Antonio Calabrò è il nuovo Presidente di Museimpresa

L’intervista a Antonio Calabrò, nuovo Presidente di Museimpresa e altri incarichi di rilievo, per farci raccontare di un modello di sostegno virtuoso tra aziende private e musei.

Quello di Antonio Calabrò è nome pesante nel panorama del giornalismo italiano. Ha lavorato in tempi eroici a L’Ora di Palermo, è passato poi a Il Mondo, quindi a La Repubblica. È stato prima vicedirettore e poi direttore editoriale del gruppo Il Sole24Ore, ha diretto La Lettera finanziaria e quindi l’agenzia di stampa ApCom collegata con l’Associate Express. Ha scritto e continua a scrivere libri per lo più con indirizzo storico-economico; gli ultimi pubblicati sono L’impresa riformista e, poco prima delle recenti europee, Europa nonostante tutto, che raccoglie scritti anche di Martinelli, Ferrera, Marchetti e Padoa-Schioppa, entrambi emblematici del suo approccio alle questioni politiche del momento. Anche se il giornalismo non rappresenta più la sua occupazione principale, quando qualcosa lo disturba oltremisura trova il tempo di togliersi qualche sassolino dalla scarpa dal suo blog di Huffington Post. Sempre però nei toni signorili tipici del palermitano di rango. Dove trovi il tempo per fare anche questo non si capisce, visto che da più un decennio Calabrò ha assunto ruoli rilevanti e in numero crescente all’interno di una grande multinazionale italiana, la Pirelli, e di associazioni che si occupano di cultura d’impresa. Dallo scorso 31 maggio è Presidente dei Museimpresa incarico che affianca a quello di Direttore della Fondazione Pirelli, alla vicepresidenza di Assolombarda e ancora alla vicepresidenza del Centro per la Cultura d’impresa. Museimpresa nasce nel 2001 per iniziativa di Carlo Camerana e poi di Michele Perini, un piccolo e sofisticato imprenditore con la passione per il design, presidente di Assolombarda dal 2000 al 2005. L’iniziativa è poi stata sostenuta anche da Confindustria. Museipresa è un aggregatore che ha il compito di valorizzare il patrimonio di oggetti, immagini e documenti raccolte in spazi strutturalmente legati alle singole imprese italiane. “Per costruire il racconto della qualità espressa dalla manifattura del nostro Paese, la stessa che emersa nel secolo ci permette – nonostante tutto – di rimanere, solo dopo la Germania, al secondo posto in Europa. Memoria e innovazione camminano sempre insieme”, spiega Calabrò. Lo abbiamo intervistato.

Antonio Calabrò

Antonio Calabrò

Quanti associati convivono all’interno di Museimpresa?
Ottantaquattro sino ad ora, sparsi dal Piemonte alla Calabria. Ma contiamo di arrivare rapidamente a 100, un numero simbolico che rafforzerà ulteriormente l’immagine di questa associazione.

Oggetti, foto d’epoca, documenti… Che cosa è più importante conservare in musei come questi?
I documenti sono essenziali, perché i musei dei nostri associati sono fascinosi: basti pensare ai musei Ducati, Piaggio, Pirelli, Lavazza o Kartell; facile immaginare quali bellissimi oggetti è possibile trovare al loro interno. Ma sono gli archivi storici dove si custodiscono brevetti, libretti di lavoro, fotografie d’epoca o bozzetti pubblicitari a rappresentare l’esatta memoria delle attività sviluppatesi in questo Paese. Negli archivi storici si trova la documentazione della straordinaria evoluzione di tante manifatture italiane dal secolo scorso ai nostri giorni.

Esistono fuori dal nostro Paese associazioni come Museimpresa?
Qualcosa del genere forse c’è, ma non un’associazione che raggiunga questi numeri. In Francia o in Germania contano le dimensioni delle grandi aziende, da noi la forza è rappresentata dalla diffusione sui territori di tante realtà più meno connesse che hanno espresso una qualità produttiva senza paragoni e che merita conservazione, valorizzazione e racconto.

Come si rapporta un’associazione fatta da tanti musei privati, fortemente relazionati alle singole realtà aziendali, con la società civile?  
Una delle principali fonti di interlocuzione è quella con il sistema educativo pubblico e privato. Tutti i musei intrattengono un rapporto forte con le scuole, nella convinzione che sia responsabilità delle imprese fare crescere nel Paese la consapevolezza dell’importanza dell’industria, non solo per lo sviluppo economico della nazione ma per la qualità della stessa convivenza civile.

Un modo per dare prestigio al marchio che li sostiene?
Non solo e non soprattutto. L’archivio storico di Fondazione Pirelli riceve ogni anno a Milano oltre 3mila visite di bambini e ragazzi. Ma anche il Museo della Liquirizia a Rossano Calabro è meta di pellegrinaggi senza sosta da parte di scolaresche provenienti da ogni parte della regione. Fare impresa oggi significa costruire intorno a sé luoghi inclusivi dinamici e innovativi in cui si premia il merito. Non c’è altro modo per tenere il passo con le evoluzioni dei mercati globali.

– Aldo Premoli        

https://www.museimpresa.com/

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Aldo Premoli

Aldo Premoli

Milanese di nascita, dopo un lungo periodo trascorso in Sicilia ora risiede a Cernobbio. Lunghi periodi li trascorre a New York, dove lavorano i suoi figli. Tra il 1989 e il 2000 dirige “L’Uomo Vogue”. Nel 2001 fonda Apstudio e…

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