Apre a Milano la galleria Galera San Soda. Intervista al suo fondatore Stefano Branca di Romanico
Una realtà che predilige giovani artisti, che si annuncia in controtendenza rispetto alle regole di sistema. Ne abbiamo parlato con il suo fondatore
Galera San Soda è uno dei nuovi spazi dedicati alla cultura emersi quest’anno a Milano in concomitanza dell’Art Week. È l’ennesima riprova di un fermento del sistema artistico di questa città, pubblico quanto privato. Un sistema in cui, però, questa galleria si pone controcorrente. Innanzitutto, per il singolare nome che porta; poi per la sua linea curatoriale, per gli artisti selezionati, per un’avversione non raramente esplicita alle solite regole. Lo ha dimostrato con il suo primo appuntamento, TAKE ME TO YOUR LEADER, la prima mostra personale in Italia di Goswin Schwendinger, artista inglese residente a Londra. Le installazioni presentate contrastano il senso di omologazione, facendo sorgere nello spettatore l’urgenza di aggirare le convenzioni sociali, politiche ed economiche e le restrizioni verso una coscienza condivisa. Ce lo ha spiegato il fondatore della galleria, Stefano Branca di Romanico.
Quali sono le circostanze che ti hanno portato ad aprire questa galleria?
Dopo undici anni all’estero sono tornato a Milano nel 2016 per lavorare nel circuito delle grandi mostre. Ben presto ho capito che per produrre contenuti di valore dovevo uscire da un sistema che per sua natura predilige accontentare solo consumatori culturali di massa.
Ovvero?
Nonostante le recenti innovazioni negli ambiti museali italiani, ho pensato che l’unico modo effettivo per sperimentare nuove forme di esposizione di contenuti site specific, che rispecchiano la mia urgenza, fosse quello di aprire uno spazio indipendente dettato da una chiara linea curatoriale e una sana selezione di artisti prevalentemente emergenti.
Galera San Soda: perché un nome così particolare per chiamare una galleria?
La galleria prende il nome dalla parola italiana “galera” e deriva dalla storica “Garea” genovese o dalla “Galea” veneziana: una barca a remi comune nel Mar Mediterraneo usata anche dagli antichi greci. I vogatori deputati erano solitamente condannati a intraprendere questo compito, quindi prigionieri e marinai.
Quindi immagino che ci sia dietro una sorta di provocazione.
Uso un’allegoria del concetto di prigione a remi riferendomi alla realtà degli artisti, in cui si voga tutti verso la stessa direzione senza certezze alcune, che siano remunerative o continuative nel tempo.
Quali sono le tue esperienze precedenti a quella di gallerista?
Dopo una formazione in architettura a Londra e altre esperienze all’estero, ho fatto ritorno in Italia nel 2016. Mi sono unito in qualità di business developer a uno studio emergente di architettura, allestimento e curatela di mostre sperimentali: Armature Globale (noto per la mostra EU di Satoshi Fujiwara presso Osservatorio Prada). Dal 2018 ho deciso che volevo aprire uno spazio indipendente con una selezione di artisti e curatori che perseguissero una linea di pensiero affine alla mia e che mi interessasse genuinamente.
La sede della galleria sorge in un edificio di Piero Bottoni. Come hai trovato un luogo così peculiare?
Facendo una sorta di scouting in diversi edifici che riflettessero la visione moderna dell’eccellenza architettonica milanese, ho cominciato approcciando la Fondazione Portaluppi. Di lì a poco ho imparato ad andare oltre lo stile del genio ricercato – ma borghese in modo cruciale – imbattendomi nell’opera visionaria di Piero Bottoni. Come Portaluppi, era anch’egli un visionario puro, ma con una dinamicità fortemente urbanistica.
E com’è andata a finire?
Notando per caso una foto dell’“androne rosa” di Palazzo INA scattata dall’eccellente Delfino Sisto Legnani, inserito nell’ormai celebre libro edito da Taschen Entryways of Milan, ho capito all’istante che lo studio centrale con le tre vetrine doveva diventare la dimora della mia galleria. E il caso ha voluto che questo spazio fosse effettivamente in vendita.
Qual è l’obiettivo di Galera San Soda?
Dare spazio ad artisti emergenti che desiderano perseguire progetti site specific sviluppando liberamente un linguaggio spesso non accomunabile al contesto e alle formalità delle gallerie d’arte tradizionali.
Quali sono le caratteristiche che un artista deve avere per colpirti?
Gli artisti vengono selezionati attraverso un comitato scientifico specifico ad ogni mostra. Si valutano soprattutto le loro affinità con lo sviluppo di un linguaggio continuo e contestualizzato sia al sito architettonico che a quello urbano, con una sottostante sana consapevolezza di esser parte di un progetto simile a una galera, una nave a remi e una prigione in cui si rema tutti verso la stessa direzione senza nessuna certezza.
– Giulia Ronchi
Milano // fino all’1 maggio 2019
Goswin Schwendinger, TAKE ME TO YOUR LEADER
Corso Sempione 33
www.galerasansoda.com
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