Sguardi laterali. Anri Sala a Rivoli
Castello di Rivoli ‒ fino al 23 giugno 2019. Tecnologie virtuali, immagini in movimento, opere che riabilitano l’importanza del tatto. Queste alcune linee guida della mostra dedicata dal Castello di Rivoli ad Anri Sala.
Il cinema, e anche buona parte della videoarte, ci ha abituato ad avere un rapporto frontale, fisso e irremovibile con l’immagine in movimento. Sarà capitato anche a voi, specie in festival cinematografici o davanti a qualche blockbuster, di finire nelle prime file laterali della sala di proiezione, subendo il fascino sottile e la pena concreta di dover ricostruire in ogni istante il senso reale delle immagini proiettate in modo da rimetterle al loro giusto posto (non essendo noi stessi nel posto giusto).
Una star della videoarte come Anri Sala (Tirana, 1974; vive a Berlino), specie in questa mostra dall’allestimento imponente e simmetrico, dimostra come l’immagine in movimento possa trasformarsi invece in un organismo mobile tra le pieghe di spazi oscuri come caverne platoniche, dentro le quali smarrire il senso della visione fissa frontale per aprire lo spazio a una visione altra, meno oggettivante e frutto di uno sguardo obliquo che instaura un libero gioco delle facoltà nel corpo e di conseguenza nella mente dello spettatore.
Il gioco di corpi in movimento tra gli schermi grandi quanto le pareti immense del Castello di Rivoli e gli schermi leggeri e trasparenti come membrane che ripetono le immagini e creano percorsi immersivi in cui vivere l’esperienza di un vero corpo a corpo con le immagini.
La liberazione del corpo dello spettatore diventa libertà di sguardo, instaura un rapporto paritario con l’immagine e ne permette un accesso più profondo da parte di un nostro senso minore: il tatto. Le immagini-schermo si possono infatti toccare, o almeno sfiorare, attraversandole. Non ultimo, il percorso costruito dall’artista insieme con le curatrici Carolyn Christov-Bakargiev e Marcella Beccaria offre un’accattivante e disorientante esperienza della simmetria.
LE OPERE
I tre film proiettati in serie (che totalizzano 38 minuti) scorrono in due sale allestite in modo quasi identico e alle quali si accede in senso circolare. Se anche l’entrata e l’uscita fossero state cortocircuitate, una magia escheriana si sarebbe compiuta.
Dal punto di vista contenutistico, le opere video esposte (Ravel Ravel, 2013; Take Over, 2017 e If and Only If, 2018) dialogano da lontano con l’estetica surrealista della combinazione di oggetti distanti tra loro. As you go è introdotta da tre rullanti appesi al soffitto che eseguono da soli ritmi fantasma, mentre i tre video mostrano il suono di una mano sola (nel concerto per una mano sola di Ravel), un pianoforte che suona senza esecutore come nelle sedute spiritiche e una lumaca che su un archetto di violino produce la sua musica. La tecnologia, in una mostra progettata da Sala usando la realtà virtuale, è tanto presente quanto più è invisibile. Così alle tecniche classiche del Surrealismo come il collage o l’assemblage, Sala aggiunge quella di una videoarte che non soltanto parla una delle possibili lingue dell’inconscio, ma che è capace di coinvolgere l’intero corpo del fruitore.
Come ha dichiarato l’artista al New York Times: “Il cinema vuole che tu dimentichi di trovarti dove sei”. Una questione di posizione, quindi. Per evitare ciò, instaurare una minima deriva psicogeografica tra le immagini può risultare utile; lo sguardo laterale, indotto in noi attraverso un uso alternativo del rapporto tra immagine in movimento e spazio della sua proiezione, porta allo scopo dichiarato dall’artista: “Ciò che mi interessa è il film che un visitatore ha nella propria testa dopo aver lasciato la mia mostra”.
‒ Nicola Davide Angerame
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