You complete me. Raffaela Naldi Rossano a Napoli
Museo Apparente, Napoli ‒ fino al 28 ottobre 2018. Il museo napoletano ospita la prima personale di Raffaela Naldi Rossano. Una riflessione sull’incontro fra il sé e l’altro.
In un giardino napoletano ornato da limoni e da piante mediterranee è installata una struttura architettonica in legno, tipicamente nordica, una sorta di baita. Corrado Follinea (galleria A Cappella) ha deciso di utilizzare questo spazio per invitare artisti campani, creando un’antologia suggestiva e sui generis. L’ultimo invito è stato rivolto a Raffaela Naldi Rossano. La giovane artista napoletana ha ancora una volta scelto “l’altro”. You complete me costituisce un nuovo tassello di una poetica basata sulla relazione e sull’analisi psicologica.
Nella mostra lo scavo, le vicende familiari, i sentimenti, le ferite, i piccoli traumi, i sogni diventano oggetti abbandonati. Questi ultimi subiscono a loro volta una traslazione: l’inconscio li mutua in immaginazione. Eccoli, dunque, comuni oggetti ritrovati nelle stanze di un hotel, ricoperti di resina blu o rosa, escludendo ogni convenzione binaria. Certamente il rosa e il blu sono i colori dell’infanzia ‒ del resto tra gli oggetti esposti figura anche la parte anteriore del letto d’infanzia dell’artista ‒ ma non solo. Gli oggetti ritrovati, nonostante oggetti sconosciuti, attraggono memorie personali e viceversa. È una reciprocità che partecipa attivamente alla natura umana e alla sua psiche. Portare questo a livello comunitario, esporlo agli altri è iniziare a esistere.
TORNARE ALLE ORIGINI
Si ritorna, dunque, alle origini: la voce della madre dell’artista risuona in una track audio. Si tratta di una fantasia che a partire dalla terapia della Gestalt ‒ tecnica per l’avvicinamento al sé ‒ si manifesta come un ipnotico risveglio dell’Io. Attraverso questa voce estranea e lontana siamo accompagnati in un’interazione e in uno scambio con l’ambiente e con il presente. Quello che abbiamo sotto i nostri occhi, nella baita, sono oggetti comuni come un paio di occhiali, degli asciugamani, degli abiti, un caricatore per telefono, imprigionati nella resina blu e rosa, i quali testimoniano in maniera intima, in quanto oggetti ritrovati in stanze d’albergo, i resti e gli scarti della nostra società. Questi ultimi non sono solo cose materiali come rifiuti e oggetti poco ecologici, ma anche carcasse psichiche e lapsus gestuali.
IL CASO E L’INCONTRO
Louis Althusser ha teorizzato il materialismo aleatorio, che forse altro non è che l’epicureismo di un’epoca post-moderna. Ridotti a un nichilismo ordinario, gli esseri umani ‒ almeno nella cultura occidentale ‒ trovano senso in un ordine del reale generato dal caso, dall’incontro. Quest’ultimo diventa per l’artista napoletana cifra stilistica per riconoscersi e per far riconoscere l’altro, sottoponendolo a uno sguardo inconsueto ma necessario. Ecco che allora l’artista ha ricreato il senso di questo incontro casuale in un’atmosfera sospesa, un ambiente fra un interno di una lavatrice bloccata nel tempo e un magazzino per giocattoli. La resina, grazie alla sua trasparenza, genera formalmente un effetto specchiante e attraente, che imprigiona gli oggetti ma li sospende, invocando il nostro inconscio personale e con esso il potenziale di un inconscio collettivo, di una comunità alla ricerca dell’incontro e con esso di un senso.
‒ Sonia D’Alto
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