In memoria di un naufragio. A Venezia il barcone-monumento di Christoph Büchel

L’artista Christoph Büchel ha trasportato in Biennale il barcone carico di migranti, affondato nel 2015 tra le acque del Canale di Sicilia e trasformato in opera d’arte pubblica. Lungo e complesso l’iter burocratico che ha portato al compimento del progetto. Anche grazie all’impegno del compianto Assessore ai Beni Culturali Sebastiano Tusa, scomparso nel recente incidente aereo in Kenya.

Nel 2015, per  la Biennale di Venezia diretta da Okwui Enwezor, aveva allestito il Padiglione Islanda all’interno della chiesa gotico-bizantina di Santa Maria della Misericordia: qui Christoph Büchel, provocatorio artista di origini svizzere, ricostruì nel dettaglio una moschea. In anni di altissima tensione legata all’ombra del terrorismo islamista, nel pieno di un dibattito intorno alla costruzione di un luogo di culto per la comunità islamica veneziana, l’opera di Büchel scatenò reazioni fortissime. E si trasformò in reale spazio di preghiera. Il Comune dovette chiedere la sospensione delle attività, non avendo concesso alcuna autorizzazione a svolgervi funzioni liturgiche. Un’opera-detonatore, che stimolò l’emersione di conflitti, istanze e sensibilità collettive.

LA PIÙ GRANDE STRAGE DEL MEDITERRANEO

Quest’anno Büchel è tornato a far parlare di sé, con un nuovo e ancor più complesso progetto d’arte pubblica, installato sotto il cielo di Venezia, in zona Arsenale, nella cornice della mostra di Ralph Rugoff, curatore della 58° Esposizione Internazionale d’arte, May You Live In Interesting Times. “Barca Nostra”, realizzato in collaborazione con l’Assessorato regionale dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, il Comune di Augusta e il Comitato ‘18 Aprile 2015’, ha tramutato un enorme relitto dell’orrore in monumentale installazione temporanea, prelevandolo dal pontile della Marina Militare di Melilli (Siracusa) dov’era custodito.
Si tratta del barcone affondato il 18 aprile del 2015 nel Canale di Sicilia, in acque internazionali, a 96 km dalla costa libica e a 193 km a sud dell’isola di Lampedusa. Fu il naufragio più imponente tra quelli registrati nel Mediterraneo in questi anni di disperate migrazioni, di tensioni geopolitiche, di cinica propaganda, di irresponsabilità condivise e di recrudescenze xenofobe. Solo 28 i sopravvissuti, clamoroso il numero dei dispersi, stimato tra 700 e 1000.
Un centinaio i corpi recuperati in mare: tra questi il ragazzino del Mali con la pagella cucita nella tasca della giacca, la cui storia venne fuori grazie al racconto del medico legale dell’Università di Milano Cristina Cattaneo, commuovendo l’Italia intera. Il peschereccio fu ripescato dai fondali solo nel 2017, sotto il governo Renzi, con una complessa operazione costata 9,5 milioni di euro. All’interno i resti di circa 300 cadaveri, affidati all’equipe della Cattaneo, in collaborazione con gli atenei di Catania, Messina e Palermo, e dei medici della polizia di Stato. Per loro l’autopsia, l’identificazione e la premura di una civile e umana sepoltura nei cimiteri siciliani.

Christoph Büchel, Barca Nostra, Venezia, 2019. The migrant shipwreck of 18 April 2015 stored after its recovery in the Pontile Marina Militare di Melilli (NATO) near Augusta, Sicily. Photo © BARCA NOSTRA

Christoph Büchel, Barca Nostra, Venezia, 2019. The migrant shipwreck of 18 April 2015 stored after its recovery in the Pontile Marina Militare di Melilli (NATO) near Augusta, Sicily. Photo © BARCA NOSTRA

MONUMENTO E READY MADE

Oggi quel barcone incombe sulle affollate banchine dell’Arsenale. Una presenza disturbante, l’imposizione di una verità e la riapertura di una ferita, immensa quanto il dramma che ha fatto del Mediterraneo un invisibile cimitero. L’opera è un maestoso ready made, una pagina di cronaca – con tutta il suo peso specifico – sottratta a un limbo di burocrazia e tramutata in monumento, a favore di sguardi, di memoria, di riflessioni generate in seno allo spazio urbano. Opera cesura, approccio radicale, da cui scaturiscono interrogativi sul piano etico ed estetico. Nessuna mediazione, decorazione, didascalia, rielaborazione simbolica. Nessuna estetizzazione o narrazione possibile. Solo il gesto dell’artista, che sceglie di stare dalla parte dell’impegno civile e di rimettere in scena il reale, un suo frammento, una sua dolorosa piega.
Ed è un modo – in tempi di continua elaborazione del tema “migranti” da parte di artisti e creativi, spesso con esisti retorici, inautentici, deboli o forzati – per affrontare con rispetto ciò che difficilmente può essere contenuto, riscritto, consegnato a una forma nuova. Un “cavallo di Troia all’inverso”, nella battaglia delle strategie politiche contemporanee. Così ha voluto definirlo Büchel. Un bastimento carico di schiavi, stipati come bestiame, strumento di altri poteri e oggetto di molteplici perversioni. Sprofondata e poi tornata a galla, la vuota carcassa è oggi metafora di tutte le migrazioni, di tutte le derive, di tutte le fughe difficili in cui è la democrazia a inabissarsi, insieme ai principi di uguaglianza e di solidarietà.

Christoph Büchel, Barca Nostra, Venezia, 2019. Ph. Irene Fanizza

Christoph Büchel, Barca Nostra, Venezia, 2019. Ph. Irene Fanizza

LA BATTAGLIA BUROCRATICA E IL RICORDO DI SEBASTIANO TUSA

La barca era custodita dal ministero della Difesa attraverso la Marina Militare di Augusta, sul pontile della baso Nato”, ci racconta la curatrice, Mariachiara Di Trapani: “ma sembrava impossibile capire se appartenesse alle Dogane, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ai Beni Culturali…”. Fondamentale fu l’intermediazione avviata dal compianto Assessore ai Beni Culturali della Sicilia, l’archeologo ed ex soprintendente del Mare Sebastiano Tusa, tra i passeggeri del maledetto Boeing 737, precipitato in Etiopia lo scorso 10 marzo. Con la sua sensibilità umana, e sulla scorta di un’immensa cultura in fatto di patrimonio subacqueo e di storia del Mediterraneo, aveva compreso lo spirito del progetto e ne aveva sposato la causa.
ll Prof. Tusa ha avuto la premura, prima della sua partenza per Nairobi, di informare il suo gabinetto”, aggiunge Di Trapani, “condividendo tutte le informazioni su ‘Barca Nostra’, così che si potesse inviare la lettera di sostegno per il MinisteroHa avuto l’attenzione di comunicarlo per e-mail e telefonicamente poche ore prima di salire su quell’infausto volo. Per me che ho curato il progetto e condotto la battaglia burocratica, l’Assessorato dei Beni Culturali è diventato un riferimento importante, un interlocutore prezioso e disponibile nelle diverse fasi tecnico-amministrative. E un particolare ringraziamento sento di doverlo rivolgere al Direttore Sergio Alessandro e al dott. Angileri”.

Proprio il Direttore Generale Sergio Alessandro, che con l’Assessore lavorava fianco a fianco, ci consegna una testimonianza, dalla parte di chi ha contribuito al buon esito dell’operazione. “È stato un dovere morale occuparmene”, ci dice. “Fu uno dei progetti che Sebastiano Tusa aveva già apprezzato e di cui avremmo dovuto discutere ancora al ritorno da quel tragico viaggio. Dopo la sua scomparsa fui raggiunto telefonicamente dalla curatrice, molto provata per le difficoltà burocratiche. La rassicurai dicendole che avrei fatto tutto il possibile proprio per onorare il nostro Assessore. Si stupì dell’attenzione che riservai alla vicenda, ma fu per me naturale: ho cercato di agevolarne i passaggi nel ricordo di Sebastiano e in ossequio degli impegni presi”.
E in fatto di barconi, migranti e arte contemporanea, Alessandro aveva già un’esperienza pregressa: ”Anni fa, quando ero direttore del Museo Riso, in occasione della mostra di Hans Schabus prelevammo dei resti di barche degli scafisti, arenati a Lampedusa. Seguii in prima persona la missione, relazionandomi con la locale capitaneria di porto, che li custodiva come rifiuti speciali e che per liberarli necessitava dell’autorizzazione del Prefetto. Sono iter complessi. Ricordo che in quel caso l’artista cambiò il progetto in corsa: scelse di non esporre le sue opere e di lasciarle dentro le casse, usate come elementi dell’allestimento, nel rispetto della sacralità di quanto rinvenuto in quei luoghi. Trovammo un timone, scarpe di bambini, fasciame, quaderni scritti in arabo, copertine isotermiche…”.

Christoph Büchel, Barca Nostra, Venezia, 2019. The migrant shipwreck of 18 April 2015 being transported from the Pontile Marina Militare di Melilli (NATO) to the Arsenale in Venice, Italy. Photo © BARCA NOSTRA

Christoph Büchel, Barca Nostra, Venezia, 2019. The migrant shipwreck of 18 April 2015 being transported from the Pontile
Marina Militare di Melilli (NATO) to the Arsenale in Venice, Italy. Photo © BARCA NOSTRA

UN GIARDINO DELLA MEMORIA. IL RITORNO IN SICILIA

Nel caso dell’opera di Büchel, aggiunge il Direttore, “ho cercato di mettere in dialogo i vari soggetti istituzionali: il Ministero della Difesa e la Biennale avevano bisogno di rassicurazioni. Serviva ad esempio un soggetto terzo che prendesse in carico il relitto, una volta trasformato in opera d’arte. Qualcuno a cui riconsegnarlo dopo Venezia. Quel qualcuno è il Comune di Augusta, dove la barca tornerà, con un’identità e una funziona nuova”.
Un protocollo d’intesa ha stabilito il destino del barcone, oggi non più “rifiuto speciale” sotto sequestro, ma opera d’arte con un valore simbolico, economico, culturale, riconducibile a un autore e al centro di una serie di questioni prammatiche: conservazione, valorizzazione, collocazione, diritti di proprietà e doveri di tutela. “Barca Nostra” sarà riposizionata in un giardino intitolato al ricordo delle vittime e al rispetto di tutti gli uomini in fuga. La Sicilia avrà un suo monumento, arrivato dal fondo del mare a raccontare una tragedia che ancora brucia, che ancora chiede ragione.
Onorare la generosa onestà intellettuale e la professionalità del Prof. Tusa è stato uno dei moniti per andare avanti quando nessun Ministero ci dava risposte”, conclude la curatrice. “Barca Nostra è dedicata a lui, con l’augurio che possa essergli dedicato anche il Giardino della Memoria di Augusta, quando verrà realizzato”. Un pensiero importante. Che si unisce a quello per le migliaia di vittime di cui qualcuno avrebbe dovuto avere cura: la politica, i soccorsi, l’Europa, la società stessa, oggi svilita da intolleranze, indifferenza e retoriche oscure. Occuparsi di quel relitto, consegnato al pubblico e alla storia, è una maniera per custodire il ricordo e per restituire ascolto, attenzione.

– Helga Marsala

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, editorialista culturale e curatrice. Ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a lungo,…

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