Astrazione vista mare. Helen Frankenthaler a Roma
Gagosian, Roma ‒ fino al 19 luglio 2019. Una mostra differente rispetto all’ antologica che verrà inaugurata a maggio a Venezia. Consente di esplorare la decade 1974-83, nella quale si assiste a importanti cambiamenti nella produzione della grande pittrice americana.
Il 2019 e l’Italia celebrano degnamente Helen Frankenthaler (New York City, 1928 – Darien, Connecticut, 2011), artista tra le più importanti del secolo scorso, con due mostre in parallelo, a Roma da Gagosian, e a Venezia a Palazzo Grimani in concomitanza con la Biennale.
La personale romana è un focus sulla decade 1974-1983, la mostra veneziana avrà invece un taglio antologico. Il tutto è affidato alla sapiente regia del critico e curatore John Elderfield, esperto della pittrice americana.
L’IMPORTANZA DELL’ACQUA
Il periodo di scena a Roma coincide con quello in cui Frankenthaler si trasferisce nel Connecticut, di fronte alle sempre anelate distese marine. Per lei contava l’acqua: da bambina – ricorda – era solita mettere dello smalto per unghie nel lavandino pieno d’acqua del bagno per stare ad ammirare forme e tonalità assunte dal colorante una volta disciolto nel liquido trasparente. Nel frangente in questione Frankenthaler ha voglia di cambiare, di votarsi alla produzione di “qualcosa di più complesso e, al tempo stesso, completo”. Il riferimento è, evidentemente, alla stagione greenberghiana ormai alle spalle e al dogma della flatness. L’opera-snodo – lo declama già il titolo – è Sea change, in cui irrompe l’idea dell’orizzonte marino, di una tridimensionalità ormai più che evocata. Il quadro impressiona: sembra di vedere un modernista novecentesco ricongiungersi con Turner e con i valori atmosferici della pittura veneta. Si respira un bisogno di autenticità, la voglia di liberarsi dalle strettoie di una militanza, il recupero di un’urgenza più originaria e personale. Dopotutto, il quadro della Frankenthaler che nel 1952 accese Morris Louis e Kenneth Noland, seminale per la nascita della Post-painterly abstraction, aveva un titolo paesaggistico: Mountains and sea.
COLORE E OPERE
Frankenthaler è l’artista della tecnica “soak stain”, delle pozze piatte di colore, dell’acrilico molto diluito, che ricorda l’acquerello. Nei quadri del periodo 1974-1983 (in mostra ce ne sono una dozzina, tutti molto buoni, per lo più di notevole formato) la sua produzione ha un sussulto che oseremmo definire michelangiolesco. Di fronte al mare i suoi lavori, fino ad allora in bilico tra la grazia dell’acquerello e il rigore del formalismo astratto, assumono connotati più epici e tridimensionali. L’acqua sembra diventata “il” soggetto, gli orli delle forme passano in secondo piano, la gestualità va verso esiti più stratificati, i contrasti tra campi di colore si fanno – insieme – più spinti e progressivi.
Sono dipinti che acuiscono le distanze con l’estetica Color Field, rispetto alla quale Frankenthaler può essere considerata più una suscitatrice che un’osservante ortodossa.
‒ Pericle Guaglianone
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