Spazi ibridi a Milano. Office Project Room
Intervista con Francesco Macchi, fondatore di Office Project Room, lo spazio espositivo milanese inaugurato lo scorso marzo vicino a Porta Romana.
È un piccolo e luminoso spazio al piano terra ricavato all’interno di alcuni uffici a due passi da Porta Romana a Milano, ha all’attivo cinque mostre ‒ un giovane artista è invitato a produrre nuovi lavori e a dialogare con l’opera di un artista affermato ‒, ha un giardinetto usato per progetti annuali e collabora abitualmente con PHROOM, piattaforma di ricerca sulla fotografia e sul video. È l’Office Project Room, spazio nato nel marzo 2018, che ha l’obiettivo di supportare e promuovere i giovani artisti. Abbiamo incontrato il fondatore Francesco Macchi, laurea in Economia e Commercio alla Bocconi, un master in Real Estate e padre collezionista, che ci ha raccontato la storia dello spazio e la sua missione.
Partiamo dall’inizio. Come nasce la tua passione per l’arte?
Il mio avvicinamento all’arte comincia sei, sette anni fa. E nasce dalla passione di mio padre, collezionista d’arte moderna e di un po’ di tutto, dalle biciclette alle automobili agli orologi.
Ho iniziato a trovarmi in casa delle opere che non avevo scelto io. Da lì ho pensato che mi interessava fare una mia collezione. C’è stata una serie di incontri, uno di questi con Orio Vergani, da cui poi è scaturito quello con l’artista Matteo Cremonesi, che in quel momento esponeva dei lavori alla Galleria Milano e io ne ho comprati alcuni. Un’altra artista che per me è stata importante è Letizia Cariello, che ho conosciuto per caso. Un ulteriore incontro è stato quello con il collezionista Paolo Vicentini, che è venuto a lavorare nei miei uffici. Avevo sicuramente attivato le antenne verso questo mondo, ma c’è stata una concentrazione di cose per cui ho cominciato a relazionarmi con gli artisti.
Poi è arrivato l’Office Project Room.
Parlando con Matteo [Cremonesi, N.d.R.], mi è venuta l’idea, la voglia di provare a pensare a un progetto che fosse nei miei uffici, che avesse quindi già una copertura economica per l’affitto e per la gestione. Un mio socio immobiliare è rimasto entusiasta dell’idea e ha deciso di seguirmi, quindi abbiamo preso un ufficio grande, su due piani. Quello superiore è dedicato all’immobiliare, Real Estate, dove facciamo sviluppo, fondi d’investimento e tutto ciò che è connesso alla finanza immobiliare, la parte sotto è dedicata all’Office Project Room.
Quando è cominciata l’attività?
La prima mostra di Francesco Bertocco in dialogo con David Simpson risale al marzo 2018, mentre la nascita dell’idea e la preparazione sono avvenute nell’estate precedente, quando con Matteo ho fatto un lungo viaggio, quasi di 3mila chilometri, che ci ha portati a Münster, Kassel e alla Biennale di Venezia.
Qual è l’idea di base?
Il progetto nasce con l’idea del dialogo. Un giovane artista è chiamato a confrontarsi con un’opera di un artista affermato che proviene dalla collezione della mia famiglia, da gallerie o da altri collezionisti. All’artista mostriamo una serie di opere e gli facciamo scegliere quella con cui desidera dialogare. Poi abbiamo ragionato sullo spazio e abbiamo deciso di ampliare il programma, che ora prevede anche solo show, com’è stato nel caso di Giovanni Oberti, e forse in futuro anche mostre collettive. Lo spazio ha un giardino privato che ha dato il via a un altro progetto che si chiama Garden. Qui i tempi sono più lunghi perché è un progetto annuale. Abbiamo selezionato una giovane artista di Palermo, Irene Coppola, che ha installato nel giardino alcune fusioni di elementi naturali. Lei lavora molto con l’Orto Botanico di Palermo. L’abbiamo inaugurato lo scorso settembre e quindi rimarrà fino al prossimo settembre.
Come funziona, tecnicamente, l’Office Project Room?
Diamo un budget di produzione e siamo presenti in tutta la fase di realizzazione. In cambio della produzione delle opere, l’artista dona un lavoro che entra nella mia collezione. Le opere restanti sono in vendita, dividiamo con percentuali che definiamo prima con l’artista, a cui rimane la proprietà di quelle invendute.
Chi fa scouting?
Se ne occupa Matteo insieme a Giangiacomo Cirla, che segue anche la parte vendite.
Oltre alle mostre nella sala principale e agli interventi nel giardino, lo spazio ospita un altro progetto.
Sì, il terzo progetto in essere è con PHROOM, piattaforma di ricerca sull’immagine e sul video, ideata da Matteo e Giangiacomo. Il progetto si chiama Bureau e consiste nell’ospitare all’interno degli uffici alcune mostre già prodotte. Come quella di Gloria Pasotti, che si è tenuta a San Gimignano ed era curata da Elio Grazioli, con circa quindici opere.
Come vedi il futuro di Office Project Room? Ti vuoi inserire nel sistema, partecipare alle fiere?
Chiaramente le previsioni del futuro possono sempre variare, ma negli ultimi mesi ho riflettuto molto e mi sono confrontato con altri collezionisti, tra cui Paolo Vicentini che è un caro amico. La mia idea per il prossimo futuro è quella di non stravolgere più di tanto il progetto iniziale. Non voglio dare un appesantimento di costi ‒ come ad esempio fare le fiere ‒ che poi mi porterebbe a dover spingere sulle vendite. Voglio sicuramente strutturarmi di più, perdurare nel tempo ed essere ricordato per cose di qualità.
La prossima mostra?
A brevissimo ci sarà una mostra in collaborazione con PHROOM dei Synchrodogs, duo di fotografi ucraini. Sono i primi artisti stranieri che ospitiamo.
‒ Daniele Perra
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati