d’ arte, di cultura ibridante ed accoglie attività diverse, mantenendo esplicito il suo messaggio ad identità eterogenea. Un laboratorio aperto, uno spazio polifunzionale flessibile, scandito per dipartimenti, attorno a cui lavorano in sinergia professionalità qualificate, stagisti, e collaboratori connessi agli eventi annualmente strutturati. La nostra fitta calendarizzazione prevede annualmente, laboratori didattici, stage, work shop a livello internazionale che di volta in volta sondano, reinterpretano e vivificano il complesso pensiero del maestro viennese, a seconda delle varie sensibilità e punti di vista.
In occasione della mostra di inaugurazione saranno presentate diverse novità…Dieci anni del museo Hermann Nitsch è un evento che diventa performance, significato di festa, possibilità di stare insieme e condividere. Innanzitutto, secondo il noto riallestimento biennale, il Museo cambierà d’abito e presenterà i Relitti della 152.Azione svolta nel 2017 a Casa Morra. L’inaugurazione del 15 settembre prevede, inoltre, l’apertura di una nuova accessibilità da via Pessina (cuore del centro storico), di una scala cioè che consente di salire in breve tempo sul terrazzo del Museo Nitsch permettendo una nuova lettura del museo e della città. La rampa tufacea inviterà a salire e scendere per percorrere una zona di scambi attivi, dove relazioni inattese troveranno nuove possibilità di sviluppo e di reciprocità. Un margine che sembrava un confine, diventa così un bordo che rompe il concetto di mura tra il basso del quartiere e l’alto del terrazzo dei profumi e dei colori.
Poi c’è la terrazza.
Terza inaugurazione della serata, l’allestimento della terrazza di copertura del museo, un nuovo ambiente a lungo meditato e pensato da me e il Maestro, finalmente oggi realizzato in ossequio alla sensibilità che con la sua Teoria del colore ci insegna come una gradazione già bella possa essere esaltata dall’arte combinatoria attraverso rapporti sinestetici con le altre impressioni sensoriali. Una terrazza dove poter osservare il cielo, parlare con Nitsch d’armonia, del senso del vivere, delle galassie, dei sistemi solari, degli innumerevoli soli e mondi che, per dirla col maestro, mostrano la forma suprema del vivente. Un’esperienza in nome della Gesamtwerk che ispira da sempre il padre dell’Azionismo viennese.
Quest’anno per Nitsch è molto importante: festeggia i suoi 80 anni e 30 anni di vita con la moglie Rita. Che cosa significa a vostro parere studiare l’opera di Nitsch oggi?
Studiare l’opera di Nitsch significa comprendere lo splendore del suo logos, l’armonia del suo linguaggio. È sintesi conoscitiva, meditazione legata alla tragedia classica, alla musica, alla letteratura, alla poesia, alla trascendenza e ritualità. Nella sua totalità creativa, nell’irripetibilità dell’istante – base liturgica strutturale dell’O.M.Theatre – i gesti, le azioni, le performance sono gli unici strumenti espressivi in grado di risolvere una poetica fatta di impeti entusiastici ed estasi. L’opera si espande e accoglie tutto in sé e si evolve in direzione del suo compito più intimo: cercare l’essere dove distruzione e costituzione si complementano. Nitsch ci dice che le forme soggettive della nostra esperienza non devono necessariamente avere associazioni razionali, ma l’atto spirituale è al centro, inteso come una rinnovata concezione esistenziale, come centro di ogni glorificazione.
