Nathaniel Mellors porta a Belluno il suo cavernicolo sofisticato
Museo Burel, Belluno – fino al 27 luglio 2019. Inaugurato lo scorso marzo, il museo veneto dà il via al secondo atto della rassegna “Hai paura dell’uomo nero?”. Ospitando Nathaniel Mellors e le sue taglienti riflessioni sulle contraddizioni della condizione umana.
L’importanza dello sguardo è l’elemento principale che si trova alla base del Museo Burel: la sua stessa collocazione geografica, infatti, suggerisce sin da subito una particolare propensione verso l’atto dell’osservare.
Nel cuore di Belluno, sotto gli occhi imponenti dell’eponimo monte Burel, questa giovane – e piacevolmente anomala – realtà museale continua a portare avanti un lucido lavoro di indagine volto a comprendere tutte quelle perplessità e quei timori che si avvertono ogni qualvolta si entra in contatto con l’altro. Un dialogo aperto teso a coinvolgere non solo la figura umana, ma anche la natura stessa.
A TU PER TU CON UN CAVERNICOLO
Sviluppare il discorso cominciato con Luca De Leva, in occasione dell’apertura dello spazio, è adesso compito di Nathaniel Mellors (Doncaster, 1974): eclettico artista britannico già noto in Italia soprattutto per le sue installazioni animatroniche presentate in due passate edizioni della Biennale di Venezia (rispettivamente nel 2011 e nel 2017).
La personale ME UOMO invita lo spettatore a prendere posto su uno dei vari sgabelli/tronchi allestiti all’interno della sala espositiva per visionare un’intervista a dir poco singolare. Fulcro della mostra è appunto The sophisticated Neanderthal interview, un video realizzato nel 2014, ma che molto probabilmente non smetterà mai di essere attuale. Filo conduttore di quest’opera intrigante è il senso di stupore della scoperta che, attraverso l’epifania di una bizzarra creatura, mette noi tutti dinanzi alla consapevolezza di quanto poco conosciamo della nostra vera essenza.
Ambientata all’interno del Bronson Canyon di Los Angeles, l’opera narra dell’incontro tra un esploratore moderno e quello che si scoprirà essere un uomo di Neanderthal il cui corpo è cresciuto in segmenti temporali diversi: grazie a un futuristico dispositivo tecnologico si riscontrerà infatti uno scarto di 20mila anni fra gli arti inferiori del primitivo e la sua testa, quasi come se il suo sviluppo fosse avvenuto in una maniera molto simile a quella degli alberi, accomunando così le unghie dei piedi alle radici e i capelli a fronde destinate a un rinnovo continuo.
LA MORALE DELLA STORIA
Man mano che la conversazione tra i due personaggi avanza, ci si rende conto di quanto il malinconico e visionario cavernicolo – sarcastica metafora dell’artista contemporaneo e, al tempo stesso, manifestazione di una creatura allineata con il superuomo nietzschiano – risulti più cosciente e illuminato del suo interlocutore, facendo giungere la narrazione a un punto in cui entrambi i ruoli finiranno per confondersi l’un l’altro.
Per quanto enigmatica possa sembrare, in verità sono molte le riflessioni e le risposte che ME UOMO restituisce al visitatore e se si pensa alle parole del preistorico protagonista, per il quale “in una pietra piccola ci sono meno idee che in una grossa”, non si può fare a meno di pensare alla saggezza che la montagna è in grado di custodire; quella stessa cima che caratterizza un territorio come quello bellunese al quale, con passione e tenacia, la direttrice del Museo, Daniela Zangrando, ha deciso di offrire una nuova e costruttiva visione delle cose.
– Valerio Veneruso
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