The City of Broken Windows. Hito Steyerl a Rivoli
Castello di Rivoli ‒ fino al 30 giugno 2019. Hito Steyerl prende possesso della Manica Lunga del Castello di Rivoli con una installazione che riflette sulla dicotomia reale/virtuale.
La Manica Lunga del Castello di Rivoli si trasforma de facto nell’opera di Hito Steyerl (Monaco, 1966) l’artista tedesca protagonista di The City of Broken Windows, elaborata (e non curata) da Carolyn Christov-Bakargiev e Marianna Vecellio: non una mostra ma un progetto installativo, che costituisce la seconda presenza dell’artista in Italia, dopo la sua partecipazione al Padiglione tedesco durante la Biennale di Venezia nel 2015. Figura complessa, ricercatrice e teorica dell’influenza delle nuove tecnologie sul mondo dell’arte e più in generale sulla nostra vita quotidiana, dopo la sua straordinaria e inquietante opera Hell Yeah We Fuck Die (2016), presentata allo Skultur Projekte di Munster nel 2017, Hito Steyerl presenta a Rivoli un’opera che lascia molto spazio alla capacità riflessiva dello spettatore, invitato a entrare in una rarefatta narrazione in due tempi.
LE OPERE
All’ingresso della Manica Lunga il video su schermo piatto Broken Windows ci introduce all’interno di una fabbrica di una società informatica che misura la capacità dei computer di percepire il suono di finestre che vengono infrante a martellate da alcuni tecnici preposti alla sicurezza, posizionato davanti a una tela monocroma grigia di dimensioni monumentali dipinta dall’artista Chris Toepfer, protagonista del secondo video, Unbroken Windows, posizionato al lato opposto della Manica Lunga. Siamo in un sobborgo periferico di Chicago, dove alcuni artisti vengono ingaggiati per dipingere finte finestre sulle facciate delle case abbandonate del quartiere in funzione anti-degrado. “Ci sono comunque due superfici”, spiega Christov-Bakargiev, “una è relativa all’atto del dipingere una finestra illusoria su una finestra sprangata e rotta, che impedisce la trasparenza dello schermo, e poi c’è la superficie del vetro trasparente che si rompe per insegnare all’intelligenza artificiale a riconoscerlo. Ci sono riferimenti a un mondo di grigiore, conflitti, violenza e spoliazione, ma è tutto implicito in questa apparente semplicità fatta di pittura, fiori e vetri”.
INQUIETANTI FASCINAZIONI
Alle pareti di questo ambiente vuoto, inframmezzato da grandi finestre, l’artista fa scorrere una serie di frasi relative alla rottura delle finestre come atto simbolico, come una sorta di interrogativo sul rapporto tra reale e virtuale, intelligenza umana e artificiale, desiderio e controllo, abbinato a una serie di suoni indistinti ma penetranti. Nonostante sia diverso dalla complessità tecnologica che abbiamo riscontrato nelle precedenti opere dell’artista, The City of Broken Windows possiede una sua inquietante fascinazione, espressa però in termini eccessivamente minimali per uno spazio impegnativo come la Manica Lunga.
‒ Ludovico Pratesi
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati