I trasporti eccezionali di Eva Marisaldi. A Milano
PAC, Milano – fino al 3 febbraio 2019. Quaranta opere ripercorrono la ricerca di Eva Marisaldi. In una mostra fatta di tempo e frammenti.
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Il PAC è vuoto, anzi è pieno, perfino troppo pieno. Le quaranta opere che ripercorrono la ricerca di Eva Marisaldi (Bologna, 1966) dagli inizi fino a oggi, senza alcun intento retrospettivo o antologico e con alcune omissioni ‒ “molti lavori si scaricano se spiegati”, ha affermato l’artista ‒, sono collocate nello spazio non seguendo un percorso cronologico. Il lavoro che accoglie il visitatore, riedizione di Welcome, composta di tre nastri da ginnastica ritmica azionati da bracci meccanici, dà il benvenuto, ha il compito di “buttadentro”. Allo stesso tempo, però, sembra essere una sorta di avvertimento, un monito che ci fa arretrare, ci respinge. Come sono all’apparenza respingenti e affatto empatiche le opere dell’artista.
FRAMMENTO E TOTALITÀ
Trasporto Eccezionale è una mostra cerebralmente concettuale, in cui si scoprono qua e là elementi inattesi e storie di vita. Sono appunti, note, abbozzi, diari di viaggio, frammenti di racconti, depositi d’esperienza. Bassorilievi in gesso formato cartolina, disegni riprodotti in fotocopia a terra fermati da piccoli sassi, incisioni su alluminio della dimensione di una polaroid, carta da parati realizzata prima fotografando le impronte di alcune palline da tennis e poi serigrafandole, video, sculture, oggetti sonorizzati: l’intero percorso espositivo è dominato da una labile relazione tra tridimensionale e bidimensionale, tra dentro e fuori, forza e fragilità, frammento e totalità. Non bisogna fermarsi all’apparente anaffettiva impenetrabilità. L’artista ci chiede di “bucare” la superficie per entrare nel suo immaginario, nella sua idea di realtà, nei suoi racconti, nei suoi viaggi fisici e mentali.
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Eva Marisaldi, Taxi, 2004. Photo Attilio Maranzano. Collezione privata
TEMPO IN TRASFORMAZIONE
Non c’è però climax in questa mostra. Tutte le opere sembrano essere collocate sullo stesso livello. C’è un’opera, al piano superiore, che più di altre ci parla di viaggio ma soprattutto di un modo alternativo di intendere e vivere il tempo. Quel tempo misterioso, sempre in trasformazione, in cui passato e presente non si oppongono più come si è pensato a lungo, di cui ci parla il fisico Carlo Rovelli nel suo bel libro L’ordine del tempo. Si tratta della nuova installazione Progress costituita da nove sedute, che ricordano quelle di un pulmino, e un video, originale “collage” digitale animato. L’opera, creata in collaborazione con il musicista e compositore Enrico Serotti ‒diversi altri lavori sono stati realizzati insieme ‒ parte dalla lettura di Ebano di Kapuscinski, raccolta di articoli scritti in Africa. A colpire l’artista è stato il fatto che alle stazioni dei bus, alla domanda “Quando parte?”, l’autore riceveva sempre la stessa risposta “Quando è pieno”.
‒ Daniele Perra
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