Dal muro alla pala d’altare. Nico Löpez Bruchi a Volterra

Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra ‒ fino al 25 maggio 2019. Intreccia i fili di intimismo e socialità la mostra di Nico Löpez Bruchi, curata da Nicolas Ballario nella suggestiva cornice della città toscana.

Non sembra avere paura delle definizioni, dei generi e nemmeno della tanto ricercata coerenza di espressione Nico Bruchi, in arte Löpez, classe 1984. Foto, installazioni, pale d’altare, performance dal vivo, tutto è un mezzo, ogni linguaggio funzionale per l’unica coerenza che sembra ricercare nel suo lavoro, quella al messaggio: (chi nasce writer non può morire lurker) partecipare, partecipare, partecipare!
La retrospettiva, che arriva dopo il progetto collettivo Il Museo della Follia a Salò curato da Vittorio Sgarbi e promossa anche da Rolling Stone e Sky Arte, non trova nella lingua italiana le parole per dire quel che vuole dire, allora se le inventa; così nasce la mostra MENTISUGHE E MENTIFUGHE, definizione per esseri umanoidi che si combattono la luce e la bellezza del mondo. Dove i primi risucchiano lo slancio e gli ideali a vantaggio del profitto, i secondi si sforzano di lanciare la mente lontano dalle stagnazioni, respirando creatività, curiosità e diversità.

LA MOSTRA

Ad aprire l’allestimento, lavori che raccontano quello che siamo diventati, installazioni scevre da riferimenti diretti, che fanno eco innegabilmente al drammatico provocatorio dei pionieri dell’Arte Povera e insieme ai cinici Anni Novanta, a quel Telephone T–––––R (Telefon S–––––E) del 1974 di Joseph Beuys e ai Medicine cabinets di Damien Hirst, ma il tutto con una vena rabbiosa e fresca che con i modelli trova una comunanza più di animo che di forma. Un kit di pronto soccorso per il graffitaro; un teschio affamato di denaro che ha come base d’appoggio un polveroso volume sui grandi pensatori etichettato e numerato, evidentemente preso in prestito da qualche biblioteca; una copia della Costituzione Italiana in una vasca d’acqua che nel corso dei giorni di mostra finirà per andare sul fondo. A dominare tutta la scena, una enorme pala d’altare con i committenti raffigurati in una crocefissione sulla grande effe arrotondata del social media più potente dei nostri anni.
A placare il disgusto e lontani dal vago kitsch respirato rimirando quel che siamo, arriva la seconda parte della mostra, ACCUA, primo elemento con il quale l’essere umano viene a contatto, oggetto di una ricerca durata più di un decennio e che, dalle parole dell’artista, non si è ancora conclusa. Alla fotografia, indagine particellare e vivida della materia, si affiancano dipinti ottenuti da un particolare processo inventato dallo urban artist. In una sorta di impalpabili macchie di Rorschach, l’acqua crea le immagini, anche le più crudeli, con la dolcezza e l’intimità di memorie da dentro. A chiudere la mostra, una sala video nella quale, in loop, vanno i muri, le persone, gli spray, i soggetti che popolano il lavoro di un artista che proviene dalla Street Art, dalla quale non ha intenzione di allontanarsi.

Nico Löpez Bruchi. MENTISUGHE E MENTIFUGHE. Exhibition view at Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra, 2019

Nico Löpez Bruchi. MENTISUGHE E MENTIFUGHE. Exhibition view at Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra, 2019

LE PROSPETTIVE DEL CONTEMPORANEO

Un’ottima occasione per riflettere sulle prospettive del contemporaneo, sul coraggio del sociale e della socialità come valori esplicitamente dichiarati. Uno spot sulla possibile evoluzione delle innumerevoli manifestazioni di urban e Street Art che, da qualche anno, sono chiamate ‒ anche pubblicamente ‒ a inondare le città e, in rapida ascesa, anche musei e istituzioni. L’umiltà, l’entusiasmo, la scarsa attenzione alle dinamiche canoniche dell’arte, lo sdegno verso il riserbo e la bolla di segretezza che fino a oggi ha gelosamente custodito il mercato dell’arte, un velo di insolenza-noncuranza verso la storia dell’arte, rappresentano chiaramente un nuovo scenario possibile, da un lato pericolosamente figlio del colpevole scollamento dal reale che per molto tempo ha permeato il mondo dell’ultimo contemporaneo, dall’altro, se coltivato in modo giusto, un bacino di energia, una delle evoluzioni più veritiere e con possibilità di crescita della burrascosa società in cui viviamo. Nel mondo della musica stiamo assistendo a manifestazioni di “insorgenza” indipendentista, antidiscografica e derisoria dei canali precostituiti di diffusione e affermazione, proprio in virtù del grande disinteresse e della saccenza dei “grandi produttori” che ha pungolato i giovani ‒ musicisti e non – per decenni, con effetti a tratti devastanti. Decisamente è il momento di scendere dai piedistalli e farsi carico del racconto di quell’arte che di sicuro sta entrando nei salotti, ma rischia di farlo senza la contestualizzazione, la storicizzazione, la serietà che merita, e che di sicuro, con rammarico non certo degli artisti che arriveranno, finirà per rompere la cristalleria. Teorici, salvaguardiamo le tappezzerie, prendiamo atto di altre realtà artistiche (dicendo artistiche senza alzare gli occhi al cielo)?

Ofelia Sisca

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