Terre in movimento, il progetto artistico che indaga e racconta l’Italia dopo il sisma del 2016
Tre artisti indagano e riflettono sui cambiamenti morfologici, economici, culturali e comunitari dei territori dell’Italia Centrale colpiti dal sisma del 2016. Per un progetto che parla di trasformazione, rinascita e valorizzazione
La transizione e la trasformazione sono i temi attorno a cui ruota e riflette Terre in movimento, progetto che indaga e racconta, attraverso la ricerca e l’osservazione di tre artisti contemporanei, il paesaggio storico, umano e naturale sconvolto dal sisma che ha colpito il Centro Italia nel 2016: i reperti, le rovine, i nuovi insediamenti, e soprattutto le persone. Il progetto – promosso dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio delle Marche, in collaborazione con il MAXXI e l’Associazione Demanio Marittimo.Km-278, nel quadro delle attività del MiBAC per le aree colpite dal sisma del 2016 – si colloca quindi in un paesaggio nel quale le catastrofi naturali sono un trauma e una presenza ancora vivi, ma anche acceleratori di processi antropologici, economici e urbani. In questo senso, il sisma ha messo in crisi non solo le costruzioni, ma anche il tessuto delle comunità, causando spostamenti e alterazioni paesaggistiche e socioeconomiche. Terre in movimento rappresenta così una riflessione sulle trasformazioni di queste dinamiche, nelle quali il paesaggio è il risultato del patrimonio culturale e “le terre in movimento” sono un’idea della transizione e delle trasformazioni morfologiche, economiche, culturali e comunitarie del territorio marchigiano e adriatico. Olivo Barbieri, Paola De Pietri e Petra Noordkamp sono gli artisti che hanno restituito, ognuno con la propria peculiare ricerca, una prospettiva da cui osservare quelle terre, e le cui opere saranno in mostra dal prossimo 14 dicembre alla Chiesa di San Gregorio Illuminatore già San Bartolomeo ad Ancona.
QUANDO IL SISMA FERISCE IL PAESAGGIO E I BENI CULTURALI
“Le Terre in movimento dell’Adriatico e dell’Appennino sono per noi terre in cammino che chiedono significati, appartenenza civica, spirituale e culturale; sono laboratori della ri-conoscenza che si deve agli immaginari delle storie millenarie e al futuro delle forme, dei manufatti, delle comunità a venire”, spiega ad Artribune Cristiana Colli, Presidente dell’Associazione Demanio Marittimo.Km-278. “Le Terre in movimento accolgono il divenire circolare del Tempo e della Natura e si preparano a rigenerazioni infinite. In definitiva”, continua Colli, “sono luoghi del contemporaneo, metafore, progetti, impegni; luoghi in cui si rende manifesta la prospettiva e urgente la responsabilità – che siano la spiaggia di Marzocca, le montagne dei Sibillini, le aree riqualificate nella città storica, le piccole comunità delle aree interne”. “Da due anni e alcuni mesi nelle Marche e in altre tre regioni italiane – Abruzzo, Lazio, Umbria –, gli effetti del terremoto si manifestano in due maniere, allo stesso tempo sempre prevedibili e sempre sorprendenti; la più ovvia e immediata è l’emergenza, che dura ancora e che durerà per un pezzo”, ci racconta Pippo Ciorra, Senior Curator MAXXI Architettura – Fondazione MAXXI e co-curatore di Terre in movimento. “La seconda paura è invece una forma più sottile di fragilità, legata non solo al patrimonio architettonico e a quello storico-artistico, ma anche e soprattutto a quel tessuto di cultura che viene prodotto quotidianamente proprio dall’interazione tra gli uomini, i luoghi e quell’heritage fisico che la catastrofe distrugge, danneggia o mette a rischio. Quello che ci chiediamo”, continua Ciorra, “è come si possa operare in modo che il passaggio traumatico dall’ordine quotidiano al caos del post-terremoto non disperda definitivamente troppa energia sociale e culturale, l’unica che non si può ricostruire con finanziamenti e decreti”.
