L’erotismo elementare delle erbacce. Zheng Bo a Torino
PAV, Torino ‒ fino al 24 febbraio 2019. Marco Scotini cura il terzo capitolo espositivo della saga “Weed Party” ideata dal cinese Zheng Bo.
La nuova stagione espositiva del PAV – Parco Arte Vivente di Torino comincia con la prima personale dell’artista cinese Zheng Bo (Beijing, 1974), Weed Party III, a cura di Marco Scotini. La mostra, pensata appositamente per il PAV – il cui centro è l’installazione ad hoc nella serra, After Science Garden, che ha richiesto la collaborazione dell’artista con ricercatori esperti del territorio piemontese – rappresenta il terzo capitolo espositivo dopo quello del Leo Xu Projects di Shanghai (2015) e del TheCube Project Space di Taipei (2016) e indaga metaforicamente il rapporto tra movimenti politici spontanei, attivisti e il potere infestante delle gerarchie parassitarie e delle egemonie infestanti.
EROTISMO E SESSUALITÀ
Le luci in dialogo, fin dall’entrata, con le piante configurate come movimenti di inclusione e accoglienza nello spazio; i disegni che sgranano erbari del passato, meditando sul rapporto dei movimenti ecologisti del futuro; la maquette utopica di A Chinese Communist Garden in Paris – titolo che non necessita di ulteriori spiegazioni: tutti gli elementi di Weed Party concorrono a proporre una lettura chiara e nitida di una visione che, partendo da una riflessione di natura politica, si focalizza sull’incontro e sulla “contemplazione del piacere”.
A tal proposito, una nota di sorpresa per i due film del ciclo Pteridophilia – video che hanno destato clamore anche in occasione di Manifesta 2018 a Palermo – che, immortalando giovani “eco-queer” nell’intimità con le felci di una foresta di Taiwan, mostrano una stretta relazione tra la sessualità carnale, opportunistica e dolorosa e l’erotismo elementare, ingenuamente represso e ritemprante.
DOPO OVIDIO
La scelta del tema amoroso, al confine con quello politico, esclude i condizionamenti esercitati dalla tradizione, creando uno spazio privilegiato per l’affermazione individuale dell’artista che non deve rispondere alle ragioni di un sistema culturale – che solitamente reprime le richieste non riconducibili alla morale familiare e comunitaria imposta dalle egemonie –, ma che ricerca la fonte dell’estasi nella libera contaminazione vitale. Una poetica post-ovidiana da scoprire.
‒ Federica Maria Giallombardo
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