Fondazione Peggy Guggenheim di Venezia: le mostre in programma fino al 2020
Il modernismo, le acquisizioni veneziane, quelle extra-occidentali, la figura di Jean Harp: la stagione espositiva della Fondazione Peggy Guggenheim racconta la vita della collezionista a 360 gradi.
Quella di Peggy Guggenheim è una figura potente, visionaria e senza tempo, che rivive ogni giorno nelle sale della omonima fondazione veneziana. Il 2019 porta con sé un doppio anniversario: i 70 anni dal suo trasferimento a Palazzo Venier dei Leoni (acquistato nel 1949) e i 40 anni dalla scomparsa, avvenuta il 23 dicembre del 1979. Due date cruciali che non hanno segnato solamente un vissuto personale, bensì la storia dell’arte del ventesimo secolo, e che saranno celebrate dal public program Continuità di una Visione, organizzato assieme alla Fondazione Araldi Guinetti. Attese esposizioni verranno inaugurate da qui al 2020: quella dedicata ai tesori della collezione Schulhof, la retrospettiva su Jean Harp, le acquisizioni compiute dalla mecenate durante il periodo veneziano e le opere provenienti da culture non occidentali. Durante l’anno inoltre, avverranno delle conversazioni con tre figure chiave del sistema artistico internazionale, donne filantrope e collezioniste: Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, Presidente dell’omonima Fondazione torinese, Lekha Poddar della Devi Art Foundation (Dehli, India), attiva nel panorama artistico medio-orientale e Francesca Thyssen-Bornemisza, fondatrice della collezione Thyssen-Bornemisza Art Contemporary.
-Giulia Ronchi
Fondazione Peggy Guggenheim
Dorsoduro, 701-704, 30123 Venezia VE
041 240 5411
www.guggenheim-venice.it
DAL GESTO ALLA FORMA. ARTE EUROPEA E AMERICANA DEL DOPOGUERRA NELLA COLLEZIONE SCHULHOF
Fino al 18 marzo 2019 sarà possibile ammirare le 80 opere provenienti dalla collezione Schulhof, date in lascito alla Fondazione Solomon R. Guggenheim nel 2012. Un patrimonio formato nel tempo grazie al collezionismo di Hannelore B. Schulhof, nata in Germania e emigrata in America poco prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, che ha portato avanti l’attività assieme al marito Rudolph B. Schulhof. Una raccolta che include tutti gli esempi più significativi dell’arte post war americana ed europea, partendo dall’Espressionismo astratto e dall’Informale, fino al Minimalismo e all’Arte concettuale. I lavori di Willem de Kooning, Hans Hofmann, Joan Mitchell, Mark Rothko, Cy Twombly, Afro Basaldella, Alberto Burri, Lucio Fontana, Jean Dubuffet, Agnes Martin, Anselm Kiefer, Hans Hartung, Andy Warhol, Donald Judd, Ellsworth Kelly e Kenneth Noland, per citarne alcuni, vengono ordinati sapientemente dalla curatrice Gražina Subelytė e da Karole P.B. Vail (già direttrice delle collezioni Guggenheim di Venezia) in nuclei ragionati: elementi come il gesto, la materia, la monocromia, il segno e la griglia, determinano affinità diverse tra le opere. Una mostra che permette di visitare la collezione nella sua quasi completa interezza e addentrarsi nella vita dedicata al collezionismo e alla filantropia della coppia: “L’arte è per me quasi una religione. È ciò in cui credo, ciò che dà alla mia vita una dimensione che va oltre il mondo materiale in cui viviamo” affermava Hannelore B. Schulhof “Io cerco l’opera e la dedizione dell’artista, qualcuno che parli per me o esprima e interpreti un aspetto del nostro tempo che mi concerne”.
LA NATURA DI ARP
Jean (Hans) Arp (Strasburgo 1886 – Basilea 1966) fu una figura pionieristica dell’arte, tra i fondatori del movimento Dada: in una carriera durata oltre sei decenni, produsse un corpus ampissimo di pittura e scultura, dando vita a un linguaggio personale in cui le forme fluide si snodano tra rappresentazione e astrazione. Curata da Catherine Craft e organizzata dal Nasher Sculpture Center di Dallas, La Natura di Arp, dal 13 aprile al 2 settembre 2019, metterà in risalto l’approccio sperimentale e il ripensamento radicale della figura che animarono la produzione di questo artista, considerato uno degli autori più originali e influenti del Novecento.
PEGGY GUGGENHEIM. L’ULTIMA DOGARESSA
Risale al 1948 il trasferimento definitivo di Peggy Guggenheim dalla metropoli newyorkese alla città di Venezia, a seguito dell’acquisizione di Palazzo Venier dei Leoni sul Canal Grande che divenne la sua dimora e il suo personale museo. La sua nuova vita veneziana costituì una pagina affascinante della sua esistenza, che verrà celebrata nella mostra Peggy Guggenheim. L’ultima Dogaressa, prevista dal 21 settembre 2019 al 27 gennaio 2020. Un racconto che offrirà una visione puntuale sulle acquisizioni che avvennero nel periodo compreso tra la fine degli anni ‘40 e il 1979, anno della sua scomparsa. Come spiega la fondazione, la mostra “offrirà l’opportunità senza precedenti di rivedere e ricontestualizzare capolavori famosi, come L’impero della luce (1953-54) di René Magritte, a fianco di opere raramente esposte, create da artisti come René Brô, Gwyther Irwin e Grace Hartigan, oltre che da pittori di origine giapponese come Kenzo Okada e Tomonori Toyofuku, che dimostrano l’interesse della mecenate per l’arte creata oltre le frontiere dell’Europa e degli Stati Uniti” Il titolo di Dogaressa (storicamente affibbiato alla moglie del Doge di Venezia) inoltre, definisce in modo puntuale la figura affascinante e senza tempo della collezionista americana, protagonista del suo tempo e del contesto artistico che seppe creare in ogni luogo, tra mostre e eventi mondani da lei organizzati.
MIGRATING OBJECTS
L’interesse della mecenate e collezionista Peggy Guggenheim per l’arte non occidentale fu un atteggiamento visionario e fuori dagli schemi per l’epoca. Negli anni Cinquanta e Sessanta infatti, molti delle acquisizioni riguardarono opere provenienti dall’Africa, dall’Oceania e dalle Americhe trovate durante i suoi viaggi. Grazie a questa parte della collezione, meno conosciuta rispetto alla sua raccolta di arte moderna europea e contemporanea, saranno mostrate oggetti e opere provenienti da tutto il mondo, tra cui sculture di inizio Novecento provenienti dal Mali, dalla Costa d’Avorio e dalla Nuova Guinea, e opere delle antiche culture del Messico e del Perù. Migrating Objects, curata da un comitato composto da sei esperti di arte e etnologia, si svolgerà dal 15 febbraio al 15 giugno 2020.
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