Da ArtVerona: le immagini del progetto La Terza Notte di Quiete a Veronetta
12 sedi e 14 artisti per un progetto diffuso in uno dei quartieri a più alto coefficiente identitario della città. Si entra in bar, ristoranti, parrucchieri, librerie per scovare gli interventi di tre “midcareer” e 11 esordienti.
Ci sono 12 sedi, diffuse per il quartiere Veronetta, una delle zone a più alto coefficiente identitario della città, abitato da oltre 10.000 persone e con una storia ricca e complessa testimone delle narrazioni antiche e contemporanee di Verona. In occasione della fiera, in svolgimento fino al 15 ottobre, è diventato sede di un Festival che ne porta il nome, con il coinvolgimento di Università di Verona, ESU, Morse e Accademia di Belle Arti di Verona. E di una mostra, La terza notte di quiete, terza edizione di un progetto (una “non” mostra) cominciato nel 2016 e ideato e curato da Christian Caliandro. A ogni sede corrisponde uno o più artisti, ma non si tratta di luoghi convenzionali per l’arte: ci sono due parrucchieri, quattro ristoranti, di cui uno etnico, un bar topico per la movida veronese, un supermercato africano, e così via. Ogni artista interviene negli spazi mimetizzandosi, senza turbarne la normale routine, integrandosi tra oggetti e attività. L’obiettivo del progetto è quello di far incontrare e dialogare mondi diversi attraverso l’arte. Ma anche far conoscere meglio il quartiere e le storie dei tanti italiani e stranieri che lo abitano, rendendolo con il proprio lavoro un luogo effervescente. Come è effervescente l’atmosfera che crea il progetto che anima le serate di Verona quando i cancelli della fiera sono ormai chiusi. La terza edizione coinvolge Marco Raparelli, che all’interno di Officina Pixel, uno stampatore digitale, ha portato i suoi “classici” disegni che parafrasano il mondo dell’arte o raccontano il tema dell’integrazione. Il visitatore volendo può sceglierne uno e farne una maglietta o una shopper da portare a casa. Eugenio Tibaldi è entrato da Casa Hamid Hair Design, manipolando le consuete immagini che si trovano all’interno di un salone utilizzando frammenti di foto scattate nel quartiere per ricostruire nuove identità composite, come sfaccettato è il mondo in cui viviamo. Elena Bellantoni performa dal Parrucchiere C’era una volta il suo Brainwash, un progetto che gioca sulle ambiguità linguistiche per riflettere sugli scarti politici e sociali della nostra realtà.
Novità assoluta di quest’anno sono gli interventi degli 11 artisti esordienti Giulia Apice, Andrea Bonetti, Carmelania Bracco, Valentina Catano, il collettivo Fuscardi (composto da Angela Fusillo, Maria Rosaria Carbone, Antonella Lombardi), Elena Grigoli, Anastasia Guantini, Bruno Lovato, Jennifer Panepuccia, Manuel Picozzi, Anna Ulivi, attualmente studenti presso le Accademie di Foggia, Frosinone e Verona, che nelle sedi Al Bacaro, Business Ventures, Caffè Pedrotti, Lo Speziale, Mercatino del Libro Usato, Osteria da Morandin, Studio Architetti Eccheli Campagnola & Menegazzi,The Hostello, Upul Sri Lankan Restaurant, sono intervenuti con grande maturità artistica e idee innovative, in un grande processo partecipativo, basato sull’imprevisto, che ha coinvolto tutta la città. C’è chi ha giocato con la propria identità, chi ha lasciato che fossero gli avventori di un locale, calpestando e sporcando l’opera a creare l’opera stessa, o addirittura masticando, chi ha creato un grande mosaico proiettato di disegni, invitando gli spettatori a collaborare, c’è chi ha scritto nuove storie e nuove narrazioni disseminando tracce in una libreria, tra gli altri. Ecco le immagini dei loro interventi.
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