Giovani galleristi e storici palazzi
Una tendenza avviata da storici galleristi come Franco Noero e Massimo De Carlo. Ora però l’abbandono dei white cube in favore dei palazzi storici inizia ad affascinare anche giovani e giovanissimi galleristi. Con Milano che, come al solito, fa da apripista.
Arrivando, scende veloce la lunga ombra di edificio che sembra un’ombra. Un’invenzione della luce e del marmo. Piero Portaluppi in piazza San Sepolcro a Milano reinventa la torre, tristemente per il fascio. Un “oggetto” che rimane un indiscutibile esempio di grande architettura italiana. E questo vale la passeggiata.
Sulla piazza silenziosa si apre un portone elegante che apre a sua volta su una grande scalinata classica ottocentesca, dal sinuoso corrimano rosso e dal tappeto scalinata verde milano. Si entra così nella galleria di Tommaso Calabro, aperta da poco più o poco meno di un anno. E già sintonizzata con qualità e relazioni. Tommaso ha meno di trent’anni. Dopo gli studi in Bocconi, dove è tornato come prof, e al King’s College, ha diretto la galleria Nahmad Projects a Londra. E poi ha deciso di aprire una galleria a Milano, al piano nobile di un palazzo e imponendo uno stile e un’attitudine internazionali. Per gli spazi, la gestione, le mostre. In bilico tra grandi maestri, e pezzi storici, con sempre curiose invenzioni, e sperimentazioni nelle stanze sul retro, dove riserva un’ulteriore stanza segreta affrescata. Jean Dubuffet e quel disco di Beniamino dal Fabbro per la Galleria del Cavallino del 1962 era deliziosa.
FEDERICO VAVASSORI
Così – stessa età e modi diversi, ma altrettante freschezza e determinazione – per Federico Vavassori, che ha aperto la sua galleria, anche lui al primo piano di un palazzo storico a lato di piazza Cordusio. Atmosfera informale, e più underground, con il frigorifero in ingresso sullo stanzino ufficio, confuso e divertito. Soffitti bassi e tre stanze che si rincorrono con grandi finestre luminosissime, dove Federico ama conversare e fumare amabilmente con gli ospiti. La proposta è sempre internazionale, fresca, indie, molto ben connessa con artisti che rimarranno. Lui che ha lavorato moltissimo, da subito, con Lisa Ponti, fino a diventarne forse il più grande estimatore e collezionista. Mancata da pochi giorni, lei aveva trovato una sintonia speciale con Federico, che probabilmente ne farà l’archivio o il fondo.
Sono due storie di una nuova generazione milanese, italiana. Giovanissimi galleristi con progettualità chiara e nessuna retorica provinciale. Ambizioni ben riposte. Di una Milano sempre più capitale, grazie anche alla volontà di recuperare un’identità di spazi speciali e unici, e non di vuoti white cube, come per l’incredibile, che dire, luogo nuovo di Massimo De Carlo.
– Cristiano Seganfreddo
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #49
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