Storia di una amicizia. L’omaggio milanese a Mario Schifano
Fondazione Marconi, Milano ‒ fino al 16 febbraio 2019. Nel decennale della morte, le opere di Mario Schifano tornano alla Fondazione Marconi di Milano. Evocando il profondo legame di amicizia tra l’artista e il gallerista Giorgio Marconi.
Un omaggio alla storia di un’amicizia, quella nata fra artista e gallerista, o, meglio, di un’intesa fra chi della scena dell’arte è stato protagonista e chi, dalla parte del mercato, ancora lo è. Giorgio Marconi, storico gallerista milanese attivo dagli Anni Sessanta (sua la Fondazione omonima), guardava (ma non solo) all’insorgere del fenomeno della Pop Art intuendone la potenza eversiva nei confronti delle espressioni artistiche della vecchia Europa.
Mario Schifano (Homs, 1934 ‒ Roma, 1998) faceva parte di quel gruppo di giovani romani che, riunendosi a Piazza del Popolo, amavano confrontarsi nel presente guardando a un futuro da costruire attraverso l’immersione totale nella quotidianità, privata e collettiva. Ragazzi a zonzo per le strade: lui, Tano Festa, Franco Angeli… Scriveva Schifano: “Pensavo che dipingere significasse qualcosa di assolutamente primario, quel che vedevo, i cartelloni pubblicitari, la Coca-Cola, gli ovali con Esso, l’insegna della benzina…”.
ANDARE OLTREOCEANO
Avido di esperienze e di contatti, come d’immagini, compiva frequenti viaggi all’estero, inseguendo le tracce della Pop Art fin dai primi Anni Sessanta a New York. Scriveva nel ’64 dalla metropoli americana all’amico storico dell’arte Maurizio Calvesi: “Adesso c’è la mostra di Oldenburg (e in un prossimo pacco ti manderò foto di Lurie, Thiebaud, Andy Warhol, mie…)”. Ne nacquero Vero amore e i Paesaggi anemici. Ma era sensibile anche al richiamo delle avanguardie storiche: ecco gli omaggi al Futurismo tra cui Futurismo rivisitato (1965), rielaborazione pittorica di un noto ritratto fotografico. La fotografia, ecco ciò che, al pari del cinema, affascinò profondamente l’artista romano. Onnipresente nella sua opera, ritorna con particolare incisività in Compagni compagni, uno smalto del 1968 dipinto in piena contestazione. Infine, il ciclo dei Paesaggi TV, datati 1970, ovvero la consacrazione del mezzo più amato, la televisione, da cui Schifano non si staccava per giorni allo scopo di catturarne le schermate e trasporle su tela.
OPERE E MOSTRE
Queste le tappe dell’iter segnato dalle opere (tutte di proprietà della Fondazione Marconi) in mostra a Milano per il decennale della morte dell’artista. Non si può nascondere che esse suonino in parte come un déjà vù. Stanno a monte altre importanti esposizioni: Schifano 1960-1964. Dal monocromo alla strada (2005) e Schifano 1964-1970. Dal paesaggio alla TV (2006), allestite negli spazi di via Tadino e oggi ricordate da Giorgio Marconi come tappe fondamentali di un percorso memorabile. Dunque, ancora artista e gallerista, impegnati in un dialogo che, più il tempo avanza, più si accende di innegabili emozioni.
‒ Alessandra Quattordio
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