Spazi ibridi a Milano. Archivio Atelier Pharaildis Van den Broeck
Intervista con Barbara Garatti, curatrice dell’archivio che ospita una nuova Project Room dedicata a progetti artistici inediti.
In un seminterrato affacciato su strada, a pochi passi da viale Papiniano e dalla metro di Sant’Agostino a Milano, c’è un luogo che sembra si sia fermato nel tempo. È l’archivio della fashion designer e pittrice Pharaildis Van den Broeck. È tutto un ammasso di tele arrotolate e si respira l’aria di un vecchio atelier disordinatamente ordinato. L’artista, che ha prima studiato al liceo artistico e poi all’Accademia di Moda, ha sempre inteso il fashion design come arte, tanto da decidere di abbandonare la moda per dedicarsi interamente alla pittura, dopo collaborazioni importanti come quella con Gianni Versace sul finire degli Anni Settanta.
Oggi le attività dell’archivio ‒ che raccoglie tutto il materiale prodotto dall’artista nell’arco di circa vent’anni ‒ sono rese possibili grazie al supporto di Michele Sagramoso, marito di Pharaildis. L’archivio ospita una serie di progetti inediti per cui gli artisti sono invitati a lavorare proprio con i materiali presenti nell’atelier. Il primo artista per la Project Room è Alessandro Roma, che ha realizzato un lavoro inedito, visitabile fino al 15 aprile, traendo spunto da alcuni libri appartenuti all’artista. Abbiamo incontrato Barbara Garatti, curatrice dell’archivio, per farci raccontare com’è nata l’idea e spiegarci il progetto.
Che cos’è l’Archivio Atelier Pharaildis Van den Broeck?
È la collezione di tutte le opere e i materiali legati all’attività di Pharaildis Van den Broeck come artista. L’archivio è in quello che dal 2008 è stato il suo atelier e dove ha lavorato incessantemente fino al 2014, quando è mancata. Dal 2015 a oggi ogni opera è stata inventariata, catalogata e digitalizzata seguendo rigorosi criteri archivistici. Dall’ultimo anno sono in corso diverse attività per istituzionalizzare questo spazio come luogo di conservazione e valorizzazione dell’opera di Pharailidis Van den Broeck, ma anche come centro di ricerca sull’arte e sulla pittura contemporanea, la moda e la storia del costume.
Com’è nata l’idea della Project Room in cui invitate artisti a esporre?
L’idea della Project Room è nata analizzando le peculiarità dell’archivio e dell’artista stessa. Pharaildis Van Den Broeck è stata prima di tutto una fashion designer molto apprezzata tra il 1978 e l’inizio degli Anni Novanta. Successivamente ha abbandonato questa carriera per dedicarsi alla pittura. Nel corso di un ventennio, dal 1994 al 2014, ha realizzato più di duemila dipinti e altrettanti disegni, schizzi e bozzetti, ma nessuno di questi è mai stato esposto e in pochi sono entrati nel suo luogo di lavoro prima d’ora. Quando si è presentata la necessità di mostrare il suo lavoro, ho pensato che il filtro più efficace e discreto per rendere visibili e accessibili le sue opere fosse lo sguardo di un altro artista. In questo modo le prime letture del suo lavoro non saranno mediate da apparati critici e metodologici formali, ma saranno basate su una relazione diretta tra l’artista invitato e il materiale conservato nell’archivio. In questo modo è possibile trovare un senso nella frammentarietà dell’archivio senza ridurlo a icona di se stesso, analizzare in profondità i suoi contenuti rendendoli fruibili a un pubblico più ampio e stimolare la ricerca di altri artisti. Dopo anni di inventari, cataloghi e schede, avevo io per prima bisogno di osservare la vastità dell’opera di Pharaildis Van den Broeck da un punto di vista nuovo.
Com’è strutturato il progetto?
In realtà non è una vera e propria mostra, si tratta più che altro dell’esito di una ricerca condotta insieme all’artista invitato. Lo scopo è la scoperta del lavoro, della vita e di qualsiasi cosa si possa intuire osservando i materiali. Le Project Room sono ideate e realizzate insieme agli artisti invitati, in questo senso possono essere considerate come un modo diverso di fare ricerca d’archivio. Io nello specifico curo l’archivio nel suo insieme: dalla catalogazione alla conservazione, dalla consultazione e comunicazione al coordinamento delle attività per la valorizzazione dei suoi contenuti. Per ogni Project Room è presentata una piccola ma preziosa pubblicazione a cura di Emiliano Biondelli che non ha una valenza didascalica rispetto all’intervento degli artisti invitati, ma vuole essere uno strumento con una sua vita parallela rispetto all’evento espositivo. È un poster pieghevole concepito come un rebus, in cui immagini e testo sono distribuiti al suo interno con un ordine non lineare. Come quando si consulta un archivio, non ci sono chiavi di lettura unitarie, ciascuno potrà dare maggior rilievo ad alcuni elementi piuttosto che ad altri.
Il primo artista è stato Alessandro Roma. Ci vuoi raccontare come ha lavorato e cosa ha realizzato?
Il lavoro con Alessandro Roma è stato molto stimolante per entrambi. Ha consultato diverse volte l’archivio e fin dalla prima è rimasto affascinato dalla biblioteca di Phara, soprattutto dai volumi sulla storia della moda e dei tessuti e sui costumi tradizionali di tutto il mondo (ci sono degli esemplari molto interessanti!). Prima ancora di chiedergli di realizzare un’opera ad hoc per l’archivio, Alessandro aveva già deciso di approvvigionarsi di quelle immagini per realizzare un libro d’artista. Così l’idea del suo intervento e la sua realizzazione sono state molto spontanee. Ora in archivio sono esposti due suoi libri d’artista accanto a una selezione di libri e di opere di Phara e oggetti che lei usava come fonte d’ispirazione. L’allestimento finale è un susseguirsi di pattern, forme e oggetti che idealmente si fondono uno nell’altro.
Le opere prodotte sono in vendita?
No, le opere prodotte entrano a far parte dell’Archivio Atelier perché sono a tutti gli effetti i primi atti critici sul lavoro di Pharailidis Van den Broeck. Ovviamente potranno essere esposte in altri contesti, ma vivono in relazione al lavoro di Phara. Sono la testimonianza di un dialogo ipotetico tra lei e l’artista invitato.
Ci dai qualche anticipazione sui prossimi artisti?
A maggio sarà presentata la Project Room#2 di Giulio Squillacciotti. Del suo lavoro mi ha colpito fin da subito la capacità di rivisitare, attraverso il mezzo video, eventi reali in una dimensione metaforica. Le sue opere sono in grado di evocare gli aspetti più sottesi e immateriali dei soggetti che tratta. A settembre sarà la volta di Andrea Kvas. Trovo molto interessante come, attraverso una ricerca pittorica che richiede diversi schemi di fruizione, sia arrivato a trovare diverse intersezioni tra pratiche scultoree, relazionali e curatoriali.
I tre artisti non sono stati scelti per affinità linguistica, stilistica o tematica con l’opera di Pharaildis Van den Broeck, piuttosto per la loro attitudine e i processi che innescano nella loro ricerca. Sarà intrigante scoprire insieme a loro nuovi aspetti del lavoro di Pharaildis Van den Broeck.
‒ Daniele Perra
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