A lezione di sguardo dai grandi maestri. Toby Ziegler e Giulio Paolini a Milano
Galleria Tommaso Calabro, Milano – fino al 31 maggio 2019 // fino al 15 giugno 2019. Continua la brillante attività della galleria Tommaso Calabro con le due nuove esposizioni: “Atto I, Giulio Paolini” nella suggestiva sala neoclassica della galleria e “Soft Power: Rosso – Morandi –Ziegler” nelle tre sale comunicanti. Due mostre ben distinte ma per molti aspetti anche idealmente vicine.
Soft Power: Rosso – Morandi –Ziegler presenta, per la prima volta in Italia, l’artista contemporaneo inglese Toby Ziegler (Londra, 1972) che, appositamente per lo spazio della galleria, ha concepito nove nuove opere (sei dipinti, due sculture e un video), rileggendo quelle di due indiscussi maestri italiani, Medardo Rosso e Giorgio Morandi.
Le immagini scivolano, sfuggono, si fondono e si dileguano per poi ricomparire. Questo è il mondo del Soft Power in cui Ziegler si (e ci) interroga sul potere persuasivo delle immagini, la loro incessante e dubbia fruizione, il ruolo dello spettatore e, non per ultima, la questione dello sguardo e della rappresentazione figurativa. Lo fa accompagnato dalle meravigliose, delicate e toccanti opere di Rosso e Morandi, dei quali la dialettica irrisolta figurativo/astratto risulta quanto mai attuale.
“Mi trovo a pensare al mio cervello come fosse un setaccio, come se ci versassero sopra dell’acqua e io cercassi di afferrare qualche pepita o qualcosa su cui aggrapparmi. È divertente perché trovo che la relazione con un’opera d’arte o con un’immagine sia spesso abbastanza inaspettata“. E inaspettate risultano le connessioni instaurate tra le opere in mostra. Prima di tutto, un video: Ziegler sottopone una sequenza di immagini comuni prese da Internet a due algoritmi di riconoscimento visivo, la cui azione scatenata è un effetto a sorpresa. Vengono alla mente, tra le tante, la teoria del dispositivo di Agamben, l’inconscio tecnologico di Vaccari fino alle ricerche logiche-linguistiche magrittiane. Come percepiamo e ci relazioniamo alle immagini ai giorni d’oggi? Infinite sono le lezioni che Rossi e Morandi ci possono ancora suggerire. Risvegliare l’attenzione dello spettatore, renderlo attivamente pensante sono intenti che emergono dalle opere di Rosso, la cui “incompletezza” lascia la possibilità di immaginazione allo spettatore. Evocando il reale irrappresentabile di Morandi, quell’irriproducibile da lui inseguito così assiduamente in tutta la sua vita, Ziegler sembra volerci far “ricominciare a guardare le cose”, come soleva ripetere il maestro emiliano. Un esercizio (che in mostra passa attraverso la contemplazione delle sue deliziose pitture) di riassetto dello sguardo.
GIULIO PAOLINI
Con Atto I Giulio Paolini Calabro inaugura un ciclo di esposizioni dedicate alla presentazione di opere singole volte a una fruizione attenta, approfondita e meditata (sempre più rara al mondo d’oggi). Corredata da documenti e cataloghi d’archivio, la mostra intende approfondire alcune questioni metafotografiche di uno degli artisti concettuali più radicali del secondo Novecento con l’opera Sir Lawrence Dundas and His Grandson. Una riproduzione fotografica dell’omonimo dipinto realizzato dal pittore tedesco Johann Zoffany, a cui Giulio Paolini (Genova, 1940) ha sostituito le tele appese alle pareti della biblioteca con l’immagine del dipinto di Zoffany, che si ripete dunque per ben otto volte, inclusa la fotografia originaria modificata dall’artista.
Così come Borges (tra i principali riferimenti paoliniani) Nella biblioteca di Babele immagina una biblioteca sterminata con un’architettura fatta di gallerie esagonali sovrapposte, qui l’artista crea un cul-de-sac logico-spaziale-temporale. Sono quadri o sono specchi che (come faceva il suo amato Velázquez) riflettono ciò che sta fuori dalla cornice? Tutti guardano e sono guardati e interpretano in un infinito gioco di sguardi ripetuti, saturi, circolanti. Così facendo, Paolini ci pone davanti a un enigma percettivo paradossale che rimbalza sempre uguale a se stesso, obbligandoci a un’interrogazione interminabile.
‒ Eleonora Milner
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