Francesca & Massimo Valsecchi Collection. Grande progetto culturale a Palazzo Butera a Palermo
Arte come catalizzatore di sviluppo sociale: è questa la visione che ruota attorno al grande progetto che Massimo Valsecchi ha pensato per Palazzo Butera a Palermo. Museo, centro di ricerca, punto di incontro tra arte, scienza ed etica, nel cuore del Mediterraneo. Ne abbiamo parlato con il mecenate
“Come volete non essere pessimista in un paese dove il verbo al futuro non esiste?”. Nel 1979 così Leonardo Sciascia, durante un’intervista, spiegava come l’assenza del tempo futuro nella lingua siciliana fosse una metafora dell’essenza stessa dei siciliani, un popolo senza la speranza del domani e perennemente intrappolato nel presente, quest’ultimo inteso come zavorra del passato. E non possono non venire in mente, a questo proposito, passaggi tratti da opere della letteratura siciliana che hanno segnato l’immaginario che ruota attorno all’Isola: dal gattopardiano “se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi” a “la storia è una monotona ripetizione; gli uomini sono stati, sono e saranno sempre gli stessi” (Federico De Roberto, I Viceré, 1894). Tutto un corredo letterario che sembra sottolineare che il popolo siciliano non abbia quella che oggi viene chiamata visione. Al di là delle opinioni, dei fatti, dei luoghi comuni più o meno fondati che incombono sulla storia e la cronaca che riguarda la Sicilia, oggi però il suo capoluogo, Palermo, sembra stia iniziando a scrivere un nuovo capitolo della sua storia, con i tempi verbali al futuro e forme perifrastiche votate al domani. E Francesca & Massimo Valsecchi Collection potrebbe essere il titolo di questa nuova opera, una storia che parla di visione iniziata due anni e mezzo fa e che vede protagonista Palazzo Butera, maestoso edificio settecentesco che si affaccia sul mare acquistato nel 2016 da Massimo Valsecchi, e in questi giorni tra le venues che ospitano Manifesta, la biennale d’arte contemporanea itinerante approdata a Palermo lo scorso giugno.
LA NASCITA DI UNA VISIONE
Di Massimo Valsecchi vi abbiamo già parlato un paio di mesi fa, in occasione dell’opening di Manifesta. Imprenditore e collezionista lombardo che vanta, nelle sue raccolte d’arte, nomi del calibro di Annibale Carracci, Andy Warhol, Gehrard Richter e Gilbert&George, Valsecchi giunge a Palermo insieme alla moglie Francesca con un progetto che va oltre la volontà di restaurare uno dei palazzi più prestigiosi della città per farne la propria dimora e un museo aperto al pubblico. Si tratta infatti di un progetto che trasformerà Palazzo Butera in un laboratorio che utilizzerà la storia, la cultura, la scienza e l’arte come catalizzatori di sviluppo sociale, partendo dalla Kalsa – il quartiere in cui ha sede la dimora – per estendersi verso l’intera città, il Mediterraneo e l’Europa. Della visione che anima la Francesca & Massimo Valsecchi Collection abbiamo parlato con Marco Giammona e Giovanni Cappelletti, direttori dei lavori di restauro di Palazzo Butera insieme a Tomaso Garigliano, e naturalmente con Massimo Valsecchi.
PALAZZO BUTERA
Acquistato nel 1692 da Girolamo Branciforti principe di Butera, il palazzo vide il suo massimo splendore soprattutto negli anni Settanta del Settecento, con Ercole Michele Branciforti, in quegli anni tra i maggiori protagonisti della vita politica e culturale della città. In seguito il palazzo passerà in proprietà ai principi di Trabia, che lo abiteranno fino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Da quel momento su Palazzo Butera, oltre alle bombe, si abbatterà anche il declino: “dopo i secoli di fasti, l’uso del palazzo era stato limitato perché cinque degli otto saloni erano ancora più o meno utilizzabili all’interno di un ambiente bombardato e abbandonato”, ci spiega Marco Giammona, coordinatore generale dei lavori di restauro. Dopo avere ospitato un ufficio regionale e un istituto scolastico, negli ultimi decenni il palazzo è stato utilizzato come sala ricevimenti, usi che hanno portato alla formazione di stratificazioni e a manomissioni che hanno alterato la struttura originaria dell’edificio. “L’eliminazione di queste stratificazioni è stata tra gli step fondamentali del restauro”, continua Giammona. “I restauri, iniziati due anni e mezzo fa, sono stati condotti da oltre un centinaio di operai che hanno lavorato sotto l’attenzione e il grande senso estetico del committente, insieme a una squadra di architetti, ingegneri, geometri, artigiani. Ma non si è trattato soltanto di un cantiere di restauro. Sono stati fatti anche interventi contemporanei che assolvono alla nuova destinazione d’uso del palazzo, ovvero un tempio della bellezza che Valsecchi metterà a disposizione del pubblico e che speriamo possa ospitare la prima grande mostra a gennaio 2019, in linea con la poetica dei committenti che è poi il titolo del progetto: ‘Francesca & Massimo Valsecchi Collection’, il cui logo è stato disegnato da Italo Lupi”.
