Rehang Maramotti: la collezione di Reggio Emilia cambia volto. Intervista a Sara Piccinini
Uno speciale progetto di riallestimento porta gli spazi della Collezione Maramotti a cambiare per la prima volta aspetto. Al posto della permanente, saranno esposti i progetti che hanno scandito dieci anni della storia della Collezione.
Sorge in un ampio spazio industriale – in precedenza stabilimento Max Mara – la Collezione Maramotti di Reggio Emilia, una delle raccolte italiane di maggior prestigio, che offre una panoramica ricchissima di opere (di autori soprattutto inglesi e statunitensi), dal dopoguerra ai giorni nostri. Attiva dalla fine del 2007, la collezione giunge ora a un punto di svolta: a partire dal 3 marzo, infatti, cambia completamente aspetto. Si chiama rehang Maramotti il grande piano di riallestimento che vede rimpiazzare la precedente conformazione con alcuni dei progetti presentati durante i dieci anni di quella che si può definire “attività museale”. Un’iniziativa che permette di ripercorrere la storia di una grande impresa artistica, godendo allo stesso tempo di una sua versione inedita. Abbiamo approfondito la questione con Sara Piccinini, senior coordinator della Collezione Maramotti.
Qual è stata la riflessione di partenza che vi ha spinto ad avviare questo grande riallestimento?
La Collezione Maramotti ha aperto al pubblico alla fine del 2007 e l’esposizione permanente, salvo piccoli cambiamenti, è sempre rimasta uguale. Questo Rehang manifesta il desiderio di presentare un parziale aggiornamento del percorso di visita, per valorizzare l’attività portata avanti nel corso di oltre undici anni, principalmente attraverso progetti commissionati direttamente ad artisti giovani e mid-career.
Qual è stato il criterio con cui avete selezionato le opere degli artisti inclusi nel progetto?
Abbiamo deciso di organizzare il nuovo allestimento delle sale come una serie di piccole mostre personali, riproponendo, interamente o in parte, una serie di progetti esposti in Collezione dal 2008 al 2017 di Enoc Perez, Gert & Uwe Tobias, Jacob Kassay, Krištof Kintera, Jules de Balincourt, Alessandro Pessoli, Evgeny Antufiev, Thomas Scheibitz, Chantal Joffe, Alessandra Ariatti. Penso che questo riallestimento riesca a illuminare la “continuità nella diversità” della crescita della Collezione.
La vasta Collezione Maramotti si inserisce in spazi altrettanto ampi: come avete studiato il nuovo allestimento? Ovvero, come avete deciso quali opere sarebbero rimaste negli spazi e quali sarebbero state sostituite?
Le ultime dieci sale del secondo piano hanno ospitato, dal 2007 a oggi, opere di artisti in prevalenza americani e britannici, dagli anni novanta ai primi anni duemila. Rappresentavano la parte più recente del percorso collezionistico di Achille Maramotti, il padre dell’attuale generazione di collezionisti. Concentrare il cambiamento in questi spazi è stata una scelta piuttosto semplice e lineare, offre una naturale prosecuzione al percorso di visita. Tutta la collezione permanente, 42 sale totali, è infatti allestita con un ordine cronologico (sia di realizzazione che di acquisizione delle opere), fin dalla prima sala che ospita i lavori più storici di fine anni ’40-anni ’50. C’è la volontà, da una parte, di preservare un nucleo storico consistente di opere, che rappresentano l’inizio e lo sviluppo, nel corso dei decenni, della passione della famiglia Maramotti per l’arte contemporanea; dall’altra parte, si è deciso di aggiornare questo percorso di visita con esempi più recenti del nostro work in progress.
C’è stato un dialogo tra più interlocutori?
Il dialogo informale tra più interlocutori è una costante del lavoro in Collezione. La famiglia Maramotti è molto attiva e naturalmente, da sempre, le scelte sulle direzioni da portare avanti sono dei collezionisti.
Ci saranno dei progetti collaterali collegati a questa iniziativa?
Sì, abbiamo pensato di accompagnarla con una mostra parallela, temporanea (3 marzo – 28 luglio 2019), dal titolo Rehang : Archives. Inizialmente l’avevamo immaginata come una piccola esposizione di materiali dalla nostra biblioteca, ma la ricchezza dei fondi su cui ci siamo trovati a lavorare ci ha spinti all’elaborazione di una mostra articolata su quattro sale del piano terra, che presenta un’ampia e variegata selezione di oggetti: documenti, lettere, libri, bozzetti, fotografie, video, opere… Ci siamo concentrati su dieci artisti presenti nella collezione permanente e dei quali possediamo un’interessante documentazione rispetto alle varie fasi del processo di creazione di opere o di interi progetti. Ci sono sia esempi più “storici”, come Claudio Parmiggiani, Enzo Cucchi o Vito Acconci, che “new entries” come Evgeny Antufiev o Krištof Kintera. Senza pretese di esaustività, questa mostra attiva le connessioni esistenti tra i vari archivi della Collezione (opere, libri, documenti) – vitali e in costante crescita – e tra questi e le opere esposte nella permanente.
Come si gestisce una collezione work in progress come quella Maramotti? Man mano che si procede con le collezioni il ripensamento dello spazio dev’essere continuo…
Il work in progress della Collezione Maramotti è stato, fin dal 2008, condiviso in larga parte con il pubblico. Sono stati infatti invitati oltre trenta artisti a realizzare nuovi progetti, che sono stati esposti in mostre temporanee e successivamente sono stati fonte di acquisizione, diventando parte del patrimonio; queste opere sono nel nostro archivio – anche se molte di loro, negli anni, hanno viaggiato tramite prestiti a istituzioni internazionali. Inoltre, sono state organizzate 6 mostre “open storage”, tematiche (ad. es. Il corpo figurato nel 2014 o Industriale immaginario nel 2015) con opere selezionate dal nostro archivio. Esponiamo anche le mostre connesse al Max Mara Art Prize for Women, in collaborazione con Whitechapel Gallery, che pure diventano parte della Collezione al termine del percorso biennale del premio. Abbiamo spazi dedicati, a piano terra, per tutto questo. Le sale dell’esposizione permanente, collocata al primo e secondo piano, non erano mai cambiate finora (fatta eccezione per una sola sala riallestita qualche anno fa per ospitare tre lavori di Margherita Manzelli). Questo Rehang di metà del secondo piano è una novità e segna la volontà di dare conto, in una forma e in un tempo più stabili, dell’attività portata avanti negli ultimi anni.
-Giulia Ronchi
Rehang
Dal 3 marzo 2019
Collezione Maramotti
Via Fratelli Cervi 66
42124 Reggio Emilia
tel. +39 0522 382484
collezionemaramotti.org
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