Giulio Alvigini e Silvio Salvo: come i social network hanno cambiato la comunicazione dell’arte

Il fondatore della pagina di meme sull’arte Make Italian Art Great Again e il social media manager che ha rivoluzionato la comunicazione di Fondazione Sandretto di Torino uniscono le forze in una serie di appuntamenti per raccontare l’arte nell’era dei social network. L’intervista

“Voleva essere Maurizio Cattelan e invece è diventato Maurizio Crozza” è lo slogan con cui Giulio Alvigini, (Tortona, 1995) sintetizza le proprie aspirazioni di artista nell’era dei social network. Fondatore della pagina Instagram e Facebook Make Italian Art Great Again, nata a marzo del 2018, il suo progetto artistico è ormai tutt’uno con la satira di sistema, la parodia dei suoi personaggi e il gusto del pettegolezzo, come aveva già svelato in una precedente intervista. Il suo perfetto “partner in crime” non poteva che essere Silvio Salvo, social media manager di Fondazione Sandretto di Torino, tra i primi a portare la comunicazione di un museo su un social network, con una linea ironica e inedita che prosegue tutt’ora. Accomunati dallo stesso campo d’azione, ma diversi per storia e propensione, i due hanno iniziato a parlare di social media e arte tra talk e conferenze. Lo scorso 8 giugno è stato pubblicato sul SoundCloud di Contemporaryitalian – una piattaforma dedicata all’organizzazione di eventi, workshop e mostre – il primo di una stagione di podcast dedicata a temi e protagonisti del mondo dell’arte in Italia; il 10 giugno, invece, Alvigini e Salvo sono stati ospiti all’Università Ca’ Foscari di Venezia, per una conferenza assieme al curatore Domenico Quaranta e Marco Mancuso di Digicult. Ci siamo fatti raccontare da Giulio Alvigini cosa è successo finora e cosa accadrà prossimamente.

Cosa ti ha spinto a creare Make Italian Art Great Again?
Se l’arte è un’ossessione io sono ossessionato dal suo sistema e dalle sue sovrastrutture, in un modo piuttosto cinico. Mi interessano più gli attori che gli artisti, le strategie, chi ha davvero il potere decisionale. Mi piace raccontarlo e costruire le mie teorie e ipotesi su questo. Astrarre la carriera del giovane artista italiano e decostruirla, raccontare ironicamente le sue disavventure ma anche gli step obbligati, con una progettualità.

Cosa non ti piace invece?
Odio la banalizzazione della figura dell’artista. A volte risulta quasi imbarazzante essere un artista in questo sistema. Preferisco quindi essere un comico, lo trovo più originale. Come un giullare di corte, un barzellettiere. Preferisco cimentarmi con la comunicazione, un campo che scopro ogni giorno e in cui mi sento disincantato.

Giulio Alvigini e Silvio Salvo

Giulio Alvigini e Silvio Salvo

Come si raccontano oggi le mostre sui social?
Alterno tre tipologie di contenuti: il classico racconto-documentazione della mostra o dell’evento, quello memetico-virale e un terzo, quello della mostra-social, che costruisce il pubblico: tramite un hashtag messo in evidenza si recuperano tutte le foto e i contenuti.

Pensi che la pagina sarà un trampolino di lancio per qualcos’altro?
Certamente. Un giorno mi piacerebbe scrivere un Manuale per battute da opening in cui decostruisco il mondo dell’arte e insegno come muoversi tra “le pieghe e le piaghe” di questo sistema. Tra i vari capitoli potrebbe esserci “Come guadagnarsi una cena con la contributor di un magazine online”.

Un altro elemento con cui ami molto giocare è il merchandising: lo stesso logo della pagina è un cappellino rosso che ricalca quello celebre di Trump, in cui ostentava la frase “Make America Great Again”.
Si, il merchandising è qualcosa su cui mi batto molto. Oltre alla comunicazione trovo interessante lavorare “nel bookshop” di un museo, nella produzione di souvenir che sono comunque un mezzo di comunicazione. Sto pensando di disegnare degli outfit per la fiera Wop Art di Lugano e delle divise da calcio per gli artisti che parteciperanno quest’anno alla Biennale del Kosovo.

Cosa pensi di Silvio Salvo?
Lo trovo geniale, nonostante abbia diversi anni più di me e io mi trovi in contrapposizione con la sua strategia. È indiscutibile che nella comunicazione dell’arte contemporanea lui sia un po’ l’anno zero… molti degli addetti ai lavori storcono il naso per il fatto di non comunicare seriamente la Fondazione Sandretto, che è invece sostenuta da uno storytelling meraviglioso. Però è adorato anche da tanti personaggi, come Obrist.

Come vi siete incontrati?
Ci siamo conosciuti a Torino e abbiamo deciso di fare una lezione sulla comunicazione all’Accademia di Torino. Da lì abbiamo cominciato a collaborare per alcuni appuntamenti.

Com’è andata con la registrazione del podcast?
Il podcast è stato una chiacchierata molto divertente e scherzosa in cui però abbiamo trattato temi assolutamente urgenti e seri.

Ad esempio?
Silvio ha parlato di come ha cominciato, nel 2014, a usare i social per Fondazione Sandretto: era l’unico del team ad avere un profilo Facebook e, durante una riunione, ha alzato la mano suggerendo di cominciare a lavorare su quello strumento, con occhio profetico. E da lì è nata la storia.

E poi?
Abbiamo raccontato dei nostri diversi background, della tipologia di contenuti che produciamo, del ruolo del social media manager, delle tendenze del momento, e soprattutto di come è cambiato il pubblico, com’è cambiata l’attitudine allo sguardo attraverso il gesto dello scroll. Tutto questo detto da due personaggi che non provengono da un mondo istituzionale e canonico della comunicazione dell’arte. Le ragazze di Contemporaryitalian hanno deciso di invitare due pecore nere di questo campo.

Cosa succederà, invece, nell’incontro alla Ca’ Foscari?
Il tema, ancora una volta, sarà “arte e social network”, con introduzione di Domenico Quaranta che tratterà di new media. E poi tre casi studio: la comunicazione della Sandretto, il meme e l’ironia di sistema e la rivista digitale con Marco Mancuso.

Progetti futuri?
Durante l’estate sarò impegnato con Autostrada Biennale, ovvero la seconda edizione della Biennale del Kosovo curata da Giacinto di Pietrantonio. Invece di portare un’opera, curerò la pagina social dell’evento. A settembre, invece, sarò sicuramente presente con un talk alla fiera WOP Art a Lugano.

– Giulia Ronchi

Instagram:
@makeitalianartgreatagain
@contemporaryitalian

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Giulia Ronchi

Giulia Ronchi

Giulia Ronchi è nata a Pesaro nel 1991. È laureata in Scienze dei Beni Culturali all’Università Cattolica di Milano e in Visual Cultures e Pratiche curatoriali presso l’Accademia di Brera. È stata tra i fondatori del gruppo curatoriale OUT44, organizzando…

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