Profitti contemporanei. Chiara Bevilacqua e Yorgos Zois a Lecce
Kunstschau Contemporary Place, Lecce – fino al 15 ottobre 2019. L’ossessione per il profitto e per la misurazione quantitativa, in ogni dimensione dell’esistenza umana. La scomparsa del pensiero critico e della cultura nell’inverno epocale della postmodernità, dominata dalle logiche mercantilistiche e neo-funzionalistiche. Sono queste le tematiche affrontate da Chiara Bevilacqua e Yorgos Zois nella doppia personale “La Conta”, organizzata dal collettivo Kunstschau a Lecce.
Una critica radicale alla globalizzazione neoliberista ‒ che genera l’attuale società liquida, piegata alle logiche di mercato e sempre più lontana dall’etica dell’umano ‒ costituisce l’architrave tematico de La Conta, doppia personale di Chiara Bevilacqua e Yorgos Zois, organizzata dal collettivo Kunstschau di Lecce e a cura di Mariagrazia De Giorgi.
10mila scontrini veri e propri, alcuni anneriti dalle fiamme e altri sbiancati, rivestono quasi totalmente la white cube di Kunstschau, in un vortice ossessivo di angoscia sartriana.
È 005, l’installazione site specific di Chiara Bevilacqua che simboleggia, attraverso la disposizione seriale degli scontrini bruciati, il vuoto di una postmodernità, basata essenzialmente sulla visione economicista e neo-funzionalista, che permea la società dell’iperreale, in cui la dimensione collettiva di costruzione e solidarietà è completamente annullata, giungendo, attraverso la manipolazione mediatica, alla mistificazione dell’ethos democratico e alla progressiva eliminazione del pensiero critico.
CASUS BELLI DI YORGOS ZOIS
La “conta”, lungi dal significato ludico del termine, originariamente ancorato alla dimensione infantile, esprime in questo caso l’ossessione della società contemporanea verso la misurazione quantitativa del profitto, a ogni livello della vita umana. L’opera di Chiara Bevilacqua dialoga perfettamente con Casus Belli, il pluripremiato mediometraggio del regista greco Yorgos Zois, presentato nel 2010 alla 67esima mostra del Cinema di Venezia.
Zois sottolinea il ruolo sempre più marginale in cui viene spinta la cultura dalle multinazionali e dalle forze plutocratiche che guidano in modo trasversale la globalizzazione neoliberista, provocando un inevitabile conflitto tra gli individui, oltre alla funzionale “guerra tra poveri”.
Il regista greco rappresenta situazioni ordinarie di persone in fila al bancomat, al check-in, al supermercato o alla mensa dei poveri, che possono, appunto, degenerare in occasioni conflittuali. L’attesa del proprio turno diviene metafora della speranza, intrinsecamente delusa, di un cambiamento che, appunto, non potrà mai avvenire nell’inverno epocale dei valori etici che caratterizza la postmodernità.
‒ Cecilia Pavone
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