Société Interludio. Lo spazio espositivo torinese in sinergia con gli artisti
In occasione della mostra “Vie di fuga”, abbiamo visitato lo spazio di Société Interludio e discusso con Stefania Margiacchi, giovane curatrice (già direttrice artistica di Spaziosiena) che insieme all’artista francese Paul de Flers con passione unisce l’esperienza di letterata a quello di gallerista.
Lo spazio espositivo “domestico” e l’atmosfera familiare rendono Société Interludio non solo un luogo accogliente per il visitatore, ma anche un punto di riconciliazione tra arte e organizzazione, gallerista e artista: il particolare percorso espositivo è sempre frutto di una collaborazione serrata, valorizzante e cordiale, che assottiglia la distanza tra i diversi “ruoli” dell’arte, miscelando spiriti e osservazioni arricchenti al fine comune dell’esposizione.
Vie di fuga è una collettiva che espone le opere di Andrea Barzaghi, Sebastiano Impellizzeri e Davide Mancini Zanchi: i tre artisti condividono il mezzo della pittura – tecnica che affinano con studio e raffinatezza, senza scorciatoie –, ma differiscono per intenti e finalità: se Mancini Zanchi ha deciso di esporre direttamente “dalle finestre” i suoi quadri, sfacciate e coraggiose mirabilia visibili dalla strada e dal cortile del piano di sotto, Impellizzeri cela, dietro a mappe di strade proibite – i battuage – la tridimensionalità dell’inappropriato e sfoggia il fascino del dissimulato con tratti morbidi e puri. Barzaghi, invece, propone una modalità di esposizione apparentemente tradizionale; ma, accordandosi alla sua prospettiva, le tele concedono la visione di un mondo dove il grottesco è caratteristica accettabile, lima e metro di misura culturale. Tre direzioni diverse; tre punti di fuga per prospettive differenti sulla pittura contemporanea.
Vicino alla formula di residenza d’artista – come all’ideale di mecenatismo –, lo spazio di piazza Vittorio Veneto sensibilizza lo sguardo esterno includendolo in una situazione di intima riflessione. Facilmente deducibile dalle parole di Stefania Margiacchi, il progetto persegue una naturale propensione alla cultura artistica più profonda:
“Fin dalla prima età adulta sapevo che avrei voluto fare la gallerista. Col passare degli anni ho imparato ad affinare il gusto e il pensiero e ho deciso con il mio compagno Paul de Flers di trasferirmi a Torino dove abbiamo trovato Société Interludio, un luogo completamente plasmabile alle nostre necessità, perfetto punto di partenza per questa nuova esperienza”.
ARMONIA E AFFINITÀ
La peculiare armonia di competenze e affinità – letteraria per Margiacchi e pittorica per de Flers – è la chiave di lettura che apre l’interpretazione del progetto, che consiste nella costruzione di un luogo multifunzionale ma focalizzato sull’obiettivo di beneficiare dello spazio fisico, intimo e meditativo.
“Se per me la modalità era quella di un progetto curatoriale, per Paul si trattava di un progetto artistico, mentre lo spazio seguiva le linee di un nuovo concept di galleria. Attraverso il triplo registro linguistico curatoriale, artistico e galleristico abbiamo iniziato a redigere la storia di un luogo intimo, aperto però a chiunque avesse la curiosità di conoscere. Ogni mostra, come “Vie di fuga”, nasce da una condivisione precedente fatta con gli artisti: lo spazio non è più solamente un contenitore ma è in forte relazione con una lunga conoscenza e convivenza dell’artista con esso. Ci interessa riportare l’attenzione sulla fruizione “lunga” – in contrapposizione alle mostre “flash” ‒ che favorisce la possibilità di un dialogo su un modo diverso di fare arte contemporanea. Ci interessa creare un dialogo, tessere intrecci diametrali tra i mondi e instaurare un nuovo modo di dialogare di arte”, afferma Margiacchi.
INCONTRI E PROSPETTIVE
Un’ultima considerazione. È difficile constatare un approccio così puro all’arte contemporanea; soprattutto per la giovane età – e soprattutto, pragmaticamente parlando, se si deve mantenere una galleria. Eppure questo luogo, complici le opere della mostra, emana una felice aura di limpidezza: una luminosità genuina che mai dimentica la grande storia dell’arte e della letteratura popolata da “personale” lungimirante. Un centro nevralgico di incontro di prospettive, sempre disponibile a sommare riscontri piuttosto che sottrarre possibilità di crescita.
“Consapevoli di avere un approccio forse apparentemente naif e “romanzato”, abbiamo sposato la causa dell’arte e della bellezza e per portarlo avanti necessitiamo di una modalità non nuova ma semplicemente diversa. Per questo prediligiamo la qualità alla quantità. Parlare di arte contemporanea per noi significa parlare di una scelta di vita, di quotidianità – spaziando dalle arti visive alla moda, dal cinema alla musica, dal sociale alla letteratura. Oltre e soprattutto all’opera che convive con noi per la durata della mostra, è fondamentale il dialogo quotidiano con l’artista: vogliamo spingere gli artisti a riflettere sul luogo e sullo spazio. La maggior parte dei lavori esposti sono pensati ad hoc per la mostra fino – in alcuni casi – a ridisegnare i confini della casa”, conclude Margiacchi.
‒ Federica Maria Giallombardo
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