L’artista Eugenio Tibaldi mobilita il mondo dell’arte intorno al caso Riace. L’intervista
È nato come una riflessione dell’artista Eugenio Tibaldi intorno al caso Riace, poi è diventato un movimento. Che si concretizzerà nelle giornate del 17 e del 18 novembre in un viaggio in Calabria. L’intervista.
“Tutti noi ci chiediamo cosa sia accaduto a quella cultura dell’inclusione e della convivenza che dal secondo dopoguerra per decenni abbiamo costruito tra molte difficoltà e contraddizioni, e con stupore scopriamo che alla fine del secondo decennio del nuovo millennio è diventato importante, anzi necessario, dichiararsi contro il razzismo, contro un’idea di nazione che si concentra sulla difesa dei propri confini fisici e culturali, ma anche per la difesa dei lavoratori e delle volontà delle comunità locali sempre più assoggettate alle regole di un’economia finanziaria globale”, così la comunità dell’arte introduce il documento, che Artribune pubblicherà nei prossimi giorni, che dà il via ad una riflessione intorno al caso Mimmo Lucano, attivista e Sindaco di Riace, attualmente indagato dalla Procura di Locri per i suoi metodi di gestione sul sistema dell’accoglienza. Il modello Riace e le reazioni da parte del Ministero dell’Interno hanno generato un dibattito fortissimo in tutto il Paese non solo sul caso nello specifico, ma sul binomio migrazioni-accoglienza in senso più generale. In questo clima sono nate anche le riflessioni dell’artista Eugenio Tibaldi che ha deciso di coinvolgere, dapprima senza una precisa direzione, un gruppo di persone del mondo dell’arte (tra questi Raffaele Gavarro, Sabrina Vedovotto, Tommaso Pincio, Giuseppe D’Anna, Christian Caliandro, Andrea Cortellessa, Marco Raparelli, Davide Dormino, Domenico Antonio Mancini e molti altri) con l’intento di generare azioni e pensiero a riguardo. Il nucleo iniziale si è esteso a macchia d’olio, fino alla progettazione, dopo innumerevoli scambi di mail e dibattiti, di una due giorni a Riace per fare sentire la voce e il sostegno della comunità dell’arte. Ne abbiamo parlato con Tibaldi.
Come è nata l’idea di un momento di riflessione intorno a Riace? Perché il caso di Mimmo Lucano ha smosso così tanto la tua sensibilità?
È successo per una serie di ragioni che sarebbero troppo lunghe da raccontare. Per sintetizzare, piccoli eventi nel quotidiano mi hanno fatto sentire che l’aria intorno a me si riduceva. La distanza di sicurezza che ero abituato a tenere si era volatizzata. Infine una bronchite che mi ha trattenuto in casa per qualche giorno mi ha fatto fare indigestione di dettagli e di notizie che hanno determinato la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Così ho chiamato qualche amico del mondo dell’arte ed ho detto a loro che secondo me era giunta l’ora di fare qualcosa di fisico. Volevo andare a Riace. Riace come simbolo ma anche come luogo complesso da raggiungere, scomodo praticamente per tutti e quindi un viaggio che necessita un impegno ho proposto semplicemente di compiere un movimento, di andare là come testimonianza di persone che non possono più rimanere inermi.
Sono trascorsi diversi giorni da quando è scoppiato il caso Mimmo Lucano, ora che puoi guardare le cose con maggiore distanza, che idea ti sei fatto?
Non è il caso di Lucano in sé, ma è tutto l’insieme, i fatti di Lodi, Roma, la nave Diciotti, il ddl Pillon, il decreto per Genova ecc. Domenico Lucano è una persona che se ha commesso degli errori dovrà spiegare a chi di dovere e chiarire le sue posizioni come è giusto che sia, ma non è accettabile il metodo messo in atto, l’arresto, poi le varie dichiarazioni di voler smantellare totalmente il “sistema Riace” fino alla dichiarazione di deportazione di tutti i migranti e l’allontanamento forzato dal suo comune. Nel caso specifico del sindaco di Riace io non ho le capacità nè gli strumenti per poter giudicare ma dico solo che chi non fa nulla non sbaglia di certo.
