Relazioni e tecnologia. Cécile B. Evans a Napoli

Madre, Napoli ‒ fino al 1° marzo 2019. “Amos’ World”, l’immaginaria serie televisiva creata dell’artista statunitense Cécile B. Evans, approda al Madre con il suo terzo episodio: una babele psichica e linguistica, in cui i personaggi si affrontano aprendo riflessioni sull’incomunicabilità contemporanea.

L’arte contemporanea si confronta con l’architettura sul paradigma dei bisogni e delle aspirazioni primarie dell’individuo nell’ultimo episodio di Amos’ World, la serie televisiva fittizia concepita da Cécile B. Evans (Cleveland, 1983), che ambienta i personaggi in un condominio utopico pensato come una macchina in cui far convivere l’abitabile con l’emotivo. Presentato al Madre con un allestimento comprensivo di sedute scultoree e tracce visive di piccolo formato, curato da Cloé Perrone, il terzo episodio mostra gli effetti destrutturanti del pensiero modernista che ha alterato il volto e l’anima delle periferie della città contemporanea, lasciando dietro di sé crepe e inquietudini.
Il protagonista, Amos, costruisce un edificio residenziale sul modello dell’unità abitativa lecorbusiana, autosufficiente e pluridentitario nelle intenzioni, che alla fine si rivela essere una catastrofe sul piano psicologico e collettivo. Il corpo dell’edificio che compare nel terzo episodio è quello delle Vele di Scampia, dove in parte è stato girato, simbolo di quella monumentalità schiacciante che ha caratterizzato l’architettura modernista del XX secolo, conosciuta con l’appellativo di Brutalismo. Inadeguatezze strutturali e anni di malsana convivenza, cui si aggiunge un terribile evento indicato genericamente come “la svolta”, conducono gli inquilini a lamentarsi con Amos che, confuso e umiliato, mette in discussione la sua ideologia costruttiva.

Cécile B. Evans. Amos’ World. Episode Three. Exhibition view at Madre, Napoli 2019. Courtesy Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee. Photo © Amedeo Benestante

Cécile B. Evans. Amos’ World. Episode Three. Exhibition view at Madre, Napoli 2019. Courtesy Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee. Photo © Amedeo Benestante

L’ECO DI BALLARD

Come nel romanzo Il Condominio del celebre scrittore inglese J.G. Ballard, l’edificio diviene metafora dell’alienazione della società contemporanea: “Il grattacielo era un’immensa macchina progettata per servire non la collettività degli inquilini, ma il residente individuale e isolato”. I personaggi di Amos’ World e quelli del condominio di Ballard hanno a disposizione tecnologie potenti in grado di soddisfare ogni bisogno, così da smettere di ricercare desideri propri e scegliere quelli offerti dall’edificio-città, sotto forma di surrogati efficienti con cui mascherare il vuoto esistenziale. Se Ballard dipinge l’estrema deriva di una società distopicamente futura e violenta che sembra essere già presente, la Evans, invece, compie un viaggio nella psiche umana alla ricerca di quel sentimento ultimo che accompagna la volontà di resistere: la speranza. L’architetto, il segretario, la viaggiatrice nel tempo, i fiori animati, tutti i personaggi raccontano la storia di un mondo in decadenza, ma non ancora crollato perché in trasformazione. “Finché c’è morte c’è speranza”, recita Don Fabrizio Corbera nel Gattopardo: ecco che quando tutto soccombe, la vita torna a sorprendere lo sguardo di chi è capace di vedere oltre.

Francesca Blandino

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Francesca Blandino

Francesca Blandino

Francesca Blandino nasce a Benevento nel 1986. Specializzata in Storia dell’Arte Contemporanea presso l’Università Suor Orsola Benicasa di Napoli, sviluppa un forte interesse per le pratiche artistiche rivolte al sociale. Nel 2012 frequenta il Master in Curatore Museale e di…

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