VERSO IL NUOVO MUSEO E NON SOLO
Ma come sarà il museo di Palazzo Butera? Come sarà organizzato dal punto di vista museografico? “Massimo e Francesca Valsecchi hanno un’idea originale e diversa rispetto a quello che si intende generalmente per museografia”, ci risponde Giovanni Cappelletti, responsabile del progetto architettonico e museografico. “Immaginano infatti una situazione molto più domestica, una residenza in continuo cambiamento. Al piano terra avremo sale adibite alle mostre temporanee di arte contemporanea e non solo, caratterizzate da una notevole roteazione di opere in parte provenienti dalla collezione, in parte ospiti. Il piano nobile è adibito alla residenza dei Valsecchi: all’interno dei saloni restaurati sono e saranno realizzati interventi site specific da parte di artisti contemporanei, una sorta di work in progress che interviene sugli ambiti storici della casa che, in futuro, diventerà una casa-museo, e rappresenterà il lascito dei Valsecchi alla città”. Gli ambienti del secondo piano, in questo momento in parte occupati da Manifesta, saranno adibiti all’esposizione della collezione Valsecchi: “arte antica, contemporanea, ma anche oggetti dalle connotazioni originali, come il design inglese del primo Ottocento che in Italia è ancora poco conosciuto, rappresentando così un’occasione per aprire nuovi campi di studi”, continua Cappelletti.
L’ARTE COME STRUMENTO DI RIGENERAZIONE SOCIALE
“Il palazzo ha la vocazione di essere una dimensione dinamica, promuovendo la ricerca e la conoscenza attraverso lo studio delle collezioni, attraverso un rapporto di collaborazione con l’Università di Palermo e le partnership con istituzioni straniere e musei”, prosegue Cappelletti. Questa complessa visione si traduce, all’interno dell’edificio, in zone che sono destinate alla didattica ma anche all’ospitalità di studiosi: “ci sono due livelli di foresterie dotate di 7 camere, con la possibilità di avere libero accesso alle collezioni. Il palazzo sarà un centro di ricerca, ma l’obiettivo principale di Massimo è quello di dialogare con il resto della città, cercando di investire sulla Kalsa, facendo del palazzo un centro propulsore di rigenerazione sociale e urbana attraverso gli strumenti dell’arte e della bellezza”. “La scommessa di Valsecchi”, interviene nuovamente Giammona, “è quella di riuscire a incidere sul tessuto sociale, ed è quello che già sta accadendo: abbiamo costituito una fondazione, ovvero la ‘Meditarrean Gateway Palermo’, con istituti bancari che vogliono investire risorse per la riqualificazione urbana della Kalsa. Ma soprattutto, Palazzo Butera sta diventando attrattore di altri soggetti sensibili alla bellezza della città: obiettivo di Valsecchi, infatti, è anche dialogare con persone che possono attivare progetti analoghi.”
LA VISIONE DI MASSIMO VALSECCHI
“Palazzo Butera è il punto di partenza di un grande progetto che dovrebbe aiutare la Kalsa, Palermo, la Sicilia e anche l’Europa che si sta disintegrando”, ci spiega Massimo Valsecchi. “Il problema odierno, che viene sbandierato come il problema mondiale, è quello dell’immigrazione; il mio punto è quello di dire che forse la vostra storia e cultura sono differenti perché per migliaia di anni avete ricevuto realtà e culture differenti. È da qui, quindi, che un grande laboratorio dovrebbe partire per capire come mai, per voi, chi arriva non è necessariamente un nemico, ma una possibilità di scambio e conoscenza, al contrario di contemporanei motti nazionalistici che spingono a chiudersi e a difendersi dal prossimo”. Quando parla del suo progetto, della sua visione, Valsecchi parla rivolgendosi direttamente ai siciliani. Si rivolge ai siciliani perché “tutto questo è fatto per voi, e funzionerà quando capirete che è una possibilità di crescita, di futuro, è una possibilità di dare valore a questo territorio. L’arte è trasversale, mette insieme passato, presente, futuro, parte umanistica e parte scientifica”. In poche parole, Valsecchi sta donando ai siciliani la possibilità di utilizzare i tempi verbali al futuro, se lo vorranno. “Crederci dipende da voi. È un progetto molto complesso che utilizza l’arte che è la cosa più indefinibile e immisurabile, però è anche l’unica possibilità in un momento come questo di poter avere un futuro. Tocca a voi decidere di trasformare anche la quotidianità in un processo virtuoso. Dopo decenni di oblio, il palazzo si sta svegliando di nuovo, ma non deve essere vivo perché legato a una persona, il punto è cercare di mettere in moto una serie di scambi internazionali che possano aiutarvi per il futuro, che io ci sia o no. Questo progetto è la capacità di mettere insieme idee, contenuti e anche la speranza. Per questo vi dico sempre che se ognuno di voi farà qualcosa, se questo posto lo sentirete, lo capirete e lo farete conoscere, si autoalimenterà da sé”.
– Desirée Maida
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