Reazione a catena. Le vie della pittura italiana a Milano
Galleria Giovanni Bonelli, Milano ‒ fino al 31 dicembre 2018. Nuova ricognizione sulle vie della pittura italiana. Dopo la tappa alla 1/9 unosunove di Roma, tocca alla galleria milanese.
Dopo il primo “episodio” alla galleria 1/9 unosunove di Roma, il nuovo appuntamento espositivo di Reazione a catena alla galleria Giovanni Bonelli di Milano porta avanti l’indagine sulla pittura italiana contemporanea, confermandone la vitalità e l’impossibilità di definirne in maniera univoca i confini. L’assunzione del fenomeno fisico a metafora dell’approccio curatoriale da parte di Gino Pisapia si rivela ancora una volta un efficace strumento per generare letture multiple e non scontate, associazioni e connessioni tra opera e opera, autore e autore, in un percorso quasi “auto-costruito” a partire da criteri selettivi affidati anche ai singoli artisti, invitati, di volta in volta, a suggerire ulteriori nomi da coinvolgere nei successivi sviluppi della mostra. Tale procedere “per multipli”, tipico del rizoma – sono abolite rigide tassonomie, cronologie, gerarchizzazioni o classificazioni –, permette una libera flânerie tra generi e tecniche. Ogni artista è rappresentato da una singola opera che, per certi versi, ne diventa il manifesto di pratica e poetica e, al contempo, costituisce una vera e propria “autoscoperta”, per riprendere un’affermazione di Jackson Pollock citata da Pisapia: “Dipingere è azione di autoscoperta. Ogni buon artista dipinge ciò che è”.
GLI ARTISTI
La pittura “politica” di Andrea Salvino (Il porcile, 2013-14) si confronta allora con le energie “magnetiche e gravitazionali” di Alberto Di Fabio (Fotosfera, 2014), le esplosioni di colore di Tiziano Martini (Just screams like a fool, 2018) con le pennellate isolate e autosignificanti di Marta Mancini (Untitled, 2018). E ancora, le “forme chirurgiche” di Giuliano Vanni (Il toro, 1982) incontrano la nuova metafisica di Iacopo Pesenti (Enigma, 2018). Paesaggio e figura sono straniati nelle aliene tranche de vie di Marco Pace (Jumara, 2018) mentre il Paesaggio difficile (2018) di Marco Salvetti o il Noli me tangere (2018) di Vera Portatadino aprono la figurazione all’astrazione, che, in purezza, si ritrova nella continuità, nella varietà di Lorenzo Di Lucido – “Sono uno di quelli che crede di dipingere sempre lo stesso quadro, sempre profondamente diverso”, afferma l’artista – con Lo schermo (2018) o nei pastelli segnici di Luca Macauda (Untitled, 2014).
Le vie della pittura oggi sono quindi davvero “differenti” e, come più volte scritto, proteiformi. Il merito della ricognizione attuata da Pisapia è quello di restituire la complessità di tale fenomeno in maniera chiara e attenta a rendere conto della pluralità delle sue declinazioni. Non ci resta allora che aspettare l’innesco della prossima reazione per scoprire altre storie, altre visioni, altri mondi. Altra pittura, insomma.
‒ Damiano Gullì
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