Mettere a soqquadro i luoghi comuni. Andrea Villa a Torino
Riccardo Costantini Contemporary, Torino – fino al 12 ottobre 2019. L’ignoto artista torinese Andrea Villa colpisce ancora, con una mostra irriverente accompagnata da una performance che ha messo alla berlina i pregiudizi.
Chiamarlo, come fanno tutti i media, “il Banksy torinese”, risulta antipatico ma eloquente: Andrea Villa è ormai un fenomeno mediatico nazionale. Da quattro anni lo pseudonimo dell’ignoto giovane artista compare tra le notizie salienti di giornali e social, grazie ai manifesti di satira politica che spuntano per le strade di Torino. “Il vero Andrea Villa è una persona qualsiasi, che per primo aveva pubblicato su Twitter uno dei finti manifesti oggetto di questa mostra. Il nome venne ripreso dal quotidiano Libero ed è quindi rimasto incollato all’artista” – spiega il curatore Marco Albertaro – “in ogni singolo lavoro c’è un fotomontaggio, un remix di concetti e immagini che destruttura i significati, mischiando il colto con il trash, in una sorta di street art 2.0.”.
Ma Andrea Villa può considerarsi anche un artista tout court. In occasione di Ouverture di TAG – Torino Art Galleries, negli spazi di Riccardo Costantini Contemporary ha inaugurato la sua mostra personale, Salotto Borghese – Italia agli immigrati.
LA MOSTRA
La mostra è suddivisa in due parti: in una è esposta una serie di opere inedite – collage tridimensionali su carta fine art – dall’espressione accattivante e ironica, che ammiccano al più tradizionale linguaggio pubblicitario e al contempo propagandistico; l’altra parte, visibile solamente durante l’inaugurazione, consisteva nella performance grottescamente estrema del guineano MUSO, che sull’onda della rielaborazione dell’opera di Coco Fusco e Guillermo Gomez-Pena (Due amerindi visitano il West) ha proposto uno spettacolo brillante quanto raccapricciante, ma pur inconsuetamente ipnotico. Rinchiuso in una gabbia come una scimmia ammaestrata o un fenomeno da baraccone, MUSO cantava e rappava solamente quando i visitatori lanciavano o porgevano dei soldi oltre le sbarre. “La performance è una rielaborazione dove gli immigrati, stereotipati e ridicolizzati, finiscono per diventare l’intrattenimento del popolo. È la visione nichilista e critica di come l’immigrazione venga vista dai bianchi italiani tramite i filtri del mondo mediatico”, scrive Albertaro. È stata un’esperienza divertente – demenziale fino al sublime! – e istruttiva: merito dell’“effetto soqquadro” che si respirava da Riccardo Costantini, gallerista quasi sempre impavido nella scelta degli artisti, vero situazionista dell’arte contemporanea torinese che non ha perso l’ennesima occasione di trascinarci fuori dalla comfort zone, interrogandoci sui luoghi comuni e disorientandoci.
‒ Federica Maria Giallombardo
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