Immigrazione e salute mentale. Visitare i musei per superare le marginalità
Una piccola mostra a Roma presenta le fotografie realizzate da migranti e ospiti di un centro diurno per la salute mentale, nel corso di visite guidate presso musei romani, dal Maxxi a Villa Torlonia. Fragilità, marginalità, isolamento: l’accesso al patrimonio artistico come strumento di riscatto.
Da un lato i “matti”, come li chiamava scherzosamente Basaglia, in un misto di tenerezza e disincanto; dall’altro i migranti, i richiedenti asilo, i sans papier, sopravvissuti e nomadi. Due marginalità a confronto, non per sommarsi, non per ripiegarsi l’una sull’altra o rimarcare la propria condizione. Semmai per farne occasione: di normalità, di incontro, di scambio sincero.
Esplorare territori nuovi è la scommessa, oltre la routine e l’isolamento. A Roma, dal 6 marzo 2019, una serie di fotografie esposte da Chiaroscuro – piccolo project space di via Sant’Antonio all’Esquilino, diretto da Francesca Longo – restituisce il senso di una giornata speciale: scatti amatoriali, scatti-memorie, appunti da un diario virtuale che è, in sé stesso e oltre il perimetro proprio, un esperimento artistico in forma di progetto sociale. O viceversa.
ASSOCIAZIONI ALL’OPERA. UN PROGETTO CONDIVISO
Dietro non c’è un artista in verità. Ma avrebbe potuto esserci, in una chiave progettuale/laboratoriale, nel segno di affinità d’intenti e corrispondenze attive. Qui ci sono due associazioni, incrociatesi per caso pochi anni fa: Attiva-Mente e Baobab Experience.
La prima è costituita dagli utenti e gli operatori del Centro Diurno Montesanto, facente capo alla ASL Roma 1, impegnati da anni in iniziative culturali, azioni formative e percorsi di reinserimento sociale, tra rassegne letterarie, seminari, attività pubbliche radicate nel quartiere, incontri con i residenti, eventi di book crossing, progetti per la difesa dei diritti di chi vive il disagio mentale, produzioni artistiche e artigianali, incontri di auto-mutuo-aiuto per le persone coinvolte nel percorso di cura e per le famiglie.
E nell’ampio palinsesto che vede il tema della salute mentale integrarsi con quello della crescita culturale, si colloca anche la collaborazione con Baobab, che nei suoi spazi occupati di via Cupa – sgomberati nel 2018 – si è dedicato a lungo alle prime fasi di accoglienza per centinaia di migranti irregolari in transito verso il Nord Europa: uomini, donne e bambini in fuga, vittime di storture legislative, di azioni repressive e di un clamoroso vuoto politico di portata europea.
INTEGRAZIONE SOCIO-CULTURALE. RIPARTIRE DAL MUSEO
Dal 2015 le due associazioni condividono un programma di visite guidate presso musei e spazi monumentali della Capitale, col coordinamento di una storica dell’arte, Daniela Ferrara: migranti e ‘matti’ insieme, alla scoperta di luoghi solitamente invisibili a intere porzioni di cittadinanza; luoghi chiamati ogni giorno ad ampliare platee e raggi d’azione, affrontando le proprie barriere identitarie, di panificazione, di metodo e di linguaggio. Musei, ma anche teatri e biblioteche, spesso lontani dalla vita dei quartieri d’appartenenza, dalle comunità straniere, da soggetti con storie di marginalità sociale. La funzione di progetti mirati, anche indipendenti, resta strategica negli iter di costruzione di nuovi target.
E questo raccontano le fotografie esposte da Chiaroscuro fino al prossimo 16 marzo, scattate tra le sale di Palazzo Massimo, Centrale Montemartini, MAXXI, Musei Capitolini, Galleria Nazionale, Villa Torlonia: momenti rubati a ripetute passeggiate tra collezioni permanenti e mostre temporanee, nella registrazione dei tanti volti fissi sulle opere, intenti a fotografare, perduti nelle forme, nelle storie, nel ragionamento, nella lettura dei dettagli e delle suggestioni. Sguardi al servizio di una contemplazione obliqua, inedita, forestiera.
Ed è anche qui che il museo si spinge oltre una certe dimensione ludica o spettacolare, ponendosi al centro dei complessi processi di organizzazione, partizione e risignificazione politico-sociale: la conoscenza del patrimonio artistico e l’accesso alla dimensione storico-estetica si fa strumento d’elezione. Il tema dell’integrazione passa anche da qui, così come il superamento di certe marginalità ostinate e delle molte fragilità diffuse.
– Helga Marsala
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