A Firenze la Collezione Roberto Casamonti apre al secondo Novecento
Il gallerista di fama internazionale rinnova la sua Collezione, un anno dopo l’inaugurazione. Le principali correnti del XX secolo vengono documentate da un’ottantina di opere; l’introduzione del percorso è affidata a ben otto protagonisti dell’Arte Povera: Boetti, Pistoletto, Merz, Pascali, Penone, Paolini, Kounellis e Calzolari.
“Questa volta è più difficile della precedente”, confessa Roberto Casamonti presentando Dagli anni ’60 agli inizi del XXI secolo. Da Boetti a Schifano. Da Mirò a Basquiat, secondo atto espositivo della Collezione che porta il suo nome, inaugurata a marzo 2018 nel piano nobile di Palazzo Bartolini Salimbeni, in Piazza Santa Trinita. Dopo gli importanti risultati in termini di pubblico registrati nel primo anno di apertura, la Collezione diretta dalla storica dell’arte Sonia Zampini torna accessibile al pubblico, con un rinnovato allestimento, a partire da domenica 26 maggio. Delle circa 187 opere di 138 artisti internazionali, raccolte dal noto gallerista nell’arco di quasi cinquant’anni, questa seconda selezione ne riunisce un’ottantina, scelte dal curatore Bruno Corà. Ancora una volta, a emergere sono “criteri qualitativi strettamente inerenti le mie passioni e le mie valutazioni”, sottolinea Casamonti, inserendo tra i parametri adottati anche “una certa attrazione magnetica esercitata su di me dall’opera di un determinato artista”. Nata con il desiderio di condividere il suo amore per l’arte con i fiorentini e con gli appassionati del settore, in arrivo in città da tutto il mondo, la Collezione si appresta ad aprire le porte ai protagonisti dell’Arte Povera, della Scuola di piazza del Popolo, della Pop Art, del Graffitismo, della Transavanguardia, del Nouveau Réalisme, di Fluxus; nello stesso tempo rivolge il proprio sguardo anche ad autori come Gilbert&George, Anish Kapoor, Marina Abramović e Bill Viola. Il risultato è un percorso intimo ed equilibrato, denso di memorie, relazioni e aneddoti personali, che include anche la poetica Mettere al mondo il mondo, del 1972/73 – “quasi quattro metri, bellissima, realizzata con una semplice penna biro”, precisa Casamonti – e la monumentale Tutto, del 1992/94, un ricamo su tessuto che sfiora i 6 metri di lunghezza. Entrambe sono di Alighiero Boetti, con il quale il collezionista ebbe un’intesa frequentazione.
TRA LE “MICRO-STORIE” DEL PERCORSO ESPOSITIVO
“Abbiamo usato più criteri, non solo quello cronologico”, racconta ad Artribune Bruno Corà, ripercorrendo l’iter che ha condotto verso la definizione del percorso espositivo di Dagli anni ’60 agli inizi del XXI secolo. “Abbiamo tenuto in considerazione l’appartenenza a determinati movimenti, le esperienze condivise, il contesto geografico di riferimento. Prendiamo, come esempio, questa sala: ci sono Richard Long, Gilbert&George, Anish Kapoor. Dunque siamo di fronte a una sorta di coabitazione ambientale, legata alla città di Londra. L’allestimento procede per piccoli dialoghi, per micro-storie, tenendo in considerazione anche sentieri che si sono interrotti, come quello della Scuola di piazza del Popolo. Abbiamo deciso di non ignorare quanto proveniva dalle indicazioni fornite dagli stessi artisti, senza sovrapporre cifre o criteri critici astratti.” Sulla specificità della collezione si è voluto soffermare anche il curatore, aggiungendo che, in questo caso, “il collezionista emerge con la sua determinazione, la sua volontà, il suo gusto. Non si tratta di una collezione ineccepibile sul piano scientifico; piuttosto è indiscutibile sul piano affettivo. Ed è aperta a tutti, è condivisa con tutti. Chiunque può entrare, conoscere uno spaccato ampio di quanto avvenuto dagli anni Sessanta in poi, non solo in Italia, finendo per scoprire artisti che si vedono poco. Penso a Mambor o Lombardo, testimoni anche loro, insieme a Schifano e agli altri, della Roma degli anni Sessanta. Abbiamo scelto di esporre anche un bellissimo esemplare di quadro trapunto di Tacchi, scomparso qualche anno fa.” E per il 2020? Seppur senza sbilanciarsi, Casamonti lascia già intravedere la possibilità di coinvolgere artisti quarantenni…
– Valentina Silvestrini
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