Bacon, Freud e la pittura della Scuola di Londra. A Roma
La mostra allestita al Chiostro del Bramante, a Roma, riunisce circa quarantacinque opere, realizzate tra dal 1945 al 2004, provenienti dalla Tate. Oltre a Bacon e Freud, occhi puntati sui protagonisti della cosiddetta Scuola di Londra.
La mostra riunisce le opere di alcuni dei pittori della cosiddetta Scuola di Londra, definizione che, oltre agli universalmente noti Francis Bacon e Lucian Freud, include altri artisti che furono sì in contatto, ma che ebbero temperamento indubbiamente diverso: Michael Andrews, Frank Auerbach, Leon Kossoff e Paula Rego. Tutti, o quasi, sono accomunati dal fatto di essere londinesi d’adozione e dall’aver raccontato una società in trasformazione quale fu quella inglese (e occidentale) della seconda metà del XX secolo, mostrandone le contraddizioni e le ossessioni tra intimismo e vita urbana, insistendo sulla figura umana protagonista di uno spazio (reale o mentale che sia) costruito partendo dalle sue stesse proporzioni.
ANDREWS, AUERBACH, KOSSOFF E REGO
La pittura di Andrews, una delle soprese della mostra, indaga il rapporto tra individuo e natura come si evince dall’acrilico Melanie and Me Swimming del 1979, in cui l’intimo momento familiare di un bagno insieme alla figlia viene ottenebrato dal potere di distorsione dell’acqua. Auerbach, noto per la sua tecnica pittorica, crea dipinti con una materia pastosa fino al paradosso della figurazione (si noti l’olio su legno Head of E.O.W. I del 1960), mentre Kossoff descrive una periferia londinese cupa e tetra, con architetture spigolose di sapore espressionista. I dipinti della Rego, tra femminismo e ricerca di identità culturale, evocano le tradizioni popolari del natio Portogallo.
BACON E FREUD
E poi, finalmente, i capolavori di Bacon e Freud, una dozzina per ciascuno, tra dipinti, disegni e grafiche. Ad accomunarli c’è innanzitutto l’insistenza sulla figura umana, ma, pensando ai loro metodi di lavoro, ci accorgiamo di quanto i rispettivi universi poetici siano autonomi e differenti. Se il primo, concependo un dipinto, parte da una realtà già selezionata (fotografie, fotogrammi, arte del passato), il secondo per creare la materia pittorica ha bisogno del modello in posa. Bacon costruisce spazi che non sono reali ma immaginati, inserendovi figure mutevoli colte in tragiche allucinazioni, spasmi che conducono all’urlo di liberazione o di sconfitta, la stessa materia di cui sono fatti gli incubi. Freud, diversamente, nei suoi ritratti e nelle nature morte, dà rilievo a un’umanità e a una realtà meno tragiche, meno simboliche, attenendosi a una sorta di realismo iconico dove anche la grazia può avere spazio, pur non essendo il suo un mondo necessariamente idilliaco. Una carne creata con una materia pittorica solida ma instabile, transitoria, capace di mostrarci anche le tensioni della materia mentale del soggetto. La mostra è curata in maniera davvero rigorosa e appassionata da Elena Crippa, italiana ma da una vita nei dipartimenti artistici della Tate.
‒ Calogero Pirrera
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