Il vostro lavoro è strettamente connesso alla città, una città misterica, dove i temi di speranza, vita, morte, peccato e redenzione sono parte integrante della cultura e delle tradizioni più antiche e profonde: come Napoli ha accolto il Museo Nitsch?Ho sempre pensato che fra Napoli e Nitsch esista un rapporto particolare. Il volto di Napoli è quello di una città dinamica che pur fra prudenze e qualche conservatorismo, è stata frequentata da un considerevole flusso di esperienze artistiche. Per me, di nascita napoletana, quella di Nitsch è un’arte coinvolgente, completa, che ben si coniuga con Napoli dove, il lavoro di Nitsch, finora svolte al Museo o a Casa Morra sono state seguite da un pubblico numerosissimo, attento e consapevole. Nitsch è il custode di un’ideale tradizione pittorica è il messaggero di un pensiero che si coniuga al dramma umano tradotto in gioia di vivere e esultanza: Partenope è fatta di labirinti, dall’identità plurali, un territorio che non è possibile conoscere fino in fondo, che non si può sempre controllare ma, spesso, perfettamente in grado di manifestare il suo vigore, la propria partecipazione, di mostrarsi curiosa e complice.
Per non farvi mancare niente nel 2016 avete aperto un nuovo importantissimo spazio, Casa Morra, mentre nel 2017 avete dedicato un piano di Palazzo Tarsia, sempre nel quartiere Avvocata, all’Associazione Shozo Shimamoto per l’approfondimento del lavoro dell’artista giapponese. A Ottobre 2018 terzo appuntamento. Ci date qualche anticipazione?
A Casa Morra siamo giunti al terzo capitolo espositivo della mia collezione. Sfidando il tempo con una programmazione che giunge al 2116, ho pensato Cento anni di mostre, secondo un andamento simile al Gioco dell’Oca, e cadenzato dai numeri 3 e 7, che coincidono, di volta in volta, con il numero di artisti o la quantità di opere e sequenze di esposizioni. Ogni capitolo segue uno stratagemma a tappe, arricchite volta per volta da una mappatura di molteplici situazioni ab latere. Quest’anno, 3P+B, saranno le opere di Luca Maria Patella, Vettor Pisani, Cesare Pietroiusti + Nanni Balestrini, con un omaggio a Giuseppe Chiari. Attraverso i miei progetti incrociati cerco di giocare la carta della crescita culturale tessendo una rete di dialoghi aperti e privi di condizionamenti fra tutti i circuiti nazionali ed internazionali dell’arte.
Come saranno invece i prossimi 10 anni del museo Nitsch?
Fra i tanti progetti in cantiere, posso anticipare progetti prossimi come quello virtuale disposto con il collettivo, Tree, assieme alla Fondazione Pianoterra; un Atelier di incisione con il laboratorio di Vittorio Avella; Sapere i luoghi, un progetto artistico animato da Cesare Pietroiusti dislocato fra Napoli e Lecce, una mostra – documento sul Gruppo 58, presso la Biblioteca del Museo Nitsch, curata da Domenico Mennillo e Loredana Troise, il concerto Psychplum, con Marco Cappelli, Ken Filiano, Satoshi Takeishi e Daniele Del Monaco.
Qualche altra trasformazione?
Non ultimo, ho in serbo la realizzazione di un ascensore per congiungere il Museo Nitsch a via Toledo: un progetto sostenuto dal mio amico Renato Niccolini. Ricordo che spesso dichiarava che oltre ad essere gallerista io fossi “istintivamente anche un urbanista”. Con lui infatti, ho condiviso idee e visioni. Nel suo libro PeramareNapoli, sostiene che “l’apertura del Museo Nitsch e il progetto dell’ascensore di collegamento con via Toledo, recuperavano interamente quella parte di Napoli dal degrado facendo ritrovare l’orgoglio della nostra grande città”. Una città costruita utilizzando i materiali tratti dal proprio stesso sottosuolo, dalle sue vaste cavità tufacee. La sua porosità consiste proprio nell’essere indefinita a partire dalle sue stesse fondamenta, dal richiedere perciò continuamente di essere completata dai progetti. Per quanto riguardano i prossimi dieci anni…si vedrà! Bisogna sempre provare ad essere eterni, spingersi oltre i limiti del tempo e, come dice Nitsch essere sempre più innamorati della vita.
-Santa Nastro
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