Hai quindi chiamato a raccolta un gruppo di persone… Chi sono e perché?
Come ho detto, ho chiamato qualche amico, più per confrontarmi con loro che per innescare un vero e proprio gruppo: non avevo le idee chiare e ancora non le ho su cosa sia giusto fare, volevo sapere cosa ne pensavano. Mi hanno detto che erano d’accordo con me ed allora ho scritto loro una mail. Da lì è nato tutto.
Poche ore fa hanno creato un gruppo Google in quanto le mail che stavano circolando erano troppe e con troppi indirizzi, siamo in molti ed il desiderio di tutti è che il dibattito si allarghi sempre di più, anche per questo stanno per aprire una pagina Facebook “artisti per Riace” su cui si potrà seguire l’evoluzione pubblicamente.
Come state lavorando?
Ci sono diversi gruppi che sono nati spontaneamente e stanno lavorando in questi giorni, alcuni sono in contatto con delle persone di Riace e stanno coordinando la logistica ed anche cercando di capire cosa potrebbe essere utile per le persone che operano attualmente nella comunità o nella regione. Un altro gruppo di Roma si è riunito, hanno stilato una sorta di documento riassuntivo (che Artribune pubblicherà prossimamente Ndr) di ciò che sentiamo in questo momento, poi lo hanno condiviso e molti di noi hanno potuto dare consigli su come perfezionarlo, altri si stanno coordinando da Napoli , da Bologna ma anche da altri luoghi. Nel corso dei giorni la cerchia si è allargata con letterati, giornalisti, filosofi, musicisti. Per la prima volta da quando conosco il mondo dell’arte ho visto lavorare insieme più di 100 persone lasciando da parte ogni individualismo e questa sorta di magia è stata per me già una grande boccata d’ossigeno.
Nelle giornate del 17 e 18 novembre sarete a Riace. Cosa farete?
Da come sta crescendo il ragionamento di tutti mi fa pensare che andremo ad aiutarci, a riconoscerci ed a conoscere qualcosa di cui non abbiamo esperienza diretta e sicuramente andremo ad imparare. Sarebbe bello poter portare la testimonianza a Riace ed indirettamente anche a tutto il resto della società che c’è una comunità che non è in sintonia con ciò che accade nel nostro paese. Poi nella realtà ognuno è libero di immaginare e di proporre qualsiasi cosa sia per quei due giorni che per il futuro.
E tu personalmente cosa farai?
Personalmente non vorrei fare nulla legato alla mia ricerca, voglio andare là come membro di una comunità che vuole poter ragionare liberamente, dialogare se è possibile, fare qualcosa di concreto oppure pianificarlo. Poi vedrò, come mi ha insegnato un caro amico, l’unico vero dono che puoi fare a ciò che non conosci è di non immaginarlo. Quindi lascerò che sia il luogo, le persone che incontrerò a stupirmi e a guidarmi.
Come speri che questa azione collettiva si evolva nel futuro? Con quali prospettive?
Sarebbe bellissimo se il dibattito non si spegnesse ma che ci potesse offrire la possibilità di generare del materiale condivisibile, articoli, mostre, dibattiti a disposizione della società tutta per conoscere l’opinione di gruppo di persone che si è ritrovata o trovata per la prima volta unita di fronte ad un atteggiamento da parte delle istituzioni che non sentiamo che ci rappresenti. Provare ad incidere nella vita reale di tutti noi non come singoli ma come gruppo in grado di superare anche simpatie ed antipatie, affinità di ricerche, evitando le tentazioni polemiche perché uniti di fronte a ciò che avviene intorno a noi ed al mondo in cui viviamo animati dall’idea forte di voler collaborare per un cambiamento politico e sociale.
-Santa Nastro
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