Oltre ai fumetti c’è di più. Roy Lichtenstein a Milano
Mudec, Milano – fino all’8 settembre 2019. La mostra “Multiple visions” propone una rilettura dell’esponente di spicco dell’estetica pop, il cui stile continua a influenzare l’arte, la moda e il design.
Roy Lichtenstein (New York, 1923-1997) finisce sempre per essere “quello dei fumetti”, mentre il suo lavoro si contraddistingue per una certa pluralità e articolazione di generi e materiali. La mostra al Mudec di Milano, curata da Gianni Mercurio, svela come Lichtenstein abbia rivisitato l’arte nativa americana alla luce delle avanguardie (American Indian Theme) e le sue sperimentazioni oltre la tela, come nell’opera in bronzo dipinto e patinato Profile head.
Partendo dall’assioma della riproducibilità meccanica dell’arte, si susseguono sperimentazioni di specificità tanto diverse, però conciliate da una cifra stilistica inconfondibile. Cento opere – stampe, sculture, arazzi, editions da musei e collezioni private europee e americane – per un percorso in otto sezioni che mostrano tutte le variabili della sua essenza.
OGGETTI E SPECCHI
Nella sezione Storia e Vernacoli, Lichtenstein reinterpreta il passato come la contemporaneità: Picasso, Klee, Ernst e pure Leutze, risalendo fino al Medioevo. In Oggetti ne esalta la poetica e, colpito da “una certa insensibilità che pervade la società contemporanea” a discapito della dimensione emotiva, concepisce un’arte specchio della società: demotiva i soggetti, opta per una stesura piatta dei colori, sfruttando al massimo il reticolato dei fumetti e il puntinismo. Dalla serie dei Mirrors emerge un forte scarto concettuale: lo specchio appare come un oggetto-non-oggetto che, non riflettendo, perde la propria funzione e diventa astratto. Il tema prosegue nella sezione Interiors, i cui elementi più importanti sono le autocitazioni presenti nelle opere.
DAI FUMETTI ALL’ASTRAZIONE
Action comics rimarca il forte elemento di riconoscibilità dell’arte di Lichtenstein, anche se quest’ultimo utilizzò le immagini fumettistiche solo per pochi anni. Il suo intento era di circoscriverne l’aspetto formale a scapito di quello narrativo, interessato più alla forma e all’impatto sulla percezione dell’immagine, che non al soggetto o all’azione, e dove al sentimentalismo femminile sono contrapposte immagini maschili di guerra e violenza.
C’è poi la Figura Femminile, con la sua evoluzione che corrisponde a quella nella società americana: da casalinga felice a paladina femminista fino ai seducenti nudi degli Anni Novanta.
È nei Paesaggi che l’artista sperimenta materiali innovativi: impiega il rowlux, una plastica lenticolare che evoca le forme del puntinato Ben Day e un’idea di movimento. In Astrazione si colgono i suoi tentativi di esplorazione del genere, ben presto abbandonati e più che altro parodistici. Infine Maestri del Novecento raccoglie – anticipando così il postmodernismo ‒ non l’interpretazione ma la decostruzione delle avanguardie.
‒ Lucia Antista
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