Che cosa dicono gli spettatori. La residenza d’artista veneziana di Claudio Beorchia
Claudio Beorchia è stato il primo artista in residenza alle Gallerie dell’Accademia di Venezia e il suo progetto si fonda sulle reazioni del pubblico ai capolavori custoditi dalla sede lagunare. Tra stupore e divertimento.
Il 12 aprile si è conclusa la prima residenza d’artista delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti e We Are Here Venice, che ha dato vita ad Aurale. Claudio Beorchia (Vercelli, 1979), vincitore del bando, ha vestito per tre mesi i panni di guardasala delle Gallerie, ascoltando senza sosta il brusio di voci suscitato dai capolavori in mostra, tra turisti, studenti in gita, appassionati e studiosi di tutto il mondo. Queste parole effimere mai registrate, che sempre aleggiano tra le mura del museo, sono state cristallizzate da Beorchia in nuove audioguide realizzate con le voci dei dipendenti del museo e possono essere ascoltate fino al 12 maggio, concentrandosi su ventidue capolavori del museo. L’artista terrà una visite guidata performativa, reiterando l’azione svolta al vernissage, il 12 maggio.
Qui alcuni estratti da Aurale.
SALA II ‒ PALA DI SAN GIOBBE DEL BELLINI
La visita guidata condotta da Beorchia insieme al curatore Michele Tavola e ai dipendenti delle Gallerie Leila e Vittorio, le cui voci si ritrovano nelle audioguide, parte dalla sala delle pale d’altare. I brusii degli spettatori sembrano concentrarsi sulla Pala di San Giobbe del Bellini, apprezzando le qualità hollywoodiane della scena e in particolare di San Sebastiano.
“Uh che bell’uomo il San Sebastiano, che bella pelle, splendida, si vedono le vene, o sembra di vederle”.
“San Sebastiano è sempre il più figo di tutti”.
“È come nei film americani: in Bellini tutti devono essere bellissimi”.
SALA XX ‒ TELERI DELLA SCUOLA GRANDE DI SAN GIOVANNI EVANGELISTA
Gli otto grandi teleri che occupano la sala XX offrono una visione panoramica sulla Venezia di fine Quattrocento. Gli spettatori si soffermano su vestiti, colori, differenze fra la Venezia di ieri e di oggi, ironizzando sul glamour dei veneziani rinascimentali ritratti da Giovanni Mansueti.
“Mi sa che era la capitale della moda prima di Milano”.
“Sembra una sfilata, una gara di bellezza”.
SALA XX – MIRACOLO DELLA RELIQUIA DELLA CROCE AL PONTE DI RIALTO DEL CARPACCIO
La star della sala rimane comunque, inevitabilmente, il barboncino in gondola ritratto dal Carpaccio, che ci guarda enigmatico mentre sembra sparire tra le pieghe del tempo.
“Pure il cagnolino è in posa, gli faccio una foto e la mando alla mamma”.
“Wow c’è anche un leopardo: sembra puntare il barboncino fru fru nell’altro quadro”.
SALA XII – IL LEONE DI SAN MARCO DI CIMA DA CONEGLIANO
L’austero leone di San Marco ritratto nella grande tela di Cima da Conegliano è il simbolo di Venezia, e non può che sollevare misteri e interrogativi, guardandoci con tono austero e autorevole.
“Ma perché il leone ha le ali?”
“Non potrebbero mai funzionare, farlo volare”;
“e perché non lo ritraggono mai mentre vola?”
“Sembra che ci stia obbligando a leggere il libro”
“se non lo facciamo ci sbrana”.
“Ha lo sguardo del prof”.
SALA XXIV – PRESENTAZIONE DI MARIA AL TEMPIO DI TIZIANO
La sala XXIV occupa la Sala dell’Albergo della Scuola Grande della Carità, luogo rituale dove venivano conservati documenti e reliquie. Gran parte degli spettatori, soprattutto locali, ha ammirato i paesaggi familiari del veneto, con gli scorci sulle Dolomiti native di Tiziano.
“Quelle là dietro sono le Dolomiti bellunesi”.
“Si sente che ha l’energia, la forza dell’uomo di montagna”.
“È bello quando da Venezia si vedono le montagne”.
SALA XXIV – SCUOLA GRANDE DELLA CARITÀ
Mentre i liceali milanesi:
“Uè, beccatevi il soffitto raga!”
SALA 2 – L’ESALTAZIONE DELLA CROCE E SANT’ELENA DI GIAMBATTISTA TIEPOLO
Chiude la visita una sala nascosta, in cui il pubblico si ritrova solitamente cercando il bagno, imbattendosi di colpo in uno dei pezzi più d’impatto della collezione, cristallizzato negli appunti dell’artista come “Il Tiepolone”.
“U la laa!”
“Questa è la porta del paradiso!”
“È tipo un coriandolo gigantesco”,
“è un grande oblò”.
CLAUDIO BEORCHIA ‒ AURALE
Il lavoro di Beorchia si trova anche sintetizzato in una installazione al piano terra composta da alcuni video e fotografie che documentano il processo di lavoro a cui si accompagnano la prima audioguida originale, giustamente dorata, le trascrizioni di alcuni dei brusii registrati dall’artista, un’elaborazione grafica del percorso compiuto da Beorchia inseguendo le voci dei visitatori e la giacca da guardasala utilizzata.
Ognuna delle diverse audioguide riprende colori e pattern da dettagli dei capolavori in mostra, accuratamente selezionati dall’artista stesso.
La stampa traccia l’itinerario dell’artista tra le varie sale attraversate nel suo percorso, seguendo una linea ondivaga guidata dai brusii in ogni angolo.
‒ Pietro Consolandi
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