Molti concetti, troppe distanze. Gianni Caravaggio e Francesco Carone a Firenze

Museo Novecento, Firenze ‒ fino al 28 febbraio 2019. Due progetti a cura di Gaspare Luigi Marcone e Rubina Romanelli sono le nuove tappe, rispettivamente, dei cicli “Duel” e “Campo Aperto”. Un dialogo fra l’artista e un’opera della collezione il primo, una serie di personali site specific il secondo. In questa occasione vi si trovano opere formalmente di discreta qualità, ma non facilmente accessibili, che ripresentano la problematica del rapporto con il grande pubblico, sempre più sommerso da un’arte criptica e autoreferenziale nella sostanza.

Che l’arte sia dotata di forza creatrice, e non solo creativa, è stato ampiamente dimostrato: moltissimi artisti sono infatti stati ispirati dalle opere dei colleghi, producendone di nuove, di più concettualmente ed esteticamente avanzate, contribuendo al progresso civile dell’umanità. Accade anche con la Base magica di Piero Manzoni ‒ la cui retrospettiva è attualmente in corso al museo ‒, che è il fulcro dell’intervento di Gianni Caravaggio (Rocca San Giovanni, 1968), dallo spiccato carattere interattivo; Giocami e giocami di nuovo invita infatti il pubblico a un coinvolgimento diretto nella mostra, dandogli la possibilità di sedersi e giocare un’inconsueta partita a dadi. Meno efficaci le altre opere, L’orizzonte si posa su una nuvola mentre il sole la attraversa e Il mistero nascosto da una nuvola, che richiedono un approccio mentale legato alla “permeabilità” delle sensazioni nel rapporto con la realtà. Nonostante i concetti interessanti, la mostra resta assai criptica e fredda per il vasto pubblico, quello, non dimentichiamolo, che costituisce la maggioranza dei visitatori di un qualsiasi museo. Un evento artistico forse per esegeti, che si presenta allo sguardo, vi indugia per il tempo di una fugace visita, e si dissolve.

Gianni Caravaggio, Il mistero nascosto da una nuvola. Photo Museo Novecento, Firenze

Gianni Caravaggio, Il mistero nascosto da una nuvola. Photo Museo Novecento, Firenze

FRA EMOZIONE E MITOLOGIA

L’empatia sta alla base del percorso di Francesco Carone (Siena, 1975), che occupa con leggerezza due sale con opere inedite e site specific, ognuna paragonabile alla tessera di un mosaico di sensazioni, ricordi, pulsioni inconsce, che emerge in particolare da quelle opere legate alla mitologia greca al femminile. Elementi di tempi e luoghi differenti sembrano riunirsi nel dittico Ciclope-Tempesta, che crea un particolare collegamento fra un’opera e l’altra. La testa scolpita del primo è priva dell’unico occhio, in un richiamo all’Edipo che “diverrà cieco e vedrà”, travalicando gli ostacoli fisici e misurando lo spazio della memoria e del ragionamento. Nella cavità dell’occhio è inserito un cannocchiale, che permette di vedere Tempesta, un’opera “infinita” su cui altri artisti sono chiamati continuamente a intervenire. E che forse ben simboleggia la lontananza dal pubblico di tanta arte contemporanea, situata com’è in una sala interdetta ai visitatori. Nel suo significato di opera corale che cancella l’autorialità è certamente efficace, ma desta l’impressione di una “questione privata” fra artisti, da cui il pubblico è tenuto fisicamente lontano.

UNA SITUAZIONE CONTROVERSA

Si esce dal museo con il dubbio che tanta arte contemporanea, pur abbastanza originale, resti purtroppo lontana dal toccare l’anima del pubblico. Una sensazione abbastanza comune nel panorama attuale.

Niccolò Lucarelli

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Niccolò Lucarelli

Niccolò Lucarelli

Laureato in Studi Internazionali, è curatore, critico d’arte, di teatro e di jazz, e saggista di storia militare. Scrive su varie riviste di settore, cercando di fissare sulla pagina quella bellezza che, a ben guardare, ancora esiste nel mondo.

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