LE TERRE DEL SISMA DOPO IL SISMA. LO SGUARDO DEGLI ARTISTI
Le terre colpite dal sisma si presentano così, a distanza di anni, come terre ancora in movimento, in una perenne e quasi cristallizzata fase di transizione, con un passato ferito, un presente da costruire e un futuro incerto. Ma in che modo gli artisti coinvolti in Terre in movimento sono riusciti a restituire una visione dell’attuale condizione delle terre colpite dal sisma? “Per puro intuito, o per sensibilità, gli artisti che la Soprintendenza delle Marche e il MAXXI hanno incaricato di questa committenza sulle aree marchigiane colpite dal terremoto, Olivo Barbieri, Paola De Pietri e Petra Noordkamp, si sono messi sulle tracce di quest’energia perduta”, risponde Ciorra. “Attraverso l’immagine fissa o in movimento, non hanno cercato solo di assorbire l’immagine drammatica delle rovine e della distruzione, ma si sono piuttosto messi in cerca delle relazioni, tra le persone e i luoghi, tra gli edifici terremotati e quelli ricostruiti, tra i luoghi dai quali i beni e le opere d’arte erano stati salvati e quelli nei quali vengono custoditi”. Il medium prediletto dagli artisti per condurre la ricerca di Terre in movimento è la fotografia, con cui Barbieri, De Pietri e Noordkamp riescono a visualizzare e restituire ciò che non può essere visualizzato, ovvero la condizione di un territorio e di chi lo abita e lo vive. “Non poteva essere che quello della fotografia e del video il linguaggio più adatto a questo progetto. Passata da carta e pellicola all’uso prevalente di tecnologia e pixel, quella dell’immagine è la forma d’arte più adatta per “ri-costruire” cultura e identità nel nostro territorio”, commenta Ciorra. “Siamo grati a Olivo Barbieri, Paola Di Pietri e Petra Noordkamp per aver prodotto questo piccolo miracolo, per averci consentito di scivolare dolcemente dall’entropia all’empatia”.
LE OPERE
I tre artisti hanno passato lunghi periodi nelle comunità del cratere – Visso, Camerino, Arquata e Pescara del Tronto, Pieve Torina, Pievebovigliana, Muccia, Ussita –, incontrando e conoscendo persone e luoghi, visitando le zone rosse e sviluppando, ognuno con la propria poetica, progetti differenti tra loro per media e linguaggio. Olivo Barbieri si è misurato con il cambio di scala, dall’alto dell’elicottero alla dimensione frontale, facendo di questa esperienza un ulteriore tassello che arricchisce la serie dei site specific; Paola De Pietri ha scelto il bianco e nero come cifra linguistica per i ritratti delle persone – bianchissime su fondo scuro – e le nuove edificazioni che comprendono non solo le case ma gli sbancamenti, le piastre e le opere infrastrutturali come scheletro intorno al quale ricostruire le comunità; Petra Noordkamp ha utilizzato il video, l’immagine in movimento, per un’alternanza tra dettaglio e contesto che restituisce trame, forme e frammenti. Le opere dei tre artisti saranno presentate per la prima volta al pubblico con una mostra a cura di Pippo Ciorra e il Soprintendente Archeologia Belle Arti e Paesaggio delle Marche Carlo Birrozzi, con l’organizzazione e il coordinamento di Cristiana Colli, che inaugurerà ad Ancona il prossimo 14 dicembre in un luogo speciale, al centro di una riappropriazione attesa e particolarmente simbolica: la Chiesa di San Gregorio Illuminatore già San Bartolomeo, sede storica della comunità armena e chiusa da decenni.
LA CHIESA RITROVATA
“La Soprintendenza e il Segretariato Regionale hanno molto investito negli anni sulla chiesa di San Gregorio Illuminatore già San Bartolomeo e sull’area adiacente dell’anfiteatro”, ci spiega Carlo Birrozzi. La chiesa esiste dal XIII secolo, e nel corso del tempo è stata oggetto di ricostruzioni, adattamenti, diverse destinazioni d’uso; è stata persino destinata a fabbrica di polveri da sparo e sede delle carceri. “Si tratta di un tessuto urbano molto stratificato e difficile da interpretare, per la coesistenza di tanti reperti, emergenze architettoniche e archeologiche di grande importanza”, continua Birrozzi. “L’Arcidiocesi di Ancona ha concesso in uso la chiesa al MiBAC che ha ricominciato recentemente ad occuparsi dell’intero complesso. La chiesa è chiusa da molti anni, dal secondo dopoguerra, e anche se gli interventi di restauro non sono del tutto completati, ci è sembrato necessario restituirla alla città per cominciare così a caratterizzarla come polo culturale. Il progetto di committenza intrapreso oltre un anno fa rappresenta un’ottima e speciale occasione, una doppia riappropriazione: parlare della trasformazione delle Marche ad Ancona in un nuovo polo del Ministero, un luogo di dialogo e confronto con cittadini e network specialistici sui temi del patrimonio. Così”, conclude il Soprintendente, “le committenze agiscono come infrastrutture di relazione e cittadinanza culturale, inclusione ed emancipazione, e i luoghi che ereditiamo dal passato diventano piattaforme di nuova progettualità”. Dopo le Marche, la mostra sarà presentata al MAXXI di Roma dal 12 giugno al 13 settembre 2019.
– Desirée Maida
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