Questioni di percezione. Macchi, Gupta e Sugimoto a San Gimignano
La Galleria Continua di San Gimignano accende i riflettori su tre artisti e altrettanti approcci percettivi.
Potrebbe essere la percezione il filo sottile che collega le tre mostre in corso presso Galleria Continua a San Gimignano. Tre artisti, Jorge Macchi, Shilpa Gupta e Hiroshi Sugimoto, distanti fra loro per formazione e origine, presentano le loro ricerche più recenti sulla relazione tra il mondo e il nostro sistema percettivo, sull’intersoggettività e sulle scaturigini della relazione fra il rappresentato e il reale.
JORGE MACCHI
Jorge Macchi (Buenos Aires, 1963), in Suspension Points, spinge l’osservatore a prediligere il valore dell’esperienza nella fruizione degli spazi e delle opere, sottolineando la drammatica teatralità delle assenze. Giocando sul filo del paradosso, ricrea attraverso sculture di piccole e grandi dimensioni, dipinti e installazioni momenti di riflessione sul valore soggettivo della percezione e sulla possibilità di alterare e smontarne il classico meccanismo lineare per dare spazio a intuizioni puramente esperienziali e spontanee. In La noche de los museos lo spettatore si ritrova su un grande tappeto dove alcuni faretti, seppur caduti dal soffitto, illuminano ancora porzioni di trama, alimentando così, nella relazione fra il percepito e il reale, riflessioni aporetiche e stupefacenti.
SHILPA GUPTA
Shilpa Gupta (Mumbai, 1976) rielabora in scultura il suo precedente lavoro fotografico Do not See Do not Hear Do not Speak (2006), dove tre figure femminili unite in cerchio si coprono a vicenda gli occhi, le orecchie e la bocca seguendo il proverbio gandhiano. La critica alla libertà di espressione è chiara e prende ancor più forza dal candore abbagliante e dalla raffinata accuratezza della resa dei corpi scultorei. Dalla riflessione sulla forza coercitiva del potere statale, in A Thought in a Thought” (2017) l’artista porta l’attenzione sul singolo e su come questo percepisca l’altro e il sociale. Focus è il pensare e soprattutto definire “l’altro” attraverso un subconscio e un substrato che, seppure non evidenti, impongono comunque il loro peso, annullando l’estemporaneità e la purezza del momento nel quale l’esperienza è vissuta e percepita dai sensi.
HIROSHI SUGIMOTO
Chiude il percorso espositivo Hiroshi Sugimoto (Tokyo, 1948) con gli ultimi sviluppi della serie dei teatri iniziata dal fotografo nel 1978 e qui arricchita da immagini che contengono per la prima volta anche le platee e quindi il percepito del pubblico. La modularità dei grigi restituisce il passaggio di intensità e la luce inonda le sale buie. Durante uno dei viaggi in Italia per realizzare la serie, l’artista venne a conoscenza della vicenda cinquecentesca dell’Ambasciata Tenshō, riportata in alcuni degli affreschi del Teatro olimpico di Vicenza. Questa fu la prima missione diplomatica nipponica, composta da quattro giovanissimi nobili giapponesi convertiti al cristianesimo, inviata in Europa per volontà del gesuita Valignano con lo scopo di sfatare erronei pregiudizi e stereotipi sul Giappone. Il viaggio dei giovani diplomatici durò dal1582 al 1590 e li vide attraversare diversi Paesi in quello che fu uno degli eventi fondamentali nel dialogo fra la cultura occidentale e quella orientale. Sugimoto rivisita le tappe di questo incredibile viaggio e ri-vede con i propri occhi quello che aveva stupito e meravigliato i diplomatici. Da Continua, si ammirano i passaggi fra Pisa, Roma e Firenze, includendo Assisi e Venezia.
‒ Eleonora A.M. Ignazzi
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati