Le prime immagini della 58. Biennale Arte di Venezia a cura di Ralph Rugoff
Le prime immagini della mostra curata da Ralph Rugoff, May You Live in Interesting Times nelle sue proposte A e B, aspettando l'opening ufficiale dall'8 al 10 maggio 2019.
Una sola mostra, due approcci differenti, un dialogo tra Giardini e Arsenale che passa attraverso le opere degli artisti – 79 per la precisione e tutti vivi, molti classe 1980- che si presentano con il proprio lavoro in entrambe le sedi. Con le opportune differenze. Sicuramente una mostra, May You Live in Interesting Times, che risulta più spettacolare alle Corderie che ai Giardini: gli interventi più “pirotecnici” infatti – fatta eccezione per la scavatrice che raccoglie laghi di sangue di Sun Yuan e Peng Yu, del solo show di Dahn Vo e del fotografatissimo cancello semovente di Shilpa Gupta – sono dall’altra parte. Tuttavia la visione di insieme c’è tutta e dà l’opportunità al visitatore di scoprire e di approfondire anche meglio il lavoro degli artisti. Qualche esempio? All’Arsenale c’è la mega installazione casa delle bambole di Kaari Upson, ai Giardini si scopre che il disegno è la punta di diamante del suo lavoro; alle Corderie ci si ferma rapiti dall’apparato espositivo progettato da Ed Atkins – una vera e propria immersione nel mondo delle emozioni in epoca digitale -, ai Giardini la sua serie quasi a fumetti Bloom è disseminata per tutto lo spazio espositivo.
LA SCELTA CURATORIALE
Anche in questo le due sedi (il famoso “formato scisso” nella Proposta A e B) si distinguono, nella scelta del curatore di mescolare le carte ai Giardini, lasciando invece altrove più spazio e quindi allo sviluppo di progetti più ariosi (si pensi ad esempio al bel display di Haris Epaminonda, alla installazione poetica e intima di Shilpa Gupta, al pazzesco lavoro di Jon Rafman che vede come protagonista la bella Xanax Girl (Dream Journal). Ci sono artisti come Rafman, che ai Giardini peraltro si presenta con un altro capolavoro esistenziale, che vincono realmente in entrambe le location: su tutte la bravissima Hito Steyerl che si presenta con due mega installazioni estremamente connesse alla città di Venezia, nelle quali si interroga sulla AI e sull’influenza che avrà sul nostro futuro, anche quello dell’arte e pone molti altri interrogativi sul piatto. Tutti da scoprire. Molto bene anche Zhanna Kadyrova, con i suoi “mercati” calcificati, Kahlil Joseph, con il magnifico lavoro BLKNWS, che remixa pezzi di TG, filmati tratti da YouTube, materiali tratti dai social media in una disamina su che cosa significa “fare notizia” oggi ed una connessione molto profonda alla Black Culture. Bene anche Lara Favaretto, con le sue Talking Heads, che accoglie i visitatori del Padiglione Centrale con una nuvola di vapore, con un accordo implicito e tacito con la collega Laure Prouvost, che fa lo stesso nel suo Padiglione Francia.
I TEMI
Tante le opere che adottano nuove tecnologie, processi partecipativi e attivano l’intervento del visitatore. Tanti i temi caldi in questa biennale: il corpo femminile (Martine Gutierrez), le tematiche legate a “etnia, genere, sessualità”, come spiega lo stesso Rugoff nel suo saggio di accompagnamento, ma anche questioni ecologiste (Jimmie Durham), in una mostra però che più che politica sembra essere l’analisi di un processo, una “transazione collaborativa” in cui lo spettatore ha un ruolo centrale, per rubare nuovamente le parole al curatore. O per dirla con il Presidente della Biennale, Paolo Baratta: “il titolo della mostra può essere letto come un invito a vedere e considerare sempre il corso degli eventi umani nella loro complessità, un invito che pertanto ci appare particolarmente importante in tempi nei quali prevale troppo spesso un eccesso di semplificazione, generato da conformismo o da paura. E io credo che una mostra d’arte valga la pena di esistere in primo luogo se intende condurci davanti all’arte e agli artisti come una decisiva sfida a tutte le inclinazioni della sovrasemplificazione”.
–Santa Nastro
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