Nuovi spazi: nasce a Cagliari Galleria Siotto. L’intervista
Nuovi spazi a Cagliari: Francesco Accardo, direttore artistico, ci racconta l’esperienza della Galleria Siotto, dedicata all’arte contemporanea
Nasce nel centro storico di Cagliari la Galleria d’arte contemporanea Siotto, all’interno del Palazzo nobiliare omonimo, già spazio della Fondazione omonima. Ce la racconta Francesco Accardo, direttore artistico e gestionale nonché consigliere di amministrazione della Fondazione Siotto.
Come nasce l’idea di aprire una galleria nello storico Palazzo Siotto?
La Fondazione già da diverso tempo si interrogava sulla destinazione d’uso dei locali al piano terra. C’è da dire che per oltre vent’anni questi hanno ospitato parte della biblioteca e l’archivio. Tuttavia negli ultimi anni era nata l’esigenza di una risistemazione – anche a livello di manutenzioni straordinarie – degli spazi della Fondazione. Chi avesse visto i locali della galleria meno di un anno fa e li vedesse ora potrebbe pensare che si tratti di due posti diversi. E invece abbiamo lavorato su un’idea maturata in seguito a un suggerimento che mi è stato dato da Irma Toudjian, pianista e operatrice culturale di elevatissima qualità che per numerosi anni ha animato l’Espace S&P: aprire uno spazio espositivo della Fondazione che permetta uno scambio ancora più forte tra noi e la città.
Quali sono gli obiettivi del progetto?
Si riassumono in una frase: crescere e crescere ancora. La Fondazione in questi ventidue anni di attività ha lavorato tantissimo per la cultura su tutto il territorio nazionale. Per crescere è necessario accettare sfide anche in campi diversi da quelli nei quali giochiamo di solito: quello dell’arte è per noi un campo nuovo nel quale siamo voluti entrare per imparare, per confrontarci e – in futuro – per essere d’esempio. Come primo obbiettivo minimo ho quello di entrare nei Luoghi del Contemporaneo del MiBAC. Ci stiamo lavorando.
Da chi è composta la squadra operativa?
Nel team giocano più o meno le stesse persone che stabilmente collaborano con la Fondazione: la capacità di reinventarsi – senza improvvisare – fa parte dello spirito di un ente culturale. Io mi occupo della direzione artistica e organizzativa, Alice Deledda degli allestimenti, Alessandro Congiu delle grafiche e della comunicazione visiva, Michela Mossa delle inaugurazioni, Beatrice Schivo delle fotografie. Per ogni esposizione godiamo anche dell’apporto scientifico di curatori e storici dell’arte.
Qual è il target di riferimento?
La Fondazione ha impiegato molti anni per costruire il proprio pubblico. Poi però ho scoperto che il pubblico che frequenta la nostra galleria è completamente diverso: tantissime facce nuove che hanno scoperto la Fondazione tramite gli eventi della galleria. L’ho trovato assurdo! Ma ciononostante è bellissimo perché si sta creando un intreccio tra gli eventi che la Fondazione fa abitualmente e le esposizioni ospitate in galleria: le due cose si spalleggiano vicendevolmente. Noi miriamo non solamente al pubblico già formato: ci piacerebbe educarlo noi stessi partendo dalle nuove generazioni. In tal senso abbiamo avviato delle collaborazioni con il Liceo Artistico di Cagliari.
E il rapporto col territorio?
Curiamo ogni giorno i rapporti di vicinato, nel quartiere così come in città, soprattutto sul livello culturale. Quella delle esposizioni è per noi un’attività nuova a Cagliari. Nella nostra sede di Alghero ormai da diversi anni ospitiamo mostre temporanee di artisti di tutto il territorio regionale. Cerchiamo sempre di dare spazio ai più meritevoli e siamo disponibili a discutere tutte le richieste che ci arrivano. È raro vedere la nostra Fondazione chiusa, ugualmente vuole essere il discorso per la Galleria: un luogo in cui la comunità si identifica. La Galleria collabora già con tantissime realtà: Suoni e Pause, ACCuS, Artaruga e Urban Center, IC, FAI, Touring Club Italiano, T Hotel giusto per citarne qualcuna. Fare rete è importantissimo. E ancora più importante è mettersi a disposizione della rete.
Come avete ricavato lo spazio espositivo?
Chi lavora con me ha ben presente una mia frase: “non hai idea di come fosse prima”. Ecco: nessuno ha idea di come fosse questo spazio fino a qualche mese fa. Scartoffie fino al soffitto, scatole a perdita d’occhio, cianfrusaglie di ogni tipo. E poi tutto il fondo librario di Girolamo Sotgiu e Renzo Laconi che abbiamo collocato in zone più consone della Fondazione. Abbiamo riordinato tutto, fatto una marea di scarti e poi abbiamo avviato i lavori con una idea precisa in mente, ovvero uno spazio che potesse essere declinabile in tutti i modi possibili. Per fare questo mi sono avvalso della collaborazione di una giovane ingegnera, Luisa Gulli, e di una piccola impresa familiare che nel giro di due mesi ha trasformato in galleria un luogo che per oltre 30 anni è stato abbandonato a sé stesso. Quando si parla di recuperi urbani…
Ce lo descrivi?
La galleria è sviluppata su un unico piano, l’ingresso è in comune con quello della Fondazione e i cinque locali che la compongono sono tutti illuminati naturalmente con un affaccio diretto nel giardino. Proprio il giardino è per noi un valore aggiunto nelle sere d’estate e come spazio di sfogo durante le inaugurazioni. Le prime due stanze sono caratterizzate dal pavimento originale degli anni ’20 fatto di cementine, mentre i pavimenti delle stanze restanti – figlie di un recupero assai discutibile degli anni ’80 – sono stati invece ora rivestiti di una resina grigia. Ho curato personalmente i lavori (sono ingegnere) e fatto in modo che venissero recuperate le arcate originarie e venissero messi a vista i muri in mattoni pieni.
Entriamo nei dettagli…
Per evitare l’umidità di risalita laddove non era possibile fare diversamente abbiamo lavorato con i cartongessi. Per i colori delle pareti ci siamo orientati su delle gradazioni neutre di grigio e, per evitare continui interventi di manutenzione tra una mostra e l’altra, abbiamo perfezionato il tutto con l’installazione di binari per le opere. Infine le luci sono anche queste a binario, regolabili, orientabili, parzialmente dimerabili. Ci tengo a precisare che lo spazio è interamente fruibile dai portatori di handicap in quanto abbiamo lavorato seguendo scrupolosamente le indicazioni della normativa.
Puoi anticiparci qualcosa della programmazione?
Adesso abbiamo la mostra di Angelo Liberati curata da Luisa Figari, mentre staremo fermi nei mesi di luglio e di agosto. Riprenderemo a settembre con le personali di Davide Volponi, Ruben Mureddu e Marcello Simeone. Oltre questi la programmazione è pressoché fatta fino all’estate del 2020.
-Roberta Vanali
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