A Torino parte Faust Fest con mostre, dialoghi ed eventi. L’intervista a Gianluigi Ricuperati
Il public program notturno ideato da Gianluigi Ricuperati ospiterà i progetti e i talk di alcuni importanti protagonisti della contemporaneità
Dal 1 a 4 novembre Via della Rocca a Torino è il cuore della prima edizione del Faust Fest, un festival serale multidisciplinare nato sull’onda di Faust, lo spazio notturno/libreria/museo/negozio ideato da Gianluigi Recuperati. Magazzini, attività e negozi della strada diventano lo scenario di sei mostre, come quella dedicata alla Dreamachine di Cerith Wyn Evans, Brion Gysin e William Burroghs, o quella che espone in un display unico le conchiglie Xenofore, inglobatrici di corpi estranei e per questo veri e propri “musei viventi”. Accompagnano le esposizioni le lectures e gli interventi di alcune delle menti migliori della contemporaneità. Gianluigi Ricuperati ci racconta il progetto.
Perché ti sei ispirato al personaggio di Faust per dare un nome allo spazio?
Perché è un mito della modernità, perché viviamo in un’epoca eminentemente Faustiana, e perché credo nei miti e credo siano cruciali per costruire le architravi dell’esistenza. E posti come il nostro ambiscono a costituire anche solo per poche persone una solida architrave.
Che cos’è per te la notte?
Un luogo del tempo biologico durante il quale si accendono le micce riflessive e generative. Se il giorno è una statua, la notte è una statua fatta di fiammiferi, come dice il poeta. È il solo momento svincolato dal dovere della produzione. Il solo momento in cui è possibile per molti coincidere con sé stessi. Una parentesi di invenzione e relazione. La notte è singolare, ma è legione: plurale, ramificata, amplificata.
Dall’apertura di Faust a maggio, che tipo di relazione si è instaurata con la strada e il suo pubblico, e cosa ti auguri per il Faust Fest?
Per molte donne e ragazze è un posto ‘safe’ in cui transitare il venerdì e il sabato notte; e questo è per me un grande risultato. Ma oltre a questo, Faust ha attratto a sé una sorta di comunità inconfessabile, ed essendo l’insonnia un male/stimolo generazionale, tanti giovani e giovanissimi che si allontanano dall’orrida idea di divertirsi e vogliono aprire strade, personali o di gruppo. Faust è un collettore di vie potenziali. Per questo a termine del festival Alessandro Calabrese ribattezzerà via della Rocca con Via Saterna, in una performance di onomastica stradale, o toponomastica. Via Saterna è il nome di una galleria importante del nostro tempo, ma posso felicemente dichiarare che la fondatriceIrene Crocco ha trovato una specie di coincidenza quando ha letto di una Via Saterna nel mio romanzo del 2013, LaProduzione di Meraviglia, che citava la strada fittizia uscita dal genio visivo e poetico di Buzzati del Poema a Fumetti. Una strada-anello che spera di ispirare qualche nottambulo nibelungo.
Su quali criteri hai scelto i personaggi che interverranno nelle lectures del Faust Fest?
Semplice. Ho scelto le menti più eccitanti a livello globale, di diverse discipline, anzi loro hanno scelto noi, me, per un dialogo senza fine. Curatori, scrittrici, artiste, designer, filosofi e collezionisti, disegnatori, Etc. Il programma non ha bisogno di molti commenti. Ma se posso permettermi una nota aguzza, vorrei chiarire che sono almeno dieci anni che sotto varie forme e in vari luoghi metto insieme ‘public programs’ come FaustFest. Solo che Torino detesta la trasparenza, purtroppo, e la scambia con arroganza. Io faccio queste cose perché sono ignorante e voglio imparare sempre di più, sempre meglio, da persone sempre migliori. Grazie a Simona Cupoli, fedele orchestratrice, al talento infuocato di Giulia Nomis e allo sguardo colto e profondo di Maurizio Cilli, ma anche Laura Callari, Enrico Donalisio e Fabio laCertosa, Manuela Grippi e Tommaso Mangani, insomma tutto il gruppo di Faust, ho trovato una sponda forte per fondare anche nella città natale un’istituzione. E abbiamo messo al mondo una cosa che prima, semplicemente, non c’era.
Ci racconti “l’esperienza” con la Dreamachine, e quali altre storie scaturiranno dalle mostre?
La Dreamachine è una splendida appropriazione di Ceryth Win Evans, a partire da un’idea di Brion Gysin, che considero artista enorme. Grazie a Guido Costa e alla collezione di Marco Rossi abbiamo potuto elevare Faust a luogo di caratura museale. Lì i visitatori potranno esperire il trip sensoriale immaginato da Burroughs e Gysin: il legame con i libri e con la letteratura è sempre fondamentale.
Abbiamo poi lavorato con aziende speciali come Henraux, leader nel mondo nell’uso del marmo, con i quali abbiamo realizzato una visione che ho condiviso con Patricia Urquiola, di stampare i manoscritti di Proust sul marmo sottile come una pagina.
E poi?
Mutina, altra eccellenza con cui collabora Sarah Cosulich, ci ha supportato con i Dialogues, nel cui contesto inseriremo l’intervista di Obrist a Gianni Vattimo. Insieme a Davines, una delle poche corporation italiane quasi totalmente ecosostenibili, abbiamo realizzato degli shampoo d’artista che tutti potranno portarsi a casa. Grazie a Caffè Giuliano e Ferrino Tende, i soli partner torinesi, abbiamo inventato un Café New Frontiers dove si berranno cose caffeiniche magnifiche in un campo base delle idee, ascoltando musica speciale dallo stereo Yar. E poi, una delle cose più belle: Ciam, marchio umbro di ‘refrigerator design’, ha donato al nostro programma una pralineria dove Italo Rota ha collocato le conchiglie Xenofore, gasteropodi che nel corso della loro vita oceanica hanno ‘portato via con loro’ altre conchiglie: Portatrici di Stranieri. Vi dice qualcosa?
– Umberta Genta
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