Geometrie spiazzanti. Peter Halley a Venezia
Magazzini del Sale, Venezia ‒ fino al 10 agosto 2019. In occasione della 58esima Biennale di Venezia, Peter Halley, esponente del Neo-Geo, teorico e studioso, incombe nello spazio dei Magazzini del Sale. Con un nuovo progetto murale in collaborazione con Lauren Clay, Andrew Kuo e R.M. Fischer.
Un tunnel di 40 metri, negli spazi storici del Magazzino del Sale 3, accoglie il cangiante intervento di Peter Halley (New York, 1953), l’artista americano che ha fatto dell’astrazione geometrica una metafora della società contemporanea. Heterotopia I, curata da Gea Politi (promossa dall’Accademia di Belle arti di Venezia e dalla rivista Flash Art), dipana, in un percorso a scatole cinesi, un’idea di spazio ecletticamente giocato su una tavolozza esaustiva di ogni eccesso cromatico, dal fluorescente al multicolor fino all’oro. Direttamente ispirato alle eterotopie di Michel Foucault, il progetto ne coglie gli aspetti salienti, condividendo la convinzione che siano ambienti reali e non utopici. Luoghi in grado di minare il linguaggio rompendo, come sostiene il filosofo francese, quella sintassi che ordinariamente tiene insieme “le parole e le cose”.
UN AZZERAMENTO DEL SENSO
Su questa sollecitazione Halley costruisce un ingresso che simula una casa, di essenziale geometria archetipa, e introduce nel primo ambiente dove è proprio il linguaggio a essere protagonista. È inscenato da un testo della scrittrice Elena Sorokina e si estende come un wallpaper in cui ogni singola parola subisce un raddoppiamento grafico tale da generare uno spiazzante fuori fuoco, un intoppo che ne inficia la lettura. Ossia, un azzeramento del senso, una frattura, per l’appunto, tra il segno e il suo significato, introduttivo e propedeutico preludio alla successiva immersione nel colore, come sempre trattenuto in intrighi di linee, celle e campi geometrici. Manifeste allusioni ai circuiti dei microprocessori come pure alle aggrovigliate planimetrie delle metropoli contemporanee.
I COLPI DI SCENA
Postmoderno e cultura digitale restano dunque per Halley fondamentali punti di avvio per una ricerca che in questa installazione veneziana si carica di una modalità di approccio fortemente emotiva. Molti anche i colpi di scena, nei passaggi repentini da registri caldi a registri freddi, frenati dal bianco/nero della stanza centrale replicato anche nel volume sfaccettato che ne ostruisce lo spazio. Alle consuete ortogonalità si alternano texture simili a diagrammi, a proiezioni di potenziali informazioni, a codici a barre, in altre parole a quanto può testimoniare il flusso continuo di dati che attraversa il nostro spazio. Nel suo incontro con la dimensione ambientale, Halley si avvale della collaborazione di tre artisti più giovani, Lauren Clay, Andrew Kuo, che hanno realizzato un murale per ciascuna delle otto sale, e R.M. Fischer, autore del poderoso feticcio posizionato alla fine del percorso.
‒ Marilena Di Tursi
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