Un Pascali che non ti aspetti. A Roma
Galleria Bibo’s Place, Roma ‒ fino al 20 febbraio 2019. Trentaquattro opere dell’enorme lascito che Pascali ha consegnato all'arte contemporanea sono in mostra nella Capitale.
Una mostra di disegni, bozzetti e tecniche miste varie quella organizzata nella nuova sede della Galleria Bibo’s Place di Roma. L’esposizione rende omaggio a Pino Pascali (Bari, 1935 – Roma, 1968), una figura centrale della scena contemporanea dell’arte italiana che interpretò, con uno sguardo lungimirante, alcuni aspetti della società italiana nel secondo dopoguerra: per dieci anni, infatti, dal 1963, i suoi Caroselli, spot pubblicitari e sigle televisive entrano in tutte le case italiane provviste di televisore.
Più conosciuto per le sue “false sculture”, realizzate con materiali fragili ed effimeri ‒ come nel caso dei celebri Bachi da setola, la Vedova Blu, Bella Ciao, Pozzanghere, Code di Delfino ‒ in questo caso Pascali viene descritto da opere che mostrano il suo gioco-lavoro quotidiano per la pubblicità, pervaso da una dimensione ludica fatta di umori giocosi, allegri, istintivi e ironici. Si tratta di un’intensa attività, che si compone di schizzi e spunti caratterizzati da geometrie semplici, immediate e di facile lettura che, nella maggior parte dei casi, venivano liberamente gestiti dai laboratori televisivi e adattati alle più svariate esigenze.
Con Sandro Lodolo, negli anni del fervore politico, sociale e culturale che attraversò l’Italia nella seconda metà del Novecento, l’artista lavorò come pubblicitario per le più importanti aziende: Agip, Algida, Autoservizi Maggiore, Caffè Mauro, Cirio, Ferrovie dello Stato, Sigarette Amadis, solo per citarne alcune, opere che però, oggi, restano ancora poco conosciute al grande pubblico.
DRIPPING E COLORE
Il percorso espositivo comprende, inoltre, due esemplari conosciuti con il nome Macchia, espressione della sensibilità più astratta e informale dell’artista. Questi schizzi e dripping, insieme ad altre opere caratterizzate da sovrapposizioni di colore, come i Senza titolo, evocano non solo l’artista Toti Scialoja, che era stato suo maestro negli anni in cui frequentava l’Accademia di Belle Arti di Roma dopo essersi trasferito nel ‘56, ma anche il grande maestro americano Jackson Pollock.
Con un Manifesto del ’63, il percorso espositivo si conclude insieme a un omaggio a Fabio Sargentini, suo grande amico e sostenitore, gallerista d’avanguardia negli Anni Sessanta, che inaugurava il nuovo spazio dedicato all’arte, ai tempi, contemporanea ‒ l’Attico ‒ con la prima mostra personale di Pino Pascali nel 1966.
A sessant’anni dalla nascita di Carosello e a cinquant’anni dalla morte di Pino Pascali, questa mostra vuole ricordare la sua breve ma intensa carriera, attraverso aspetti ancora oggi poco esplorati della sua ricerca poiché, come dichiara Sargentini in un video documentario su Pino Pascali presentato nel 2017 alla Fondazione Pascali di Polignano: Con “quello che ha prodotto in quattro anni un altro artista ci avrebbe ‘campato’ venti”.
‒ Donatella Giordano
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