In mezzo alla montagna. Simone Cametti a Urbino
Spazio K – Galleria Nazionale delle Marche, Urbino – fino al 18 novembre 2018. Da Roma alle Dolomiti, ma con un passaggio importante nelle Marche. Qui Simone Cametti racconta tutta la sua passione per la montagna. Con un afflato concettuale che è solo apparentemente una contraddizione in termini.
Urbino città ideale, metafisica, acronica: è una condizione anomala, quella della città ducale delle Marche, immersa in un attimo sospeso tra il verde del paesaggio, la nebbia e l’incarnazione del Rinascimento. Culla di arte e storia, tanto forte è il suo essere senza tempo che ha fatto sì che, nonostante la presenza attiva di una delle Accademie d’Arte di eccellenza nel Paese, l’arte contemporanea non sia stata in passato promossa e prodotta come peculiarità del centro culturale.
A risolvere questa lacuna ci sta egregiamente pensando in questi ultimi tempi Spazio K, sorprendente area sotterranea che ospitava storicamente le cucine del Palazzo Ducale. Là dove tutto sa di antico si è trovata la via del presente, dando modo ad artisti emergenti di esprimere i linguaggi del contemporaneo. È in questa ottica che, per la seconda edizione, si sta svolgendo la rassegna Cambi di rotta, attualmente con la personale di Simone Cametti (Roma, 1982), legato alla città ducale per aver intrapreso lì la sua iniziale formazione artistica, molto prima di far approdare la propria ricerca, toccando diversi percorsi in Italia e in Europa, al progetto Dolomiti Contemporanee, a cui sta attualmente lavorando.
UNA METAFORA VINCENTE
È evidente come la montagna sia una dimensione congeniale per la ricerca di Cametti, tanto da esser stata scelta come tematica e sede di significati metaforici per la mostra urbinate. Media montagna è il titolo, inteso come aggettivo e sostantivo, anche se, aggirandosi nelle ampie ed evocative sale sotterranee attraverso immagini, luci, suoni e installazioni, si ha l’idea di trovarsi “in mezzo” alla montagna, non fisicamente (non è una mostra di paesaggio, componente presente ma non dominante, né di mimesi ambientale) ma idealmente: si ha l’idea di come Cametti percepisca la propria personale presenza nella rarefazione dell’altitudine. Diventa quindi possibile ascoltare il rumore registrato dei sassi che cozzano sul ghiaccio che si rompe e trovarlo solenne e inesorabile; dominare lampi, evocati con tubi contorti al neon, abbatterli in orizzontale e intrappolarli in casse di legno sul pavimento; ribaltare il ciclo vitale della vegetazione rinnovando la vitalità di prati secchi con l’irrorazione di pigmenti verdi, come testimoniato dal video-performance; ascoltare, in un’installazione classicamente concettuale, riproduzioni di vecchie canzoni degli Anni Quaranta registrate nel riecheggio di una lontana cava di marmo, e sapere che si tratta di Tina Allori, nonna dell’artista e famosa cantante dell’epoca.
TECNICHE E LUOGHI
Una riflessione sul tempo e sullo spazio, quindi, che affonda nelle proprie origini e si dilata nel mondo: ognuna delle singole opere, significativamente realizzate secondo un varietà di tecniche e linguaggi diversi, nasce e si sviluppa a partire da precisi luoghi fisici, ovviamente montani, dislocati tra i continenti, ne svela le suggestioni filtrate dai sensi e dalla mente dell’autore, per ricomporsi in un cosmo racchiuso nella sala espositiva.
– Valeria Carnevali
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