Personaggi ancestrali. Maliheh Afnan a Nuoro
Il MAN di Nuoro ospita la prima retrospettiva italiana ed europea dedicata a Maliheh Afnan, che ha fatto della passione per l’archeologia e l’arte orientale il fulcro della sua pratica.
Sono evocazioni di incontri, situazioni e frammenti di vita i “Personnages” dipinti da Maliheh Afnan, volti di individui che non hanno alcun riferimento a persone reali. Silhouette che testimoniano la complessità del paesaggio interiore dell’artista, un archivio disperso di sopravvissuti che emergono dalle ceneri della vita e della storia.
“I volti dipinti da Afnan sembrano essere composti da maschere cartografiche, segnate da transiti e migrazioni che lasciano ferite e segni. Non vogliono e non possono essere riconoscibili perché sono contemporaneamente geografie immaginarie e ritratti abbozzati, memorie di storie ancestrali che non appartengono unicamente alla sua biografia ma alludono alla condizione dello sradicamento e delle migrazioni”, ha affermato Luigi Fassi all’inaugurazione di Personnages, prima mostra personale di Maliheh Afnan in Italia e in Europa, da lui curata al MAN di Nuoro.
Maliheh Afnan è nata in Palestina da genitori persiani nel 1935 e in seguito alla fondazione di Israele nel 1949 la famiglia fu costretta a lasciare Haifa per trasferirsi a Beirut. Li si laurea all’Università Americana per trasferirsi prima a Washington, in seguito in Kuwait e poi a Parigi e a Londra, dove si è spenta alcuni anni fa, nel 2016. Nutriva un forte interesse per l’archeologia e l’arte orientale e non credeva nella separazione tra figurazione e astrazione, come scrive Rose Issa nel catalogo pubblicato in occasione della mostra.
LA MOSTRA E L’ARTISTA
Personnages raccoglie opere realizzate su tipologie di supporti diversi, dipinti, rilievi in gesso, disegni su carta in piccolo formato, miniature, combustioni. Non sono presentate in ordine cronologico ma tematico, tra istanze calligrafiche e cartografiche. Wartorn è il titolo dell’opera che mostra un paesaggio composto da sovrapposizioni di carte bruciate e contorte, un riferimento alla devastazione e alla guerra civile a Beirut, città in cui l’artista si è formata e a cui è sempre rimasta molto legata. Altre opere dal titolo Silent Witness, o Presumed missing sono indicazioni di situazioni traumatiche di cui è stata testimone.
Afnan ha condotto una vita appartata, lontana dalla mondanità e dall’art system, anche se le sue opere sono presenti nelle collezioni del British Museum, de l’Institut du Monde Arabe a Parigi e al Metropolitan Museum di New York. Un incontro significativo era stato quello con Mark Tobey negli Anni Settanta a Basilea. Il rispetto e l’amicizia che li legava era dovuta alla condivisione della passione per la cultura e la calligrafia orientale. Tobey si era convertito al bahaismo, la confessione religiosa dei genitori di Afnan, il suo bis-bisnonno era infatti il profeta baha’i Baha’u’llah. Era interessata all’archeologia, ai manoscritti antichi, alle miniature persiane, che ha acquistato, conservato e raccolto. What remains è l’opera composta da pergamene e manoscritti antichi appartenenti alla propria famiglia, che è riuscita a conservare nonostante le tante migrazioni.
La volontà di utilizzare simulacri linguistici e calligrafici è evidente nel dipinto Nochis, composto da sovrapposizioni di velature di colori terrosi, in cui è evidente la fascinazione per l’opera di Mark Rothko e Paul Klee. Tra sovrapposizioni materiche e graffiti è leggibile la parola Nochi, in ricordo della frazione di Tempio Pausania, Nuchis, da lei visitata nel suo viaggio in Sardegna negli Anni Ottanta.
IL MAN A NUORO
La mostra di Afnan testimonia la volontà di Fassi di proporre con la programmazione del MAN una diversa storia della cultura visiva del Mediterraneo, indagandone le specificità e le molteplici narrazioni, dove la Sardegna diventa il punto di partenza per osservare il futuro sviluppo dell’Europa, nella consapevolezza che migrazioni e transiti sono parte fondante della storia europea.
Significative sono anche le collaborazioni con la Sardegna Film Commission, che ha instituito residenze d’artista internazionali. Prima di inaugurare Sogno d’Oltremare, la sua mostra personale al Man lo scorso autunno, l’artista franco ivoriano François-Xavier Gbré aveva passato alcune settimane di residenza sull’isola grazie alla Film Commission. La residenza ha permesso a Gbré di avere una diversa conoscenza della storia isolana, di cercare insediamenti archeologici e memorie di epoca fascista, oltre a documentare come vengono sfruttate le risorse naturali del territorio regionale. L’installazione fotografica realizzata nel corso della residenza è stata recentemente donata dall’artista alla collezione del museo, e conferma la volontà del MAN di promuovere l’arte contemporanea e di lavorare in rete con altre istituzioni.
‒ Lorenza Pignatti
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