Dal disegno alla pittura. Sergio Sarra a Roma
Mattatoio, Roma – fino al 17 maggio 2019. La carriera di Sergio Sarra riecheggia nella mostra allestita al Mattatoio di Roma.
La trasparenza sembra essere il fil rouge che unisce le opere esposte da Sergio Sarra (Pescara, 1961) nella sua mostra personale al Mattatoio di Roma, promettente già dal titolo: Escluse le cose che ho scelto di fare. È presentata da Laura Cherubini, che ha seguito il lavoro dell’artista fin dai suoi esordi nel 1990, in una mostra curata dallo scrivente alla galleria Alice, uno spazio piccolo ma lungimirante su via Monserrato, diretta da Domenico Nardone. In quell’occasione Sarra presentò tre vetri orizzontali appoggiati alle pareti, che recavano incisi frammenti di partiture di Joseph Beuys uniti a parole tratte da quaderni del padre dell’artista, illuminati da tubi al neon posti sotto i vetri. Al Mattatoio, dopo quasi trent’anni, l’artista ricostruisce in maniera puntuale e rigorosa, in un allestimento da manuale, il percorso che lo ha portato dal disegno a una pittura essenziale, in perenne oscillazione tra astrazione e figurazione, con una sotterranea ma costante ossessione per lo spazio, inteso sia in senso formale che concettuale, ma anche poetico.
LA MOSTRA
Tre tavoli, costruiti dall’artista in legno chiaro, chiusi da fogli di plastica leggera, fissati ai lati da puntine metalliche, contengono piccole tavolette con profili montuosi tratteggiati da Sarra, quasi come bozzetti dei dipinti disposti alle pareti, che raggiungono l’inclinatura voluta dall’artista attraverso un filo che li ancora al muro, con un andamento che ricorda alcune opere di Fred Sandback. Le opere, di dimensioni diverse, sono ritratti, paesaggi naturali (soprattutto iceberg) e interni domestici, interpretati attraverso un alfabeto di linee scure e cromie delicatissime, che unisce forme che ricordano Philip Guston o Arshile Gorky con una palette vicina ai monocromi di Ettore Spalletti. Giustamente, nel puntuale ed esaustivo saggio che introduce il bel catalogo (edizioni di Comunità) redatto da Laura Cherubini, si fa riferimento al Surrealismo, nonché alla supremazia del disegno in tutta la ricerca di Sarra. Che perviene qui a esiti davvero felici, soprattutto in alcune opere di dimensioni piccole, dove l’equilibrio tra le diverse componenti del lavoro raggiunge un’intensità da componimento musicale (Interno con tavolo e finestra (studio n.1), 2013; Face, 2018; Portrait of Bob and Roberta Smith, 2019). Alla fine della mostra, quattro vetri orizzontali, con immagini di animali (Due ipnologie, 2013) riconducono il discorso agli esordi di Sarra. Un artista capace di sviluppare un immaginario che trova la sua forza in una sospensione riflessiva, portatrice di un’intensità sussurrata ma netta. In questi tempi chiassosi e confusi, qualità rara ma significativa.
‒ Ludovico Pratesi
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