Biennale di Venezia. Le 10 migliori opere alle Corderie dell’Arsenale
A poche ore dall’inaugurazione ufficiale della 58. Biennale d’Arte di Venezia, un focus sulle migliori opere esposte alle Corderie nell’ambito della mostra internazionale curata da Ralph Rugoff. Scegliendo di schierare gli stessi artisti all’Arsenale (Proposta A) e nel Padiglione Centrale dei Giardini (Proposta B).
SOHAM GUPTA – ANGST
Atmosfere notturne e vicende umane caratterizzate da una forte componente drammatica animano i venti scatti di Soham Gupta allestiti all’inizio delle Corderie. Realizzata a Calcutta, la serie è il frutto di un dialogo intimo e profondo tra il fotografo e i suoi soggetti ‒ vittime di molestie sessuali, abbandoni e violenza ‒, senza tuttavia cedere alle lusinghe dell’emotività a tutti i costi. Immortalati per le vie della città, sullo sfondo di un buio quasi tangibile, volti e corpi sembrano evocare una storia universale, fatta di sofferenza e perdita. Da non perdere, ovviamente, anche la serie ai Giardini.
ED ATKINS – OLD FOOD
Ed Atkins non smentisce il suo talento nel restituire universi distopici, ricalcati sui profili della realtà che tutti conosciamo. Anche Old Food, la complessa installazione che cattura e poi avviluppa lo sguardo fin dalle prime battute del percorso espositivo alle Corderie, si inscrive in questo solco, evocando rovine, paesaggi sospesi, atmosfere medioevali, abiti di scena allineati e vuoti, personaggi in lacrime e cibi immangiabili. Il risultato è un mondo tutt’altro che fantastico, capace di instillare un retrogusto di inquietudine per via della sua assoluta verosimiglianza alla realtà e di un presa emotiva senza margine di scampo.
KAHLIL JOSEPH – BLKNWS
L’ancoraggio al presente è ancora più netto nel flusso di immagini che detta il ritmo di BLKNWS, l’installazione video di Kahlil Joseph vista anche alla Biennale dell’Immagine in Movimento di Ginevra. Il rimando alla blackness emerge da un vero e proprio streaming visivo nel quale fluiscono immagini tratte da internet, dalle piattaforme social, da servizi televisivi e ritagli di giornale, sapientemente mixate dall’artista a comporre uno storytelling impietoso e ironico, proposto su due schermi accostati. Una intelligente riflessione sui confini sempre più labili tra news, finzione e dato reale.
HITO STEYERL – THIS IS THE FUTURE
Dal presente al futuro il passo è breve, specie se a fare da bussola sono le potenzialità dell’Intelligenza Artificiale. L’installazione di Hito Steyerl usa l’AI come chiave di lettura del domani, racchiudendo in un ambiente sospeso nel tempo un giardino fatto di impulsi luminosi e fiori digitali. Presenze botaniche scevre di qualsiasi tangibilità, che emergono da un percorso di passerelle simili a quelle usate a Venezia nelle giornate di acqua alta. Ed è proprio un’immagine da cartolina di Venezia a sfaldarsi e a mutare pelle nel video che traghetta occhi e passi verso il giardino artificiale.
NEÏL BELOUFA – GLOBAL AGREEMENT
Gioca con i sistemi di comunicazione più attuali e con la fisicità dello spettatore l’opera realizzata da Neïl Beloufa riunendo una serie di interviste via Skype a soldati di diversi Paesi. Selezionati attraverso i social media, i soggetti intervistati raccontano se stessi a un solo osservatore per volta, costretto a sedersi su una struttura volutamente scomoda, che limita i movimenti e garantisce la visione dello schermo soltanto da una determinata angolazione. Le postazioni, tuttavia, sono accostate l’una all’altra, generando vicinanza tra gli utenti ma anche una astuta impossibilità di condividere un’esperienza visiva esclusivamente individuale.
TEREK ATOUI ‒ THE GROUND
Le molteplici potenzialità del suono sono al centro della ricerca di Terek Atoui, che in questa occasione presenta l’esito di un viaggio di cinque anni in Cina, lungo il delta del Fiume delle Perle. Dalle riflessioni annotate durante quell’esperienza derivano gli strumenti musicali costruiti ad hoc da esperti artigiani, che testimoniano l’attitudine del suono a trasformarsi in performance, a evocare sensazione tattili e a riattivare memorie emotive.
ZANELE MUHOLI – SOMNYAMA NGONYAMA, HAIL THE DARK LIONESS
Attivista, prima che artista, Zanele Muholi punteggia l’itinerario espositivo con i suoi scatti in bianco e nero di straordinario impatto visivo. Impegnata a combattere gli stereotipi e l’invisibilità imposti alla comunità LGBTI sudafricana e non solo, Muholi ritrae se stessa, puntando l’attenzione su una fisicità che non può e non deve essere ignorata e che si lega a filo doppio al tema identitario e a un atto, quello del guardare, frequentemente imbevuto di pregiudizi. Riportando lo sguardo sul corpo, Muholi non lascia tregua allo sguardo, inducendo a prendere posizione e a non sottrarsi alle logiche della responsabilità.
MICHAEL ARMITAGE
Politica e problematiche sociali sono il terreno di indagine da cui prende le mosse la pittura di Michael Armitage, che attinge dall’immaginario stereotipato sull’Africa per descrivere, ad esempio, la quotidianità di Nairobi. Attualità e rimandi alla dimensione mitologica e rituale si combinano nelle opere dell’artista keniota – il quale include fra i supporti anche elementi organici di tradizione africana come la corteccia di Lubugo ‒, dando vita a lavori pittorici volutamente stridenti, che invitano a una riflessione più attenta.
RYOJI IKEDA – DATA-VERSE
La pervasività dei dati occupa un ruolo chiave nella poetica di Ryoji Ikeda, presente in Arsenale con una poderosa proiezione video che mescola dati scientifici, modelli matematici e suono, assegnando un certo grado di concretezza alla immaterialità del dato stesso. Inscindibili nella pratica di Ikeda, musica e matematica sembrano non esistere l’una senza l’altra, ma essere unite da un registro di complementarietà.
JIMMIE DURHAM
Vincitore del Leone d’Oro alla carriera, Jimmie Durham chiude il lungo percorso delle Corderie con una serie di installazioni legate alla dialettica uomo-animale. Accostando oggetti di riuso, mobili e materiali di derivazione industriale, l’artista ricrea le sagome di mammiferi di grandi dimensioni, molti dei quali a rischio di estinzione, conferendo una veste tangibile alla minaccia esercitata dall’uomo nei confronti della natura e del regno animale in particolare.
‒ Arianna Testino
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