Giove e la pittura. Marta Mancini a Roma
Matèria, Roma ‒ fino al 24 novembre 2018. Marta Mancini ci porta in una galassia di forme docili e sinuose. Il pianeta Giove, con la sua consistenza gassosa e il suo nucleo evanescente, evoca le stesse misteriose ambivalenze, sostiene il curatore Pericle Guaglianone.
Serpenti che vibrano, densi di tinte acide, su una superficie color tortora. I dipinti immersivi di Marta Mancini (1981), grandi come un letto a una piazza e mezza, presentano un’ambiguità raffinata. I conglomerati che abitano e permangono in un’immobilità precaria sono ricavati in negativo: tagliati con l’accetta e sagomati dalla patina neutra, il pieno e il vuoto si equivalgono per uno strano scherzo del destino; le striature opalescenti sono il risultato di una rimanenza, i grumi sopravvissuti alla saturazione. Un processo che ribalta il concetto di sfondo, campitura e ciò che forma lo spazio. Figure, corpi astratti, piatte presenze di una sostanza magmatica deliziosamente levigata. La molla offre un meccanismo di attrazione, per il quale l’occhio è irresistibilmente portato a restringersi sugli accidenti ‒ una sbavatura del colore, il labile confine in cui le onde si accavallano ‒ poi l’immagine si apre “a tutto campo”.
‒ Giorgia Basili
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati