Amore rivoluzionario. Anna Maria Maiolino a Milano
PAC, Milano – fino al 1° settembre 2019. Il Padiglione d'Arte Contemporanea ospita la prima e completa antologica – curata da Diego Sileo – dedicata al percorso eclettico e rivoluzionario di Anna Maria Maiolino.
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Anna Maria Maiolino (Scalea, 1942) approda al PAC, per la prima volta in un’istituzione pubblica italiana, e lo fa in grande stile: oltre 400 opere, tra disegni, dipinti, sculture, fotografie, video e installazioni, compongono O AMOR SE FAZ REVOLUCIONÁRIO, la più ampia retrospettiva dell’artista mai realizzata fino a ora.
L’itinerario espositivo parte dalle ultime opere (tra cui anche le grandi pitture degli Anni Novanta, mai esposte prima) per percorrere a ritroso l’intera carriera fino alle origini, con i suoi primi disegni giovanili.
“Ho detto che la mia opera si realizza e si rialimenta in movimenti spiroidali che toccano sempre gli stessi punti di interesse, come il finito e l’infinito, la parte e il tutto, il dentro e il fuori, la relatività dello spazio, la sensualità del corpo, il ludico, l’ironia, la questione politica”, dichiara Maiolino nell’intervista con il curatore Diego Sileo riportata in catalogo, e lo fa dando origine a un inconfondibile vocabolario visivo, essenziale, penetrante e indubbiamente riconoscibile. Un suo alfabeto, energico e primordiale, che si esprime, oltre che tridimensionalmente attraverso le forme scultoree e dentro alla superficie dei quadri grazie alla linea, alla sgocciolatura o ai tagli, anche con video, installazioni e performance.
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Anna Maria Maiolino. O amor se faz revolucionário. Installation view at PAC, Milano 2019. Photo Nico Covre, Vulcano (46)
LE OPERE E L’ITINERARIO
La mostra inizia proprio con un’installazione in argilla cruda, materiale iconico per Maiolino: “Il mio primo incontro con l’argilla nel 1989 provocò in me una tempesta”, affermò.
Durante gli anni della dittatura militare vigente in Brasile (1964 -1984), la sfera personale dell’artista e quella pubblica si condensano in una stessa dimensione, coltivando un rapporto esperienziale tra spettatore e opera. È dalla fine degli Anni Sessanta che il linguaggio e il corpo diventano terreno di interesse per Maiolino, che da allora affiancò alle opere in carta e scultura anche le sperimentazioni video in Super 8 e le fotografie, presentate al secondo piano.
Traendo ispirazione dall’immaginario quotidiano femminile (“Ho scelto di essere artista / essere madre / costantemente bilancio la fantasia con la realtà”, scrive l’artista), l’oppressione di genere entra a far parte delle tematiche affrontate in quegli anni. Tra le varie opere a riguardo, è esposto uno dei suoi film più dibattuti, In-Out Antropofagia (1973).
L’artista scelse quelle modalità espressive che le permettessero una forma di resistenza alla censura del regime: “Nel frattempo, credo che noi artisti – di qualsiasi settore – abbiamo il dovere di far fronte e resistere ai nuovi avvenimenti con le nostre produzioni”. Superare i supporti tradizionali e sperimentare l’impiego di differenti canali per Maiolino equivalse ad assumere una posizione politica, etica e sociale. Fatto particolarmente evidente in O Heròi (1966), in É o que sobra e X, 1974 (in cui l’artista è ripresa nell’atto di tagliarsi rispettivamente lingua e occhio), o nel noto Monumento à fome (1978).
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Anna Maria Maiolino. O amor se faz revolucionário. Installation view at PAC, Milano 2019. Photo Nico Covre, Vulcano (51)
POLITICA E RIVOLUZIONE
Non mancano in mostra anche alcuni dei suoi lavori più iconici come Por um fio (1976) ed Entrevidas (1981), un’azione in cui l’artista posizionò a terra, per strada, diverse dozzine di uova: camminare tra esse implicava correre il rischio di schiacciarne una a ogni passo, in un momento di equilibrio precario che il Paese stava attraversando. Come lei dichiarò: “Fortunatamente per mezzo dell’arte possiamo sovvertire repressioni e conflitti. Sovvertire nel senso di porre rimedio alle repressioni cercando di realizzare un’arte anticonformista e di intervento politico, e perciò rivoluzionaria, che renda possibile recuperare ciò che il nostro spirito ha di fondamentale: la dignità.
La mia paura più grande è che io finisca per rassegnarmi accettando così l’effetto polverizzante della coscienza operato dai poteri costituiti. (…) Non vorrei che i miei figli si trovassero a vivere in un mondo di violenze e voglio credere che si siano sentiti amati e che possano pronunciare un’altra frase della Segre: ‘Ho resistito perché sono stato amato’”. Se deve essere amore, che sia rivoluzionario.
‒ Eleonora Milner
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